Autore: Matt Haig
Pubblicato da Einaudi - 2010
Pagine: 330 - Genere: Gialli, Romanzo di formazione
Formato disponibile: Brossura
Collana: Super ET
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✪ Le recensioni dei lettori su Goodreads
Attribuire la colpa a qualcuno per la morte di una persona cara è piuttosto comune. Farlo a livello ossessivo sentendo la voce dell’estinto che chiede vendetta diventa però patologia. E’ quello che accade nel libro al giovane Philip, che cerca di elaborare il lutto per la morte del padre in maniera non sana.
“Qualche volta scrivere è più facile che parlare perché lo si può fare per conto proprio raccontando cose per cui si ha paura di parlare a meno che uno non sia solo e se uno parla da solo la gente pensa sia matto “
Ecco proprio in questa breve estrapolazione di pensiero racchiuso nel libro Il Club dei padri estinti di Matt Haig, c’è l’essenza e il messaggio di questa storia. Il club dei padri estinti é un racconto fatto in prima persona con linguaggio molto semplice quasi grezzo, sull’assenza del padre, del «Vecchio», del precursore. E’ un Amleto adattato in tempi moderni con il fantasma del genitore che denuncia il suo presunto omicidio per mano dello zio Alan al figlio quasi adolescente Philip e grida vendetta da una specie di limbo, regno del terrore. Sullo sfondo personaggi secondari come la nonna, la madre, i compagni e un pub di famiglia dove appunto i Fantasmi dei Padri di Newark s’incontrano. In verità è la denuncia dello smarrimento di chi resta, soprattutto accentuato perché è da parte del figlio che ha grossissima difficoltà a elaborare il lutto, a capire il passato e immaginare il futuro.
Ne esce un romanzo di formazione angosciante. Non posso dire sia scorrevole, né per la tematica né per il tipo di narrazione essendo per lo più discorso libero diretto. A parte tema di fondo sulla dicotomia tra il bene e il male interiore e cosa scegliere per arrivare all’accettazione di un dolore traumatico e superarlo, il resto è piuttosto floscio, poco coinvolgente e privo di struttura. Non ne escono riflessioni profonde o innovative. Non c’è coinvolgimento, espressione di pathos che cattura e mette in empatia chi racconta e chi legge. La soluzione e il finale lasciano niente, a parte la tragedia di fondo, descritta a mio vedere male. Non ci trovo in sostanza nulla di encomiabile per definirlo un bel libro. Si può leggerlo, ma anche no, non cambia niente. E’ un ignavo, senza infamia e senza lode, peccato!