
Pubblicato da Einaudi - Febbraio 2021
Pagine: 724 - Genere: Thriller storico, Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Stile libero big
ISBN: 9788806247089

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In una Roma antica, quattro sicari irrompono a Fodero del gladio, un bordello di lusso dove si sta svolgendo un festino, mettendo in atto una sanguinaria carneficina. Tra i morti un aspirante senatore. Il principale sospettato è Marco Garrulo, proprietario del locale e unico superstite, di cui si perdono le tracce. Sono in molti a dargli la caccia, tra cui Tito Annio, incaricato dal futuro triumviro Marco Licino Crasso. Ma chi ha davvero ordinato il massacro? In quei giorni bui un giovane Cicerone viene chiamato al cospetto di Cecilia Metella, un'influente matrona che gli chiederà di difendere un suo protetto, Sesto Roscio, accusato di parricidio. Le due vicende, apparentemente slegate, hanno una matrice comune, il Dictator Silla, i cui nemici sono sempre più inquieti. Tra agguati, risse, complicazioni e memorabili sbronze, Tito cercherà di portare a galla la verità sulla vicenda, mentre Cicerone scoprirà che nel difendere Sesto non ci sarà in gioco solo il suo destino e il proprio, ma anche la sopravvivenza della stessa Repubblica.

È l’80 a.C. e Roma era una città in perenne movimento, un po’ come oggi lo sono le grandi megalopoli del pianeta. Violenza e vizio si intrecciavano a giochi di potere, dove politica e denaro muovevano dei fili invisibili. Due vicende si alternano nel corso della lettura di Il diritto dei lupi, apparentemente distanti l’una dall’altra, ma profondamente collegate. Molti i personaggi coinvolti, alcuni dei quali hanno scritto pagine di storia.
Il romanzo si apre guardando attraverso gli occhi di quattro sicari, i quali metteranno in atto una vera e propria carneficina in bordello di lusso della Suburra, il quartiere più malfamato di Roma.
Del resto, che altro era, la Suburra, se non un contorto intestino di vicoli tenebrosi in cui fermentavano gli scarti dell’Urbe?
Tra le vittime Marco Villio Cincio, un rinomato mercante di tessuti che aveva deciso di diventare parte attiva della politica, ma la sua vita era stata stroncata prima di ricoprire la carica di senatore. La sua triste sorte era stata presa a cuore da Marco Licinio Crasso, padrone di mezza Roma con cui condivideva la sete di profitto e i medesimi loschi fini.
Crasso, pur essendo ricco, durante la guerra civile si era guadagnato la riconoscenza di Silla, mettendo a sua disposizione la propria fortuna e le proprie abilità militari, grazie alle quali aveva salvato il futuro Dictator dalla disfatta. Era parecchio influente e ambizioso, e ricchezza per lui era sinonimo di potere.
Tito invece era un centurione in congedo e la vita di legione aveva fatto di lui un uomo, abituandolo ad affrontare i nemici secondo le leggi del ferro e del sangue. In quanto fedele servitore di Roma, venne ingaggiato da Crasso per scoprire la verità sull’uccisione di Cincio, probabilmente più per interesse che per un reale senso di giustizia. Unico superstite del massacro era Marco Garrulo, noto col soprannome di Mezzo Aste, poiché si vociferava avrebbe venduto anche la madre a quella misera cifra. Pertanto Tito darà vita a una vera e propria caccia all’uomo, poiché Mezzo Aste era l’unico in grado di fare chiarezza sulla strage. Nell’impresa si avvarrà dell’aiuto di due fedeli amici: Gabello, un gigante dai capelli biondi di origini galliche con un gran cuore, e Astragalo, un vecchio commilitone che per colpa della guerra si era ridotto ad affogare la sua vita “andata a male” nell’alcol.
Negli stessi giorni un altro fatto si accavalla, in un periodo storico in cui atti di feroce violenza erano consuetudine.
A Roma, il valore di un uomo si misurava in base all’estensione dei suoi poderi e al modo in cui questi venivano fatti fruttare, nutrendo un certo pregiudizio verso coloro che non potevano godere di un lignaggio fortunato. Ma ogni cosa muta, si evolve, e molti uomini iniziavano a farsi strada verso un futuro ricco di promesse. Tra questi vi era Marco Tullio Cicerone, il quale non aveva una famiglia potente alle spalle, era soltanto un avvocato di provincia ancora sconosciuto, tuttavia iniziava ad avere un certo successo nel foro. Credeva nella giustizia, senza la quale Roma non avrebbe affondato le sue radici. Proprio per questo suo innato senso di giustizia che Cecilia Metella Balearica Maggiore, un’influente matrona appartenente a una delle famiglie più in vista della nobilitas romana, gli chiede di difendere un suo protetto. Cecilia era una sorta di figura sacra che aveva fatto della purezza morale e fisica una missione.
Simbolo di un passato mitico, era un monito vivente per i cittadini, che assistevano inermi alla decadenza morale della Repubblica.
Il suo protetto era Sesto Roscio d’Ameria, che seppur avesse dei tratti comuni, quasi volgari, riconducibili a un umile bracciante agricolo, era legato da un rapporto d’affetto, oltre che d’affari, ai Metelli. Egli era stato accusato della morte del padre, e un processo per parricidio a Roma era considerato un crimine abominevole, ma allo stesso tempo forniva un succulento argomento di discussione alla plebe romana, da sempre affamata di scandali e sangue. Un caso del genere rimpolpava quel bisogno di giustizia invocata da molti, in un periodo storico in cui molti reati restavano impuniti, poiché vigeva la legge del più forte a discapito dei più deboli. Gli accusatori erano i cugini di Sesto, che nel frattempo si erano appropriati delle sue terre, convinti che privandolo di ricchezze e appoggi politici lo avrebbero indotto a farsi da parte, riversando su di lui la colpa dell’omicidio del padre solo per avidità. Per tale ragione Sesto, attraverso la protezione di Cecilia, chiede a Cicerone di difenderlo nella causa, tra le cui pieghe si insinuavano politica e beghe di potere. Infatti il sospetto di Cicerone è che dietro le quinte si celassero personaggi, appartenenti all’entourage di Silla, il cui scopo fosse quello di usare la vicenda come pretesto. Pretesto di cui però ignorava il fine ultimo.
Tuttavia l’ombra di Silla aleggia su entrambe le vicende. Egli era riuscito ad imporsi sulla scena politica instaurando un vero e proprio regno del terrore. Aveva dato vita a delle liste di proscrizione, nelle quali venivano inseriti tutti gli oppositori politici o presunti tali con la conseguente confisca dei loro beni, messi all’asta a prezzi stracciati e che finivano nelle mani dei Sillani. Pertanto, come ogni uomo di potere, aveva molti sostenitori, ma anche altrettanti nemici dai quali guardarsi le spalle.
Per tale ragione, nel corso della lettura, non ci si può fare a meno di chiedere: Cosa ha a che fare Silla con l’uccisione di Cincio e con la morte del padre di Sesto? E qual è il collegamento tra i due crimini e la sopravvivenza della Repubblica?
Approfondimento
Il diritto dei lupi è un romanzo che attua una vera e propria commistione di generi, dal noir al legal thriller, fino al classico giallo, che seppur abbiano delle linee comuni, hanno in sé delle sfumature diverse. Gli autori Stefano De Bellis e Edgardo Fiorillo, rispettivamente informatico e biologo, in quanto appassionati di noir, scelgono l’Urbe dell’80 a.C. per dare vita ad un romanzo originale e ben strutturato.
L’ambientazione è senza dubbio un elemento accattivante, soprattutto per gli amanti della storia, stuzzicando lo spirito d’avventura del lettore che si trova catapultato nell’antica Roma, alle prese con due differenti indagini che avvolgono di fascino e mistero la città eterna.
La storia è narrata in terza persona, ideale per raccontare diversi punti di vista e sfaccettature caratteriali dei protagonisti, mentre lo stile linguistico, nonostante la complessità e la mole dei personaggi coinvolti, è abbastanza scorrevole. I dialoghi sono ben congegnati, così come minuziosa è la descrizione di particolari. Alla base c’è una profonda conoscenza da parte degli autori di usi, costumi, mentalità e atmosfere appartenenti ad un’epoca lontana, ma sebbene questi varino col passare del tempo, la meschinità e la crudeltà dell’uomo non hanno epoca e restano invariate.
Sangue e potere si mescolano, due facce della stessa medaglia che accompagnano il lettore alla ricerca della verità, un tema ricorrente nel corso della lettura, dalla quale si evince che non sempre la verità raccontata corrisponde necessariamente alla realtà.
Il diritto dei lupi è una lettura stimolante e avvincente, e sebbene alcuni capitoli possano sembrare superflui, allungando la trama e facendo interrogare il lettore su dove si voglia andare a parare, man mano che ci si avvicina alla fine acquisiscono senso, stuzzicando la naturale curiosità.
Particolare rilevanza viene data alla famosa orazione ciceroniana in difesa di Sesto Roscio di Ameria, che dai libri di storia si interseca nella trama in modo davvero suggestivo.
Un azzardo ben riuscito da parte degli autori, che attingono dalla storia romana per costruire un romanzo di fantasia in grado di umanizzare e caratterizzare i personaggi (reali e non) in maniera credibile. Difatti dare identità a figure imponenti quali Cicerone, Crasso, Silla (spesso ritenute noiose per motivi di studio), senza appesantire la lettura e in grado di far appassionare al susseguirsi degli avvenimenti, richiede un certo talento.
Pertanto Il diritto dei lupi è destinato a entrare nel cuore di molti, un romanzo ricco di colpi di scena che sulla scia della storia regala una piacevole lettura dalla quale si fa fatica a staccarsi.
Luana Sanasi