Autore: Murakami Haruki
Pubblicato da Einaudi - Febbraio 2017
Pagine: 168 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Frontiere Einaudi
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Murakami Haruki parla di sé, del suo lavoro di scrittore, delle strategie che adopera per scrivere con metodicità e senza interruzioni, dall’inizio alla fine, un romanzo.
Murakami in Il mestiere dello scrittore invita i lettori ad entrare nel suo studio, a mettersi comodi e ad ascoltare il racconto della sua vita di scrittore, essenzialmente, di romanzi lunghi. Come ha iniziato, dove ha attinto i suoi personaggi, il rapporto con gli editori, l’attenzione per i lettori, le strategie adottate per scrivere romanzi.
Sornionamente, afferma che tutti possono scrivere un libro, un racconto, se hanno un po’ di talento e di fortuna. Si viene anche accolti con simpatia dall’entourage degli scrittori che sanno benissimo quanto sia impegnativo resistere su quello che lui chiama il ring. Tutti vi possono salire.
Molti hanno successo con il primo romanzo. Un po’ meno con il secondo. Poi scompaiono anche dalle librerie. Oltre alla fortuna, è necessario il talento vero per resistere e sopravvivere come romanzieri.
Scrivere un romanzo è un atto lento e faticoso: Murakami impiega quattro o cinque mesi, dieci fogli da quattrocento caratteri al giorno. Poi corregge e taglia le parti che non lo convincono. Poi i ritocchi. Pausa di qualche settimana.
Rilettura, ricontrollo e riverifica.
A questo punto, affida il giudizio al suo lettore privilegiato, la moglie, che quasi sempre critica alcuni pezzi, segnala parti che non le piacciono. Lui rivede quei pezzi e li riscrive. Rilegge dall’inizio tutto il romanzo, per l’ultimo controllo. Finalmente è pronto per l’editore.
Per fare tutto questo ci vuole perseveranza, forza anche fisica, necessaria a restare seduti ore davanti allo schermo, concentratissimi. È indispensabile mantenersi forti e vigorosi nel corpo, fare attività per almeno un’ora al giorno: il numero di neuroni diminuisce o aumenta in ragione del movimento che si fa. La diminuzione influenza la capacità di imparare e di ricordare. Murakami corre tutti i giorni per un’ora, da trentacinque anni.
In che modo esercitarsi per diventare scrittori? Leggere da piccoli, osservare con scrupolo tutto quello che accade e rifletterci sopra. Memorizzare scene, persone, fatti. Collezionare dettagli soprattutto. L’immaginazione equivale alla memoria.
Per uno scrittore il tempo è importante: non solo il tempo della scrittura e del controllo, come già detto, ma soprattutto il tempo del silenzio, necessario per riflettere su cosa scrivere. E qui lo scrittore giapponese ci spiega che cosa significa essere un romanziere: significa scendere al fondo della propria coscienza, scavare nelle tenebre sotterranee, trovare ciò di cui si ha bisogno e riportarlo alla luce. Ne Il porto sepolto Ungaretti dice che il poeta è come un palombaro che si inabissa nelle profondità del mare per riportare alla luce i reperti trovati: le parole. La poesia è stata scritta nel 1916, esattamente cento anni fa.
Approfondimento
Nella postfazione a Il mestiere dello scrittore, Murakami scrive che il libro è una raccolta di idee nelle quali ci sono anche delle ripetizioni.
A dir la verità molte parti, lette da me in Vento e Flipper, le ho ritrovate ripetute pari pari in alcuni paragrafi di questo libro: l’illuminazione improvvisa che ha riguardo al suo futuro di scrittore; gli inizi, come proprietario del bar, oberato dai debiti; il libro, registrato sul floppy, scomparso dal computer, ma poi subdolamente ricomparso. Oltre alla reiterata affermazione : “scrivo da trentacinque anni.”
Non amo le ripetizioni e mi meraviglio che Murakami le abbia mantenute volutamente.
È stato un alunno annoiato. La scuola negli anni ’50 era, non solo in Giappone, selettiva, attenta alle discipline, ai voti e allo studio. Non c’era spazio per altro, né per tutti.
Auspica una scuola che realizzi uno spazio di rinascita individuale, fatto su misura per il bambino che non si adatta alla scuola attuale, che non ha interesse per quello che studia, ma che realizzi a pieno la propria personalità.
Le digressioni autobiografiche impediscono all’autore di regalare ulteriori specifici suggerimenti agli aspiranti scrittori: come si fa ad essere originali, ad avere uno stile proprio, a migliorarlo e a farlo diventare classico. A restare sul ring nel tempo.
Il mestiere dello scrittore è un libro interessante. Ancor di più se fosse stato di più un saggio e di meno un’autobiografia.
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