
Autore: Alvydas Šlepikas
Pubblicato da La nave di Teseo - Giugno 2024
Pagine: 256 - Genere: Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Oceani
ISBN: 9788834617878
ASIN: B0D33XWR3R

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Prussia 1946, la guerra è finita, la guerra non è finita. Il nemico è sconfitto, il nemico vive ancora. La pace è ristabilita, ma non c’è pace. L’inferno è finito, l’inferno continua...
Eva e Marta sono due donne di origine tedesca che sopravvivono ai loro mariti e che finiscono nell’orrore del post conflitto in una terra invasa dall’Armata Rossa, che per crudeltà e orrori non ha nulla da invidiare all’orda nazista appena debellata. In una terra fredda e arida, dove la fame, il terrore e la violenza imperano sovrani, le due donne sono l’emblema di un popolo sconfitto in tutti i modi in cui un’intera nazione può esserlo.
Le loro vicissitudini e quelle dei loro numerosi figli sono la testimonianza, reale, di ciò che accadde alla fine delle Seconda guerra mondiale, uno sguardo totalmente diverso, inaspettato, ma doloroso e terribile su quello che le truppe russe compirono al momento dell’invasione in Germania.
Attraverso gli occhi innocenti dei bambini e quelli consapevoli e terrorizzati delle loro madri, passano le vite, i dolori, le piccole gioie e i momenti di tenerezza, di un’intera generazione figlia della privazione e della brutalità che imparerà sulla propria pelle cosa significa l’assenso, la resa e il non voler sapere, a un prezzo inimmaginabile e ingiusto, perché chi libera deve essere migliore di chi ha imprigionato e non la sua versione peggiore.

La guerra non si può umanizzare si può solo abolire.
Albert Einstein
Nel periodo tra l’inverno e la primavera del ‘46 quel che resta di due famiglie tedesche lotta per la sopravvivenza. La Germania è sconfitta, distrutta. In molte regioni imperversa l’Armata Rossa portando con sé morte e orrore che, nulla hanno da invidiare, a quelli che i nazisti in precedenza avevano diffuso.
In Prussia, decretato il covo nazista per eccellenza, la situazione è tremenda: violenze, stupri, omicidi e torture sono all’ordine del giorno. Eva e Marta sono due madri che combattono ogni giorno per la loro vita e per quella dei loro figli: Renate, Brigitte, Monika, il piccolo Helmut, il coraggioso Heinz, Albert, Grete, Otto. Ognuno di loro con un tragico destino, ognuno di loro una bocca da sfamare, perché la fame è la cosa peggiore di tutte forse anche della morte.
L’intera giornata è un’instancabile ricerca di cibo. La fame spingerà Heinz e Albert a fare un difficilissimo viaggio vero la Lituania per cercare di riportare a casa qualcosa da mangiare. Sarà la fame il motivo per cui anche Renate scapperà e arriverà a cambiare il suo nome la sua identità, diventerà Marytè, e sarà l’emblema del rinnegare anche sé stessi per sopravvivere, in un mondo dove essere tedeschi è una colpa da pagare con la vita.
Mentre Heinz, Albert e Renate si ritrovano catapultati in un mondo senza pietà i loro cari affrontano prove indicibili tanto da arrivare fino alla morte.
In un racconto teso, difficile tremendamente reale, le storie dei personaggi di intrecciano con quella del loro paese, sconfitto, distrutto senza possibilità di salvezza, eppure c’è qualcosa che non muore mai, che vive silenziosa sotto la fredda neve, solo una piccola, piccolissima speranza laggiù lontano che si muove e respira piano, il suo nome è Marytè.
Approfondimento
La nostra fede nel presente muore molto prima della nostra fede nel futuro.
Ruth Benedict
La fine della guerra nelle menti di chi è estraneo a essa si riassume in due parole: vincitori e vinti.
Il tempo che trascorre per stabilire da quale parte stare è la durata del conflitto stesso, quello che viene dopo, quando la resa è offerta e accettata viene immaginato come un periodo di ricostruzione e pace ma in realtà è forse il momento più tremendo per chi subisce la sconfitta.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, l’Armata Rossa uccise, stuprò, torturò centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini, con una crudeltà che emulava quella dei nazisti prima di loro.
Il mio nome è Marytė è, in un certo modo, la testimonianza di alcuni di quei bambini, i cosiddetti “bambini lupo” che sopravvissero a quelle atrocità ma che non le hanno mai dimenticate.
Inutile dire che la lettura è stata difficile, il linguaggio dell’autore Alvydas Slepikas è essenziale e poco lascia all’immaginazione, ma ho notato due aspetti che nel libro mancano e direi a giusta ragione: la menzione agli orrori nazisti e il colpevolizzare un intero popolo per ciò che solo una parte di esso aveva compiuto.
Queste pagine non sono il punto di vista dell’autore ma una sorta di reportage di ciò che accadde realmente in quel periodo e non un termine di paragone su quali fossero le atrocità più tremende di quel periodo compiute da esseri inumani verso esseri umani, dove non c’è vendetta o rivalsa ma una crudeltà fine a sé stessa che non ha patria o nome, porta con sé solo l’orrore di un passato che non dobbiamo dimenticare perché senza memoria ogni cosa è destinata a ripetersi.
Toccante, profondo, commovente, Il mio nome è Marytė toccherà le corde del vostro animo e spero lasciando un segno indelebile nella memoria di ognuno di noi.
Antonella Flavio