Autore: Charlotte Brontë
Pubblicato da Fazi - Aprile 2016
Pagine: 298 - Genere: Classici
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le strade
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William Crimsworth, giovane inglese orfano di entrambi i genitori che, dopo la fine degli studi, si ritrova a dover scegliere quale percorso professionale intraprendere: dopo una breve parentesi a servizio del fratello, parte alla volta di Bruxelles, dove diventerà insegnante.
William è un ragazzo giovane, cresciuto senza una famiglia, che al termine degli studi a Eton si rivolge al suo unico fratello, freddo e meschino, per cercare un impiego. Dopo pochi mesi si accorge di aver fatto la scelta sbagliata: il lavoro è noioso e poco stimolante, il fratello non perde occasione per insultarlo e umiliarlo. Senza un vero motivo, attira su di sé l’attenzione del bizzarro signor Hudsen che, con uno strano stratagemma, riesce a far sì che il fratello lo licenzi e, consegnatagli una lettera di raccomandazioni, gli consiglia di trasferirsi a Bruxelles.
A Bruxelles William accetta un impiego da insegnante in un collegio maschile, e ben presto gli verrà chiesto di insegnare anche nell’attiguo collegio femminile, dove per un breve periodo subirà il fascino della direttrice, Mademoiselle Reuter, prima di scoprirne la vera natura di donna avida di consensi e manipolatrice.
Nella scuola femminile William farà la conoscenza di una giovane insegnante-studentessa, Frances Henri, che nel giro di poco conquisterà la sua stima.
Il professore è l’unico romanzo in cui Charlotte Brontë, autrice di Jane Eyre, sceglie come voce narrante quella di un uomo: questo è il suo primo romanzo, pubblicato postumo nel 1857, e fa riferimento a una vicenda autobiografica. Durante gli studi la Brontë si recò in Belgio per studiare il francese e si innamorò, non corrisposta, di un professore.
Già in questo romanzo è apprezzabile lo stile acuto e quasi affilato dell’autrice, che dedica molto spazio all’analisi della psicologia dei personaggi e alla disamina, a volte anche ironica, degli ambienti nei quali questi si muovono.
La trama è molto semplice: punto di forza di questo romanzo sono i dialoghi, attraverso i quali riusciamo a conoscere i personaggi principali: William, Frances, Mlle Reuter e il signor Hudsen. Si tratta di dialoghi molto articolati e non sempre semplici da seguire: è sorprendente come la Brontë vada in profondità nella sua analisi dell’animo umano. Lo sguardo acuto e fin troppo giudicante di William è sicuramente quello dell’autrice, di cui però anche la giovane Frances, modesta studentessa, è l’alter-ego: Il professore si configura così come un complesso gioco di specchi, che stimola nel lettore parecchie riflessioni.
William è un personaggio colto e sensibile, nonostante l’eccessiva sicurezza in se stesso lo renda leggermente antipatico. La sua analisi dei caratteri delle fanciulle che seguono le sue lezioni è spietata, e spesso si avvicina alla misoginia. Tuttavia, è proprio questa condanna di alcuni atteggiamenti considerati – all’epoca – come tipici dell’indole femminile, a far emergere il personaggio di Frances, nella quale William riconosce delle qualità che la rendono degna della sua stima, prima ancora che del suo amore.
Ed è proprio lei il personaggio più puro del romanzo, che lotta contro le convenzioni sociali e che anche alla fine, quando William si è conquistato una buona posizione lavorativa, sceglie di continuare a lavorare, per essere indipendente ma soprattutto per rimanere se stessa.
Menzione a parte merita il signor Hudsen, a parer mio il personaggio più originale e ben riuscito del romanzo: fondamentalmente buono, è come incapace di accettare questa sua caratteristica, e nasconde i gesti di generosità sotto una parvenza di cinismo e sarcasmo.
Approfondimento
Consiglio vivamente la lettura de Il professore a chi ha amato Jane Eyre, perché William è una sorta di Jane al femminile: entrambi sono poco attraenti e devono emergere attraverso altre caratteristiche, e proprio per questo devono affinare la capacità di riconoscere i loro “nemici”.
L’unica nota un po’ stonata – a parer mio – sono i continui giudizi negativi espressi da William nei confronti dei fiamminghi e dei cattolici, che al nostro occhio appaiono come razzisti. Si tratta di pregiudizi comprensibili, se contestualizzati all’interno della mentalità dell’epoca, ma che possono stancare il lettore contemporaneo.