
Autore: Nicolás Giacobone
Pubblicato da Bompiani - Settembre 2019
Pagine: 272 - Genere: Narrativa
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Letteraria straniera
ISBN: 9788845296949

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Pablo Betances. Ieri una vita tranquilla con la madre in un minuscolo appartamento di Buenos Aires. Oggi un’esistenza da sequestrato in uno scantinato senza finestre. A fargli compagnia la sua scrittura, un ukulele, la musica dei Beatles. Il libro racconta i suoi anni di prigionia.

La mia biografia non è altro che un sospiro in una stanza scarsamente illuminata di un alberghetto abbandonato in un paesino di cui a nessuno importa nulla. La mia biografia è una somma di momenti di quiete, con una tazza di frappè al cappuccino in mano, a guardar passare alla finestra biografie noiose quanto la mia.
Pablo Betances conduce una vita anonima. Mantenuto da sempre si dedica alla scrittura. Ogni sera scrive. La mattina cancella ogni parola.
Nell’incontro con il grande regista Santiago Salvatierra scorge l’opportunità per fare il salto di qualità come sceneggiatore. Santiago fa di lui una sua proprietà e lo rinchiude in uno scantinato. Grazie al talento di Pablo intende partorire un capolavoro cinematografico che lo suggellerà miglior regista a livello mondiale. Di Betances non resterà neppure l’ombra.
Pablo prende l’abitudine di scrivere all’alba su di un quaderno segreto. Ogni mattina scrive. La mattina stessa depenna. Cancella prima che Salvatierra scenda a controllare la sua produzione artistica. E quando il quaderno gli verrà a sua insaputa sottratto, scriverà su di un file word criptato. Forse la speranza che qualcuno che non sia Santiago trovi un giorno le sue righe e gli riconosca quel merito rubato. O forse semplicemente comprenda che la sua esistenza è passata di lì.
Scrivere bene (cioè, scrivere sul serio) è un lavoro di scavo, un lavoro archeologico dentro se stessi, togliersi di dosso gli strati di mediocrità fino a trovare ciò che vale davvero la pena.
Pablo Betances è un prigioniero anomalo, a questo sequestro lui si adagia e il tempo diventa un non tempo. Le routine fatte di piccoli gesti quotidiani si elevano ad ancore di salvezza cui aggrapparsi per non smarrirsi. Neppure Norma, colei che ogni giorno si occupa del cibo, riassetta la stanza e avvia l’apparecchio per il ricambio di ossigeno, lo degna di una parola. Su ordine di Santiago il compito di Pablo, oltre a scrivere, è esporsi un’ora al giorno alla luce del lucernario per evitare carenze di vitamina D.
Il protagonista rievoca spesso la figura della madre e dell’amico Lisandro, rivive scene di vita che non gli appartengono più, pensa a cosa ne sarà stato di loro, ma nulla funge da stimolo per tentare la fuga. L’ego dello scrittore chiama e vuole mostrare che può cambiare la storia del cinema. Ci si chiede quale sia il confine tra essere prigioniero di quattro mura ed esserlo nell’anima.
A un certo punto Pablo si blocca ed ecco far eco l’urlo della sopravvivenza. Pablo, pur rimanendo prigioniero, detta ora le regole del gioco. O così, o il copione non verrà terminato. Emerge un carattere dominatore che stona un po’ con la conoscenza fatta finora del mite protagonista. Così come stride l’arrendevolezza di Salvatierra.
Poi tutto cambia. Il protagonista è catapultato in un pullman. Che cosa sia successo verrà svelato pian piano in un continuo proiettarsi tra presente, passato e futuro. Un modo di raccontare che aumenta la suspense e incuriosisce il lettore.
Approfondimento
Il quaderno cancellato è scritto in prima persona. Nicolás Giacobone utilizza uno stile preciso, non facile, non per tutti. I dialoghi senza virgolette sfiorano a volte il limite della comprensibilità. Una scelta voluta, a mio avviso, per meglio far fluire il testo mantenendo una linea di coerenza con il resto. Il ritmo segue i pensieri e lo stato d’animo del protagonista. Via via si fa sempre più veloce, le frasi si rincorrono, incastrandosi l’una dietro l’altra. Una parola diviene lo spunto per creare una nuova connessione di termini, una riflessione, un’immagine, per evocare un ricordo che non si lega in quanto a logica a quello precedente o a quello successivo. Per questo cercare di seguire il singolo concetto non ha senso, ma è bene lasciar scorrere i pensieri e abbracciarli nella loro interezza, capire che questo flusso di coscienza cela una disperazione interiore, una fragilità umana il cui frutto si coglie oggi, ma i cui semi erano già stati sparsi prima della prigionia.
Amaro l’epilogo: scrivere per esistere o esistere per scrivere?
No, devo aspettare mia madre. Prendo la biro e continuo a scrivere sul braccio sinistro. Ormai non posso stare senza scrivere, almeno finché non saprò cosa ne è stato di mia madre. Non posso ancora essere, esistere, al di fuori di questo testo informe, incorreggibile.
Stefania Ferri