
Autore: Boris Pahor
Pubblicato da La nave di Teseo - Luglio 2020
Pagine: 44 - Genere: Romanzo storico
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: I delfini
ISBN: 9788834604144

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Una vicenda storica, il rogo del Narodni Dom a Trieste del 1920, raccontata attraverso gli occhi di due bambini Evka e Branko.

E teneva per mano Evka e Branko mentre saliva lentamente sotto un cielo divenuto una cupola rosso scuro. Evka aveva paura e avrebbe voluto essere a letto vicino alla mamma per potersi stringere a lei e non vedere quel bagliore sanguigno che trasformava la notte; per stringersi a lei e nascondere gli occhi nel suo grembo
Evka e Branko sono due bambini di orgini slovene che vivono a Trieste. La loro abitazione si trova in uno scantinato sotto l’appartamento di Mizzi e dello zio.
La loro vita è tranquilla, vanno a scuola e girovagano vicino al porto facendo qualche marachella.
Il 13 luglio 1920 a Trieste accadde un fatto terribile: il centro di aggregazione sociale e culturale della cultura slovena il Nodoni Dom venne dato alle fiamme, senza preoccuparsi di chi fosse all’interno. Questo dramma fu un segno tangibile del razzismo dilagante e della repressione fascista che da quel momento in poi segnerà la comunità slovena e le popolazioni ai confini nord-orientali dell’Italia.
“Allora?” disse la signorina Anica. “Che cosa viene quando finisce l’inverno?” “La primavera!” scandì in coro tutta la classe. “Esatto” disse. “La primavera.” E si fece di nuovo pensierosa. “Sì, la primavera “ ripeté dopo un po’. “D’inverno abbiamo le notti più lunghe, ma poi verrà la primavera.”
E loro si chiedono come mai dice “poi verrà la primavera”, quando la primavera è già venuta ed è quasi estate visto che i platani dinanzi alla scuola hanno messo così tante foglie che non si vede nemmeno la strada
[…]”.
La vicenda è raccontata con gli occhi di due bambini: la loro purezza stride con la vigliaccheria e con la ferocia fascista. L’ingenuità dei piccoli non riesce a percepire a fondo quello che significa il rogo: ne hanno paura, vedono il padre arrabbiato e la maestra che spera in un futuro migliore.
Anche i personaggi a margine, come Mizzi e lo zio nel loro rapporto complicato, riescono a farci capire la forza della propria identità culturale e lo scontro tra chi vuole lottare per la libertà e chi cerca solo di nascondersi. Mizzi non vuole nascondere le sue origini e dovrà cambiare radicalmente la sua vita, vivendo nella paura.
Il racconto nella sua brevità mette in scena tutte le contraddizioni del ventennio fascista e il dramma del razzismo e di quello che accadrà di lì a poco.
Il racconto riesce ad essere incisivo e fa aprire gli occhi su quanto sia stato difficile vivere da un momento all’altro un cambiamento radicale: Mizzi dovrà lasciare l’Italia, i bambini dovranno andare in un’altra scuola, il padre forse verrà licenziato.
Lettura intensa, delicata, poetica. La scelta di inserire dei bambini riesce ad essere la chiave per dare una speranza verso un futuro migliore, ma anche un modo per far capire la sofferenza delle vittime inermi di fronte alle ingiustizie.
Approfondimento
Boris Pahor è uno dei più grandi scrittori sloveni di cittadinanza italiana. Sulla sua pelle vive il dramma del razzismo, viene arrestato e deportato nei campi di concentramento proprio per le sue origini slovene. In questo racconto dimostra la sua volontà a non dimenticare il dramma subito da lui e da tutti coloro che i fascisti hanno considerato diversi. In tutta la sua vita ha sempre difeso la dignità umana prima di tutto e la difesa dei più deboli.
La scrittura è profonda e scorrevole, non si cade mai nel lamento e nello sconforto. L’autore riesce con poche descrizioni e piccoli dettagli a far emergere un dramma di un intero Paese.
A tratti riesce ad essere poetico e a commuovere.
Gloria Rubino