
Autore: Nicolai Lilin
Pubblicato da Einaudi - Maggio 2014
Pagine: 343 - Genere: Avventura
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Supercoralli

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Andrej e Ismail sono due ragazzi, uno cristiano e uno musulmano, amici per la pelle, come fratelli, che improvvisamente si trovano coinvolti in una guerra tra terroristi, servizi segreti russi e ribelli nel mezzo dei monti del Caucaso. Il loro villaggio è minacciato e i due ragazzi devono sopravvivere e scappare per salvarlo, ma questo sarà solo l’inizio della loro avventura.

Economicamente parlando, la guerra è un ottimo affare. Guadagni così alti non si fanno in nessun altro caso. In guerra non si pagano le tasse, non vengono considerati i diritti di nessuno, non esistono leggi che possano limitare il campo d’azione. E chi fa affari in guerra mira ad allontanare la prospettiva di pace come fosse una malattia contagiosa.
Dopo la tetralogia siberiana che lo ha reso famoso, Lilin, con Il serpente di Dio, scrive un romanzo di pura fiction che continua ad attingere da quell’universo pericoloso e intrigante che ben conosciamo e che continua a regalare emozioni forti e molto verosimili.
Romanzo attualissimo, dove il conflitto di religioni la fa da protagonista, dove i due giovani protagonisti sono essi stessi la dimostrazione che una soluzione a questo conflitto esiste. Andrej è cristiano, Ismail è musulmano, cresciuti insieme, sono due teste di uno stesso cuore. A loro è affidata la salvezza del villaggio esempio di integrazione dove da secoli cristiani e musulmani vivono in pace. Non sono dello stesso avviso gli altri protagonisti, ovvero Konstantin, una spia russa, i terroristi-trafficanti musulmani guidati da Hassan, che fanno della guerra una mera occasione di profitto per i loro traffici, e i reparti militari delle forze speciali russe guidati da Novak (che personaggio questo Novak!), che invece considerano i terroristi e i loro complici solo degli scarafaggi da schiacciare.
In questo reticolo di interessi superiori, tra eserciti in conflitto, si dipanano le storie dei personaggi, ognuna ben descritta nei minimi dettagli come a voler dare al lettore una spiegazione e forse una umanità ai protagonisti che invece sembrano averla persa. Ognuno ha le sue buone ragioni per essere lì in quel momento, e Lilin ci apre delle finestre nel passato di essi utile per ampliare la nostra comprensione di quel mondo che ci può sembrare complicato, incomprensibile e distante.
Lo stile de Il serpente di Dio è cinematografico, direi pronto per un uso televisivo: le descrizioni sono dettagliate, le scene di combattimento violente, veloci e coinvolgenti, l’esperienza dell’autore in guerra è palese e lo si evince da come tutti questi elementi siano al posto giusto al momento giusto.
Il serpente di Dio è un libro di guerra ma anche di pace, è un libro che affronta l’odio tra religioni, ma anche l’amicizia tra le persone, è un libro che si fa leggere velocemente ma che poi, resta dentro e sedimenta.
Approfondimento
Il serpente di Dio è ben scritto, riesce a incollare il lettore con le sue scene di azione e di guerriglia, ma non è solo questo, c’è anche tanto lavoro sui personaggi, sulla loro caratterizzazione, fin nei più piccoli particolari e dove a volte si rischia di farci risultare simpatici soggetti che non lo meriterebbero. Questo lavoro di descrizione si spinge anche nel racconto delle armi e dei loro meccanismi, delle tecniche di sparo, dei dettagli di come si intrecciano le trame politiche che spesso sono dietro, invisibili ai media e che tirano i fili di queste guerre spacciate poi come guerre di religione e che invece sono guerre economiche, come sempre. Lilin approfondisce e insiste molto su questo tema, molti passaggi del libro sono da considerare come dichiarazioni del pensiero sulla guerra di Lilin, sui politici e sulla religione. Dichiarazioni spesso, non sempre, condivisibili, che danno un valore aggiunto al libro.
D’altro canto a volte leggendo i pensieri dei protagonisti, soprattutto i cattivi, si ha la sensazione che l’autore stia cercando l’effetto onirico attraverso una descrizione degli incubi, dei ricordi infantili e dei demoni che infestano le loro menti deviate; questa descrizione freudiana rallenta il ritmo della narrazione, interrompendo scene veloci e ricche di suspense che potrebbero indurre il lettore a sorvolare su tali deliri.
In definitiva per coloro che hanno amato il Lilin “siberiano”, non resteranno delusi nel leggere questo Lilin “caucasico” che sembra straordinariamente, e ancora una volta, maledettamente reale.
Non esiste nessun califfato caucasico, non è mai stato approvato dai popoli di queste terre! Lo hanno inventato i corrotti sceicchi arabi, coloro che stanno all’origine di ogni peccato, coloro che finanziano le guerre e seminano morte. E colui che voi chiamate emiro non è altro che uno sporco ratto che passa la vita a nascondersi in buchi scavati nella terra e tra le rocce.
Massimiliano Zurlo