
Autore: Roberto Cotroneo
Pubblicato da UTET - 2014
Pagine: 114 -Collana: Saggio

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Un saggio che coglie i meccanismi di un’esigenza intima, quella delle persone che per i motivi più disparati vorrebbero dedicarsi alla scrittura. Pescando anche dalla propria esperienza personale, Cotroneo analizza i possibili dubbi che angustiano chi vorrebbe scrivere un libro ma non ha mai imparato a farlo.

Roberto Cotroneo ne Il sogno di scrivere si lancia in una ricerca di soluzioni rispetto alle difficoltà che paralizzano talvolta anche i “professionisti della scrittura”, ma il suo non è proprio un libro dedicato a coloro che dello scrivere hanno fatto un mestiere. Scrive infatti Cotroneo :
Quante volte mi è stato chiesto: ma io posso scrivere libri? Io che non ho mai letto abbastanza, che mi mancano troppi classici, che non ho dimestichezza con la cultura? Ma è una domanda ingenua. Le cose non si sanno, si hanno dentro. Anche senza rendersene conto. Si può scrivere imitando più o meno bene Marcel Proust senza averlo mai letto.
Sembrerebbe, quella che avete appena letto, una dichiarazione eccessiva, una risposta che può suscitare illusioni fuorvianti in chi vorrebbe raccontare una storia scrivendo un libro senza avere le capacità culturali e tecniche per poterlo fare, una visione delle cose inutilmente ottimistica. Eppure, anche se indirettamente, ciò che Cotroneo sostiene fornisce risposte alla domanda che almeno una volta nella vita ciascuno di noi si è posto nel leggere autori di grande rilievo del tutto privi di titoli culturali o accademici, autori cui sono peraltro mancate anche quelle esperienze di lettura che di solito, invece, fanno parte del background di uno scrittore “colto”: “Come ha potuto scrivere un simile capolavoro?”.
Cotroneo nota come favole, racconti, narrazioni e messe in scena, scritte o tramandate oralmente, facciano parte, in modo naturale e a tutte le latitudini, della vita dell’uomo. È il motivo per cui da sempre vengono tramandate storie e racconti, di generazione in generazione (implicazione importante, anzi fondamentale, di ciò: chi ascolta i testi può a sua volta diventare narratore).
“Non è per nulla diverso da quello che succede oggi.”, scrive Cotroneo, “Ma che dà tanto fastidio ai professionisti della letteratura”.
Il saggio dello scrittore piemontese si presenta non tanto come un “manuale di scrittura” denso di suggerimenti e regole tecniche destinate a chi voglia intraprendere la professione dello scrittore: ne Il sogno di scrivere possiamo invece trovare avvertimenti che fanno da contorno a quello che forse un po’ enfaticamente potremmo definire un trattato di filosofia della scrittura.
Cotroneo appare in particolar modo attento agli aspetti psicoanalitici, umanistici, maieutici si potrebbe dire, dello scrivere, che è altra cosa rispetto al fornire stereotipate delucidazioni editoriali a coloro che invece scavano nel proprio passato solamente perché sanno di trovarci una storia che vale la pena raccontare. Coloro che si cimentano nella scrittura di queste storie sono, a ben considerare, autori dotati di straordinaria sensibilità e generosità ma allo stesso tempo solitamente poco interessati a competere nel mercato editoriale o a calcare ribalte false e prive di significato come quelle cui si accede attraverso le discutibili modalità di svolgimento di certi premi letterari. Si parla qui di una letteratura che previene la dimenticanza e lenisce certi mali dell’anima.
“Occorre raccontarsi”, spiega lo scrittore piemontese, “ma senza farsi riconoscere, curarsi scrivendo ma soprattutto curare chi ci legge, occorre sapere che la letteratura non salva nessuno, ma nessuno si salva senza letteratura e senza poesia. Occorre tornare nel fondo della nostra memoria, ma al tempo stesso non cadere nella trappola della malinconia, del privato. Narrare storie proprie ma saperle rendere universali.”
Approfondimento
Cotroneo spezza una lancia in favore di quelli che sentono impellente il desiderio di dedicarsi alla narrazione di “piccole storie” solo per tentare di conservare e tramandare una memoria che merita di diventare collettiva, di perpetuarsi per molto tempo a venire. Ancora Cotroneo, per concludere:
Le piccole storie vanno salvate dal proprio oblio. E quando la memoria è minacciata dall’oblio, e quando questo oblio è pericoloso – come per esempio smettere di ricordare cosa sia stato l’Olocausto, e tutti gli Olocausti e le Shoah del mondo – allora sono le piccole storie che si cominciano a salvare, una a una, come una rete di ricordi che servono al futuro, e che emozionano il mondo.
Giovanni Graziano Manca