Autore: Ian McEwan
Pubblicato da Einaudi - Novembre 2014
Pagine: 202 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Supercoralli
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Fiona Maye, brillante giudice della Corte Suprema britannica specializzata in diritto familiare e tutela dei minori, divide la propria vita tra il tribunale, i colleghi e la recentissima crisi con il marito Jack, invaghitosi di una ragazza più giovane. Il caso di Adam Henry, diciassettenne testimone di Geova che rifiuta la trasfusione di sangue che gli salverebbe la vita, la pone di fronte a un dilemma etico: intervenire in nome di una salvaguardia disinterssata della vita umana o lasciare ad Adam la libertà di morire?
Mescolare il proprio sangue con quello di un animale o di un altro essere umano produce inquinamento, contaminazione. Significa respingere il meraviglioso dono del Creatore.
Alle soglie dei 60 anni, Fiona Maye incarna il modello vivente della donna di successo della upper class londinese: l’inividiabile carriera come giudice della Corte Suprema; il matrimonio con Jack, affascinante professore universitario di storia antica; la passione più che amatoriale per il piano e la musica classica; la confortevole e ovattata residenza presso gli appartamenti del Gray’s Inn londinese, attorniata da altri giudici e avvocati. Quando però il marito Jack confessa a Fiona una sua certa insoddisfazione sessuale e accenna l’ipotesi di una tresca con una giovane esperta di statistica – quasi a chiedere la connivenza della moglie – il mondo altamente razionalizzato e ritualizzato di Fiona crolla: proprio lei che, al di sopra di ogni vezzo e capriccio, aveva sempre dispensato saggi consigli a tutti, si trova ora alle prese con la penosa pantomima della gelosia: le scenate, le serrature cambiate, la convinvenza forzata.
In una piovosa sera di autunno, una chiamata dal suo cancelliere informa Fiona che la sua delibera è richiesta con una certa urgenza: Adam Henry, diciassettenne figlio di Testimoni di Geova e malato di leucemia, rifiuta la trasfusione di sangue che gli salverebbe la vita. Fiona, andando contro la sua personale deontologia professionale e forse anche destabilizzata dalla dolorosa situazione coniugale, decide di visitare personalmente il giovane Adam all’ospedale. L’incontro è spiazzante: Adam, pur nella sua emaciata debolezza, travolge Fiona con la vitalità e la foga che non paiono addirsi a un potenziale martire per la propria fede; dietro un sincero trasporto devozionale non è allora difficile scorgere la romanticizzazione di un eroico, estetizzato auto-sacrificio che nulla ha a che vedere con il ben più venale strazio paventato dai dottori. La scelta di Fiona non è che il logico corollario della sua vocazione laica e assitenzialista: in nessun momento è dato al lettore di credere che la donna abbandonerà il giovane al proprio destino. Ma né Adam né Fiona hanno fatto i conti con il dopo. Cosa spinge ora Adam a seguirla, perfino in trasferta fuori Londra? E a inviarle confuse lettere e poesie in cui Fiona appare di volta in volta come sua salvatrice oppure come il Giuda che lo ha consegnato a Satana? Cosa farà, ormai maggiorenne e in grado di decidere giuridicamente della propria vita, alla prima ricaduta della malattia?
La ballata di Adam Henry non fa che confermare la visione umanistico-illuminista di Ian McEwan così come siamo a venuti a conoscerla attraverso gli anni nelle sue opere: la prospettiva razionale incarnata da Fiona è quasi l’unica che ci viene concesso di esplorare, e decisamente la sola con cui siamo portati a simpatizzare. Mancano le voci – quelle forti, coercitive – del dissenso fanatico di matrice religiosa, quelle degli sconfitti: quasi l’autore avesse paura di insozzare il mondo metodico di Fiona con qualche anacronistica macchietta di bigotta ortodossia. Purtoppo però questo produce un fondamentale paradosso, ovvero che vorremmo sapere meno della vita fin troppo ordinaria, un po’ snob di Fiona – i suoi rammarichi per i figli mai avuti, la passione musicale, la gelosia per il marito, le cause giudiziarie parallele e il rapporto con i colleghi – e più di Adam e del suo mondo, di quell’esotico che costituisce la vera attrattiva della vicenda. E così l’intero romanzo pecca di una qual certa asimmetria: nel dare così poco spazio alla caratterizzazione del giovane, il legame tra le due storie appare azzardato, poco organico.
Gli appassionati del genere legale, in ogni caso, non rimarranno delusi: Ian McEwan si muove con piena disinvoltura nei vortiginosi meandri della Legge britannica, sempre attento a offrire al lettore una pletora di precedenti giudiziari, casi affini e decreti applicativi che ben si confanno alla prospettiva di un giudice della Corte Suprema – prospettiva che rimane tuttavia la sola esplorata.
Approfondimento
Tra le pagine più belle e coinvolgenti di La ballata di Adam Henry spiccano indubbiamente quelle dedicate ai fugaci incontri tra Jack e Fiona, che il lettore vorrebbe probabilmente essere più frequenti. I due in fondo non sono poi così dissimili: dietro l’ordinata sovrastruttura ideologica necessaria a entrambi – la religione per Jack, la Legge per Fiona – si cela la ben meno misurata passione per la poesia e la musica, che fa da sottofondo alla loro vicenda.
L’esecuzione di Down by the Salley Gardens di Yeats – dapprima liberamente improvvisata al capezzale di Jack – sigilla il loro rapporto, ma finisce poi inevitabilmente per trasformarsi nel virtuoso, elegante assolo che chiude la storia.
Luca Benotti