
Autore: Enrico Brizzi
Pubblicato da HarperCollins Italia - Aprile 2021
Pagine: 336 - Genere: Narrativa Italiana
Formato disponibile: Brossura, eBook
ISBN: 9788869058578
ASIN: B08YC7T457

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Luca Fanti non avrebbe saputo dire qual era stato l’istante esatto in cui le cose avevano iniziato a mettersi male. Dopotutto era un uomo fortunato. Una moglie affascinante, due splendidi figli, un lavoro che in tanti gli invidiavano: fare il manager di suo fratello Olli, uno dei ciclisti più forti del mondo. Poi qualcosa aveva sbagliato, certo. Errori piccoli, ed errori grandi. E il castello delle sue certezze si era sgretolato. Il divorzio, gli alimenti impossibili da pagare, le accuse della figlia maggiore, perfino un processo per aggressione, una cosa ridicola, in fondo aveva solo tirato un pugno a un amico. Certo, con suo fratello l’aveva davvero fatta grossa...

All’improvviso il percorso che mi ha portato a diventare adulto mi appare simile a un progressivo corazzamento sotto a un’armatura di indifferenza, progettata per resistere alle delusioni e all’angoscia.
Enrico Brizzi in La primavera perfetta, edito da Harper Collins, scrive di Luca Fanti, di suo fratello Oliver e del loro legame conflittuale e altalenante. Non solo. L’autore riesce con disinvoltura a raccontare la meschinità e la miseria umana, il desiderio di rivalsa e le ineluttabili frustrazioni che ne derivano. Fin dove è capace di spingersi l’uomo per ottenere quello che desidera? Cos’è che fa la differenza nel farcela o meno?
Questi sono gli interrogativi che vengono alla mente leggendo le oscillanti vicissitudini di Luca Fanti. Luca, dopo il fallimento della sua società di pubblicità, si ritrova a fare da manager al fratello minore Oliver, talento del ciclismo professionistico. Ognuno deve all’altro quello che ha – successo, fama, soldi – sebbene sotto i riflettori delle trasmissioni più importanti e sui giornali più in voga ci sia sempre e solo Olli, mentre Luca è sempre nell’ombra, lui è “il fratello di”, messo in secondo piano perfino dai genitori. Forse, è proprio per questo che riesce a suscitare la simpatia del lettore, il quale inizia a identificarsi con quest’uomo, inizia a preoccuparsi delle sue sventure e gli viene voglia di accompagnarlo per tutta la strada che deve percorrere.
Ma un giorno, arriva senza preavviso una tempesta che affonda tutte le sicurezze del nostro protagonista, il quale, uomo convinto di poter governare la sua vita, di poter decidere come e quando far succedere gli avvenimenti, si trova faccia a faccia con la solitudine, in una situazione di estremo disagio e, quasi senza rendersene conto, tutta la sua vita frana, e Luca, abituato ad hotel a 5 stelle, si ritrova senza più un tetto, in una Milano sempre più plumbea, e con la lacerante paura di mostrarsi nudo, spogliato di tutte le certezze di fronte ai figli piccoli, Nic e Gaia. Tutto si sgretola, arriva il divorzio, gli alimenti impossibili da pagare, perfino un processo per aggressione per aver tirato un pugno ad un vecchio amico. Di punto in bianco si ritrova a non riuscire a controllare più nulla e si macchia anche di gesti umanamente e moralmente vergognosi, spinto anche dal risentimento, covato anno dopo anno, verso il fratello.
Deciso a non arrendersi, inizia a riflettere sui suoi errori, avvicinandosi anche alle sofferenze altrui. È proprio questo il punto di svolta per Luca, che raggiunge la maturazione necessaria a comprendere che in fondo la vita vera, Olli, non è una corsa. Si può andare agili per la propria strada, senza gareggiare tutto il tempo contro gli altri. Luca dopo un inverno duro riuscirà a riprendersi la sua primavera?
Capirà finalmente che le cose che contano sono i rapporti umani, la rete di relazioni che riesci a costruirti nel tempo: E per la prima volta da molti anni non sento di aver meritato dal cammino della vita nulla di meno e nulla di più.
Nonostante i lati oscuri, Luca non riesce a stare antipatico al lettore, il quale empatizza con lui, tifa per lui, perché proprio in lui, essere umano con un mix di pregi, difetti e contraddizioni, ritrova sé stesso.
Enrico Brizzi, utilizza il ciclismo come trama e metafora per tutta la narrazione, il ciclismo rappresenta la fatica atletica dell’esistenza: la strada, infatti, non è sempre dritta e pianeggiante ma ci sono le salite faticose, qualche discesa ripida, il sudore e la tenacia, le numerose cadute, le inutili prodezze autodistruttive e poi ci sono gli amici, quelli veri, che ti aspettano al traguardo anche se sei arrivato ultimo.
Approfondimento
La primavera perfetta è un libro molto introspettivo e sincero, un viaggio verso la riscoperta e la ricostruzione di sé stessi, scritto con un linguaggio puro e ironico, ma anche potente, capace di toccare con genuinità e immediatezza le corde dell’animo umano.
La produzione narrativa dell’autore è legata alla filosofia della “mobilità lenta”. La cultura del camminare e l’esaltazione del ciclismo sono i pilastri della penna dello scrittore bolognese, come metafora della vita resiliente. Nel 2020 pubblica un reportage di viaggio intitolato “Buone notizie dal Vecchio Mondo. Viaggio a due ruote lungo il Danubio”, in cui racconta il viaggio intrapreso dall’autore attraverso quattro capitali: Vienna, Bratislava, Budapest, Belgrado. Mille chilometri su una vecchia bicicletta.
In una recente intervista su come sia nata questa sua passione per il ciclismo, in particolare, e la mobilita, in generale, Brizzi risponde cosi:
Credo da mia madre, che era una grande appassionata e mi ha fatto respirare il bisogno di stare all’aria aperta fin da piccolo. Poi ho continuato negli anni, prima facendo lo scout, poi con il classico viaggio dopo l’esame di maturità. C’è chi va con i compagni in Grecia o a Ibiza, chi ad Amsterdam, mentre per me la figata massima è stata andare in bicicletta a Vienna. Insomma, è sempre stato un aspetto presente nella mia vita. Poi, in un momento preciso, ho capito che potevo anche scriverne. A piedi si possono affrontare anche tratti in cui ci si arrampica con le mani, magari in montagna o nei boschi, in bicicletta lo scenario è diverso, ma consente di fare più chilometri e, quindi, per fare un viaggio lungo è più adatta. Però, per quanto mi riguarda, sono due dimensioni sorelle e i tratti in comune sono il fatto di provare la meraviglia, di veder diventare reali posti che sulle carte geografiche sono soltanto promettenti inviti. E a questo si aggiunge ciò che sulle carte geografiche non si vede: le voci e i volti delle persone che incontri arrivando come forestiero. È una condizione ideale per… userei un’altra parola da sceneggiatori milanesi: è una condizione ideale per lo storytelling. Perché le persone, a te viandante o cicloturista mai visto prima, sono capaci di raccontare storie che certo non racconterebbero al bar centrale del paese. Finisci a cenare a casa di gente sconosciuta in provincia di Avellino, a dormire dai monaci al confine tra il Canton Vallese e la Valle D’Aosta, o a parlare con una ex attrice olandese che si è trasferita a vivere nel Sud della Francia ed è diventata pittrice. E questo non sarebbe possibile se arrivassi in quegli stessi luoghi sgommando in automobile. Le persone ti vedono in maniera speciale e, passato il primo momento di diffidenza, sono più inclini ad aprirsi.
Insomma il ciclismo e il camminare, per Enrico Brizzi, ti insegnano la fatica, la pazienza, la scelta. La bicicletta rappresenta un simbolo di libertà e anche la camminata ha affinità con la scrittura, servono pazienza e tenacia.
«Un piede dopo l’altro si arriva alla meta. Entrambe ti permettono di metterti “in modalità aerea”, di staccare e ti mettono continuamente davanti a dei bivi, ti insegnano a scegliere».
Rosaria Faeta