Autore: Giorgio Faletti
Pubblicato da La nave di Teseo - Dicembre 2018
Pagine: 64 - Genere: Noir
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: La nave di Teseo +
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Appostarsi per un’intera notte davanti alla finestra di un appartamento nell’attesa di poter uccidere il testimone chiave di un importante processo: un lavoretto facile per un sicario come Mico Torre. Ma nella vita ci sono sempre degli imprevisti capaci di scombinare anche quei piani apparentemente perfetti.
La ricetta della mamma di Giorgio Faletti vede protagonista Mico Torre. Mico Torre non è un uomo che ama lasciar decidere al caso. Anzi, è uno che nel suo lavoro vuole avere ogni minimo dettaglio sotto controllo: niente deve sfuggirgli, tutto deve poter essere previsto. Anche la minima distrazione infatti potrebbe essergli fatale. Perché Mico Torre non ricopre una carica ordinaria, al limite della banalità. Mico Torre è un sicario, uno dei migliori. Ed è proprio la sua attenzione verso ogni particolare che gli ha permesso di raggiungere questa posizione.
Lui, con un briciolo di umano narcisismo, amava addirittura pensare a se stesso come il migliore.
Il lavoretto che si trova tra le mani il pomeriggio del 27 maggio non sembra difficile. Deve appostarsi in un appartamento e aspettare fino alla mattina successiva per poter uccidere la sua vittima. La fortuna sembra essere dalla sua parte. Il proprietario dell’appartamento, tale Lanfranco Giussani, è in vacanza. Questo significa che Mico non dovrà prendersi il disturbo di uccidere anche lui. Tutto sembra procedere secondo i piani: l’ingresso nella casa silenziosa non presenta difficoltà e una delle finestre dell’appartamento si affaccia proprio davanti al tribunale dove il giorno successivo il testimone, che con le sue chiacchiere inopportune potrebbe mettere in seria difficoltà i suoi committenti dirà addio alla vita per sempre.
A questo punto non resta che aspettare. In silenzio. Qualsiasi rumore potrebbe infatti insospettire l’anziana vicina sempre a caccia di pettegolezzi. È però difficile resistere alla curiosità di esplorare un appartamento sconosciuto e così Mico si introduce nella camera del giovane Giussani. Sul letto, oltre a un paio di slip dimenticati dall’amante di turno, c’è una lettera: una lettera scritta da una donna che ama Lanfranco più della sua stessa vita. Sua mamma. Quelle poche parole scatenano sentimenti opposti nell’animo di Mico che da una parte sente sprigionarsi una tenerezza infinita per quella signora settantenne e dall’altro un disprezzo sconfinato per quel dongiovanni del figlio che ha preferito divertirsi con la fiamma del momento piuttosto che far visita alla madre il giorno del suo compleanno.
Questi pensieri sono però interrotti da alcuni rumori sospetti. Qualcuno sta per entrare in casa? Possibile che Giussani abbia anticipato la data del suo rientro? Mico non si scompone e aspetta, nascosto in bagno, con un coltello in mano. L’allarme rientra velocemente. Si tratta solo del portiere, entrato nell’appartamento per lasciare un pacco.
Così Mico si ritrova ancora una volta solo, in quella casa non sua. Ma il pacco? La grafia sull’etichetta non lascia dubbi: è la stessa della lettera. E probabilmente al suo interno si trovano i vasetti pieni di peperoncini con i capperi e le acciughe di cui la signora aveva annunciato la spedizione. Una leccornia di cui Mico era ghiotto fin da quando, tanti anni prima, era sua madre a prepararglieli. La sua condotta da perfetto sicario gli imporrebbe di lasciare il pacco intatto, là dove è stato appoggiato dal portiere. Ma cosa potrebbe mai succedere se per una volta si concedesse uno strappo alla regola, una piccola gratifica per quelle ore di interminabile attesa? Forse niente. O forse tutto.
Approfondimento
Ci sono incontri che cambiano le nostre vite per sempre. Incontri che sarebbero potuti non accadere per un niente: qualche minuto di ritardo, un impegno improvviso, una semplice influenza. Spesso non ci pensiamo perché si tratterebbe d’immaginare una valanga di universi controfattuali: di “e se” o “e se non”. Quello su cui invece qualche volta ci capita di riflettere sono quei banali inconvenienti capaci di stravolgere progetti costruiti minuziosamente. Quel “niente” capace di cambiare il “tutto”. Ed è proprio su questo che Giorgio Faletti ha costruito La ricetta della mamma. Su quell’inezia che riesce a modificare radicalmente il corso degli eventi. Quel fattore talmente marginale da apparire ininfluente e che invece metterà in moto una serie di conseguenze inimmaginabili.
In fondo, se ci pensiamo, tutta la nostra vita è un po’ così. Ci illudiamo di controllare tutto (o quasi), viviamo di progetti e programmi, di planning settimanali, mensili, annuali… e poi incappiamo in quella variabile impazzita che, strizzandoci l’occhio, butta giù in un istante il nostro castello di carte. E noi, proprio come Mico Torre, sempre così attenti a valutare ogni minuzia, quella variabile non l’avevamo neanche presa in considerazione. Perché se ne stava lì, nel suo cantuccio, in silenzio, e non sembrava poter incidere su alcunché.
Ed è così che La ricetta della mamma, in poche pagine e con una trama dalla semplicità disarmante, si rivela essere una metafora perfetta della vita. Del nostro affannarci e del suo sorprenderci, spesso non senza una dose di grande ironia.
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