Autore: José Saramago
Pubblicato da Feltrinelli - Gennaio 2013
Pagine: 224 - Genere: Commedia e Humour, Romanzo distopico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Universale economica
ISBN: 97888807881350
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A partire dalla mezzanotte del 31 dicembre, in un paese non specificato, la gente smette di morie. Senza alcun preavviso, la Signora con la falce si prende una pausa. Nessuno riesce a morire.
E di che organizzazione si tratta. Il primo ministro fece un respiro profondo e disse, La maphia, signore, La maphia, Sissignore, la maphia, a volte lo stato non può far altro che rimediare fuori qualcuno che gli faccia i lavori sporchi.
Quella che a prima vista potrebbe apparire come la più agognata delle fortune, si trasforma ben presto nell’incubo più temuto: nessuno muore, ma non si guarisce dalle malattie terminali, non ci si risveglia dal coma, non si torna in salute. Semplicemente non c’è trapasso a miglior vita.
Ed ecco che i cittadini di questo paese in cui l’immortalità è diventata reale, iniziano a sperimentare uno strano sgomento: la paura di vedersi invecchiare senza potersi accomiatare dal mondo, rimanendo intrappolati in un corpo vecchio, malato e avvizzito per sempre.
Gli ospedali e le case di riposo si riempiono di gente in fin di vita, le agenzie di pompe funebri e le compagnie di assicurazione subiscono un crollo senza precedenti. In molte famiglie ci si trova a convivere con parenti sospesi tra la vita e la “non morte”.
Anche la Chiesa entra in crisi: senza la morte non esiste resurrezione e quindi addio al regno di Dio. Niente paradiso né inferno, senza la morte si entra in un vicolo cieco.
In questo caos apocalittico, come in ogni società che si rispetti, la “maphia” trova il modo di insinuarsi nelle lacune governative e di speculare sullo sgomento dei cittadini, trasportando i parenti in fin di vita al di là del confine, dove la morte è ancora in vigore, consentendo ai moribondi di passare a miglior vita.
Al trascorrere di sette mesi, la situazione cambia drasticamente. Sarà la stessa morte ad ammettere pubblicamente che si è trattato di uno sbaglio, che si pente e che riprenderà regolarmente la sua attività, ma con una variante, che alla morte stessa sembra una gentile concessione, qualcosa per cui essere grati, ma che si rivelerà, nuovamente, un indicibile agonia: annuncerà ai cittadini il momento della loro dipartita da questo mondo con una settimana di anticipo, per mezzo di una lettera viola.
Il nuovo meccanismo mortifero si inceppa il giorno in cui la lettera viola indirizzata ad un violoncellista cinquantenne, torna indietro al mittente, alla morte appunto, che sarà obbligata ad abbandonare le sue macabre vesti per confondersi tra gli umani ed indagare il motivo della sua prima défaillance.
E così la morte si trasforma in donna, diviene vulnerabile. Diviene umana.
Approfondimento
Romanzo distopico o filosofico? Questa è la prima domanda che ci viene in mente iniziando la lettura di Le intermittenze della morte. Ma nessuno dei due generi lo definisce. È un viaggio fantastico che tocca tematiche che vanno oltre la semplice paura della morte.
C’è la paura per la vecchiaia, la paura di finire in una casa di riposo. Diventeremo tutti carne da macello per gli scagnozzi della “maphia”? C’è la paura per la nostra fragilità umana, che ci rende ancor più vulnerabili quando conosciamo l’amore con le sue incertezze.
Quello che ci sorprende, accanto alla storia, è lo stile usato da Saramago: una scrittura incalzante, senza punteggiatura se non le virgole e i punti, una voce narrante che interagisce con i suoi lettori dando spiegazioni sulle scelte narrative, nessun nome ai personaggi, nessun luogo che sia geograficamente riconoscibile, dialoghi e narrazione fusi in un unicum da apnea. Un ritmo a cui bisogna abituarsi, che a tratti è pedante e ci si chiede dove l’autore voglia condurci.
L’errore, che è stato il risultato di una precipitosa impressione del narratore, di un esame più o meno superficiale, dovrà, per rispetto della verità, essere immediatamente rettificato.
Ma il finale, inaspettato, ci ripaga dei momenti di noia spesi dietro alle elucubrazioni apparentemente fuori tema della voce narrante. Ci riporta ad una dimensione se non ancora verosimile, più comprensibile per noi lettori. Che ci sentiamo come i poveri cittadini del fantastico paese in cui un giorno la morte decise di scomparire.
Monica Saliola