
Autore: Paul Beatty
Pubblicato da Fazi - Ottobre 2016
Pagine: 369 - Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Le strade
ISBN: 9788876259418

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“So che detto da un nero è difficile da credere, ma non ho mai rubato niente. […] Eppure eccomi qui, nelle cupe sale della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America”.
“È questa l’assurdità della situazione: essere sotto processo, rischiare la galera e per la prima volta in vita mia non sentirmi colpevole”.

Siamo a Dickens, un ghetto nella periferia di Los Angeles destinato a scomparire. Un uomo di colore di cui non sappiamo il nome (la sua ex fidanzata lo chiamava “Bonbon”) ci racconta la storia di come è arrivato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, la storia della sua accusa.
È cresciuto con suo padre in un piccolo appezzamento di terra in mezzo al ghetto che con ostinazione chiamano “fattoria” e a suo dire le angurie, l’erba e i satsumi che coltiva lui sono i migliori che gli abitanti del ghetto abbiano mai assaggiato. Suo padre, un ubriaco sentimentale pieno di orgoglio, di gin e di limonata, uno studioso di scienze sociali, lo sottopone sin da piccolo a discutibili esperimenti per portare avanti i suoi studi psicologici sulla razza, non era il suo bambino, racconta, ma la sua Anna Freud, il suo piccolo caso di studio. Un uomo noto alla comunità di Dickens come l’ Uomo che sussurrava ai negri perché quando qualcuno impazziva o voleva togliersi la vita lui gli sussurrava cose in grado di farli riacquistare la ragione; la sua voce rilassava chiunque fosse in preda all’ira.
Alla sua morte, avvenuta per mano della polizia durante una sparatoria, lascia al figlio la fattoria, un grande vuoto, un’educazione “di merda” e il compito di “sussurratore” senza, però, possederne il dono. A peggiorare la situazione c’è la cancellazione del ghetto dalle mappe: scomparso, sparito, nessun cartello, nessuna indicazione, ma cosa è successo? “Bonbon” si mette quindi in testa che Dickens e tutta la comunità devono riconquistare l’identità perduta e si fa carico dell’impresa. Ad affiancarlo c’è un vecchietto, anche lui di colore, che si auto-proclama il suo schiavo, che ama farsi dare ordini senza, tuttavia, eseguirli, convintissimo e contentissimo di perdere la sua libertà: è Hominy Jenkins, interprete ormai invecchiato e caduto in disgrazia di una delle Simpatiche canaglie.
Il loro piano per riportare in vita Dickens prevede l’impensabile: ripristinare la schiavitù e la segregazione razziale.
Approfondimento
La prima cosa che mi viene in mente dopo la lettura di questo romanzo è che non è una lettura facile. È una satira tagliente, cinica e feroce e le pagine sono piene di rimandi alla cultura americana troppo lontani per noi europei: personaggi televisivi, politici, cibi, bevande, catene di negozi, film, cantanti, romanzi… tutto è ben radicato nella cultura americana. È difficile stare dietro ai lunghi monologhi cercando di capire e dare un volto o un’immagine a ogni cosa citata o elencata. Eppure, ogni volta che ci si perde, ci si ritrova sempre e si capisce sempre quali sono le intenzioni. Vincitore del Man Booker Prize 2016, Lo schiavista va ben oltre la denuncia sociale contro il razzismo e la schiavitù e nella sua originalità si allontana da molti romanzi sullo stesso tema.
Trovo geniale la paradossale scelta del protagonista di ripristinare la segregazione razziale e la schiavitù per ottenere proprio il risultato opposto. Una scelta profonda che fa pensare e anche ridere perché proprio per la sua assurdità genera situazioni comiche.
A tratti serio e a tratti esilarate, Paul Beatty affronta il razzismo, tema sempre attuale e da non sottovalutare e il fatto che abbia vinto un premio letterario di tale importanza dimostra che ha raggiunto il suo obiettivo, per lo meno in ambito letterario.
Carmela Di Stasi