
Autore: Simone Giorgi
Pubblicato da Einaudi - Gennaio 2016
Pagine: 240 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Stile libero big

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Una famiglia come tante, all’apparenza. Una famiglia come poche, sempre all’apparenza. Sotto un velo impercettibile traspare una realtà ben diversa di quella che si vuole far credere, dove gli equilibri familiari spesse volte sono in bilico tra la resistenza o la caduta finale.

I vetri sono come le famiglie, anche quelle felici, che solo a uno sguardo esterno sembrano uguali.
La famiglia romana Stella conduce una vita piuttosto normale. Matteo, il capofamiglia, è un uomo mite, indulgente, predisposto al dialogo e alla comprensione, un padre che può essere definito moderno. Anna, moglie e madre, è una gran lavoratrice molto indipendente e dal carattere forte, con un’idea genitoriale basata più sul “pugno di ferro”. Eleonora, la figlia maggiore, ha un’adorazione verso il padre, e infine Stefano, il figlio minore, adolescente ribelle e con un’avversione verso Matteo.
Gli Stella sembrano all’apparenza una famiglia unita, ma in realtà questa unione è solo un lato della medaglia. Matteo fantastica che tutto possa andare bene e che la sua famiglia possa essere sempre felice ed unita. Ripercorre il ridente passato ricordando i momenti sereni che tutti e quattro hanno trascorso: i bambini piccoli e le loro marachelle, le serate a guardare film sul divano, le uscite pomeridiane al parco. Tutto però è cambiato: Eleonora e Stefano ormai sono grandi, hanno le loro esigenze e quel rapporto stretto che un genitore ha con un figlio si è trasformato. Anche il rapporto con Anna è cambiato negli anni, sebbene Matteo sappia del passato della moglie, le sta accanto e continua ad amarla.
Che altro puoi fare, mentre sconti la dannazione di vivere, se non costruirti l’idea che una vita diversa esista? E allora non ti resta che immaginarla nel futuro, o nel passato.
I rapporti della famiglia Stella sono molto fragili perché piccole crepe si insinuano creano l’immagine di un equilibrio familiare che solo all’apparenza può risultare stabile, quando in realtà si muove sul filo di un rasoio.
L’ultima famiglia felice è un romanzo veritiero: non c’è pomposità o esagerazione, quello che viene narrato è la storia di una famiglia normale, con problemi reali dove ogni equilibrio può crollare in qualsiasi momento.
Mi è piaciuto principalmente perché quello che leggiamo è la normalità: tutti sogniamo la famiglia del Mulino Bianco ma la realtà è ben lontana da quell’ideale stereotipato che sin da bambini abbiamo immaginato. I problemi, le vicissitudini, le persone fanno sì che non sempre la vita sia come la vorremmo e che la famiglia, intesa come relazione e interazione con l’altro, non sia sempre facile e nessun rapporto è sempre idilliaco.
L’ultima famiglia felice è un libro interessante perché parla del “vero” e non dà una visione fittizia e surreale. È come se ne facessimo parte anche noi, perché siamo un po’ tutti in realtà membri della famiglia Stella, chi per alcuni motivi e chi per altri.
Nessuna famiglia è felice, inteso nel senso più ampio e generale del termine, ma con le sue complessità ogni famiglia è felice a modo suo.
Approfondimento
L’ultima famiglia felice è un romanzo che mi azzardo a definire corale: non c’è un solo narratore ma sono tutti narratori, ogni protagonista si racconta attraverso i propri pensieri e vicende. È un romanzo molto introspettivo poiché gioca molto sulla psicologia, seppur superficiale, dei personaggi. Attraverso i loro pensieri si capiscono i caratteri e le personalità dei quattro membri Stella e non si basa semplicemente nel ricordare il passato, ma è un interrogarsi su ciò che è stato e quello che potrà essere.
Nonostante abbia trovato L’ultima famiglia felice un romanzo interessante e piacevole, in realtà Simone Giorgi avrebbe potuto sfruttare ancor di più il suo potenziale: forse giocando sul piano psicologico, approfondendo maggiormente alcuni passaggi e tematiche avrebbero reso la trama molto più forte.
Definirei L’ultima famiglia felice elegantemente “banale”, perché dal punto di vista stilistico è ben fatto, è scorrevole e si legge in breve tempo, ma non mi ha trasmesso quel quid in più da lasciare il segno.
Claudia Capone