
Pubblicato da Neri Pozza - Novembre 2018
Pagine: 251 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Bloom

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«È necessario prendere sul serio l’iridescenza, le sfumature dell’arcobaleno, il luccichio dei tessuti, la formalità più futile della forma sensibile.»
Lux, la luce che pervade l’intero racconto, nei suoi eccessi e difetti, nel suo modo di riempire le cose, nel suo modo di svelare e nascondere, in un gioco di opposti che si chiamano, dai contorni indefiniti e decisi a un tempo.
«Non so spiegarglielo di preciso. Non è affatto qualcosa di preciso, a dire il vero. Anzi, tutto l’opposto. Ma ecco, per dirne una, mia madre avrebbe trovato delizioso essere qui adesso. E credeva che le cose deliziose, in un modo o nell’altro, avrebbero salvato il mondo… tutto quello che faceva aveva a che fare con una sghemba, timida idea di bellezza, di fedeltà a cose minuscole e apparentemente inutili.»
Le cose, baciate dalla luce abbagliante del sud Italia, le cose che “vivono” in Lux sono oggetti senza tempo e inutili. Nella loro semplicità si mostrano e popolano la narrazione testimoniando la presenza di un mondo altro, irreale, parallelo al nostro, dove la nostalgia del passato è il punto focale. La realtà è sempre in bilico, sospesa tra gli opposti e continuamente in equilibrio, pronta a “cadere” da una parte o dall’altra, ma ferma nella sua ambivalente posizione.

Thomas Edwards, protagonista di Lux, architetto con uno studio di light design, di famiglia anglo-italiana, riceve in eredità, da uno zio materno, un albergo in un’isola del sud Italia, una sorgente di acqua minerale, che si dice abbia miracolose capacità curative, e una piccola piantagione di baobab.
Thomas parte alla volta dell’Italia insieme alla fidanzata, Ottie, e al figlio di lei, Martin, per vendere la proprietà.
Dell’isola in cui si recano non sappiamo nemmeno il nome, solo che è piccola e che si trova vicina a un’altra isola chiamata, dagli abitanti, Isola Grande, in una sorta di tentativo di distinzione dall’altra. Sull’isola, oltre all’hotel si trova un vulcano inattivo e la tipica macchia mediterranea.
Al centro si trova l’Hotel Zelda, una pensione che ha un fascino indecifrabile, nonostante sia ormai decaduta sia nella sua architettura che nella sua importanza.
Allo Zelda si incontrano una serie di personaggi bizzarri: Bembo, un ragazzino che guida l’autobus che accompagna i turisti all’hotel; Gero, il custode, uomo trasandato in bilico tra egocentrismo e apatia; Agave, una prostituta, avanti con l’età, allegra e rotonda; Guglielmo Gandini, scrittore milanese e snob che ha preso l’abitudine, da sempre, di passare due settimane all’hotel, rigorosamente in bassa stagione; Olivia Lubic, una biologa di Trieste, incinta di sette mesi, sul luogo per studiare le acque della sorgente, perennemente circospetta e dal portamento indifeso che ispira nel protagonista un senso di protezione irrefrenabile.
In un fine settimana, tra questi personaggi si sviluppa il racconto in cui i sentimenti espressi rimangono fievoli, smorzati, come se tutto non riuscisse ad andare oltre il limite fisico, come qualcosa di inespresso, di continuamente non detto.
L’interiorità si esplica all’esterno: negli oggetti, nel clima, nelle particolarità delle cose. L’intimità e la riflessione si trovano così prigionieri nelle cose trasfigurandole, trasformandole in sostanza ed essenza del mondo.
Concentrandosi sui dettagli l’uomo crea connessioni orizzontali, tra sé e gli altri, e connessioni verticali, comprendendo meglio la propria storia personale. Nelle descrizioni, numerose nel testo, la precisione degli eventi determina destini che, a un primo sguardo, possono sembrare offuscati ma che, in realtà, si completano con esattezza.
Approfondimento
Eleonora Marangoni, la giovane autrice del romanzo, finalista al Premio Strega, riesce a immergerci in un’atmosfera avvolgente e quasi soprannaturale. Con una scrittura al tempo nostalgica e meticolosa, ricercata e cristallina, ci fa planare nel mezzo della magia che la realtà di tutti i giorni contiene e che può essere vista solo con gli occhi dell’anima. Un grandissimo plauso alla capacità della scrittrice di tenere viva l’attenzione del lettore perché non lascia comprendere dove e come terminerà questo poetico viaggio nelle cose. Romanzo elegante e vivido come le migliaia di sfumature della luce.
Vi basta arrivare lì per capire che non c’era un posto migliore in cui tutta quella roba potesse finire, o continuare, visto che la fine non ha fine, e allora tanto vale scrivere un nuovo inizio.
Genny Podda