
Autore: Dominique Lapierre, Javier Moro
Pubblicato da Mondadori - Marzo 2003
Pagine: 380 - Genere: Romanzo di formazione
Formato disponibile: Brossura
Collana: Oscar bestsellers

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Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1984 dalla “bella fabbrica” della Union Carbide a Bhopal si sprigionano quarantadue tonnellate d’isocianato di metile. Il gas mortale viene spinto dal vento verso la bidonville vici-na dove per gli abitanti ignari comincia l’inferno.

Perché e come si è potuto verificare un evento così tragico? Chi l’ha determinato, chi ha materialmente agito, chi ne ha subito le conseguenze e chi in definitiva ne ha tratto vantaggio.
Un’indagine durata due anni e che ha portato Dominique Lapierre e Javier Moro a scrivere Mezzanotte e cinque a Bhopal, questo intenso e sconvolgente romanzo-inchiesta narrato attraverso gli occhi degli abitanti dell’Orya Basti, la bidonville di Bhopal, dove Padmini si trasferì con la sua famiglia dalle campagne dell’Orissa in cerca di migliori condizioni di vita.
Qui, nella capitale dello stato del Madhya Pradesh, negli anni ’70, l’azienda chimica Union Carbide era riuscita, scavalcando il nazionalismo di stampo sovietico indiano, a costruire un impianto di produzione e distribuzione di diserbanti sfruttando la manodopera locale. L’impianto dell’industria chimica rappresentò un vero sogno per tutti gli abitanti di Bhopal, i quali poterono finalmente ottenere un lavoro ben retribuito e sperare di sfuggire alla fame e alla povertà. Anche la giovane Padmini non fu più costretta a fare l’elemosina sui treni che passavano accanto alla bidonville o raccogliere i rifiuti che i pendolari gettavano dai finestrini dei treni.
Gli illustri economisti e ingegneri della multinazionale americana non avevano tuttavia fatto i conti con la disastrosa situazione economica indiana e l’impreparazione della popolazione locale nel maneggiare sostanze chimiche altamente pericolose.
Il fallimento dell’impresa, dopo appena un decennio dalla sua apertura, non significò la totale eliminazione del pericolo dalle terre di Bhopal: tonnellate del cosiddetto MIC, il metil-isocianato prodotto nella fabbrica, rimasero abbandonate all’interno dello stabilimento con l’enorme rischio di fuoriuscita di gas.
Con la totale convinzione che lasciata improduttiva non rappresentasse un pericolo, la “bella fabbrica” venne abbandonata al degrado ed anche i sistemi di sicurezza vennero disattivati. Al suo interno rimasero in servizio pochi operai per controllare le cisterne non completamente svuotate.
Nella notte fra il 2 e il 3 dicembre 1984, un precedente danno alle tubature provocò l’allagamento di una delle cisterne dove il MIC era stato abbandonato. In caso di reazione ad alte temperature, il MIC si può scomporre in diversi gas tossici tra cui l’acido cianidrico, lo stesso componente gassoso con cui in America vengono asfissiati i condannati a morte.
In quella notte i venti spinsero la nube tossica verso la vicina bidonville sorprendendo centinaia di persone nel sonno all’interno delle proprie baracche oppure nel bel mezzo di alcuni festeggiamenti religiosi tipici in quel periodo dell’anno. Anche Padmini quella notte festeggiava il suo matrimonio con Dilip, protetta dal dio Jagannath, incarnazione di Vishnu e venerata dagli adivasi dell’Orissa nello stesso giorno.
All’ospedale di Hamidia si trascinarono centinaia di sopravvissuti chiedendo aiuto per respirare e smettere di vomitare le sostanze schiumose causate dalle inalazioni tossiche. Molti infermieri e medici trovarono la morte respirando gli stessi fumi di cui erano impregnati i vestiti, i capelli e le barbe delle vittime.
I vertici della Union Carbide si rifiutarono di divulgare quali sostanze tossiche erano presenti nella nube e permettere quindi ai medici di somministrare antidoti in grado di dare sollievo agli sventurati. I medici dell’obitorio, grazie alle biopsie effettuate su alcuni dei cadaveri, riuscirono a isolare l’acido cianidrico e a individuare l’antidoto in grado di aiutare i sopravvissuti all’intossicazione. Tuttavia, non vennero presi in considerazione dai medici perplessi per una tale atroce possibilità. Come poteva essere presente in città una fabbrica con un così elevato rischio di morte in caso di incidente? E come era possibile che nessuno ne fosse a conoscenza?
A oggi si ritiene che i gas della Union Carbide di Bhopal abbiano causato tra i sedicimila e i trentamila morti. In quella notte morirono intere famiglie che nessuno rivendicò mai. Bambini, anziani, donne e uomini si svegliarono nel cuore della notte con senso di soffocamento e bruciore agli occhi.
Approfondimento
La grande azienda produttrice americana non si è mai assunta la minima responsabilità dell’accaduto e non ha neppure fornito spiegazioni alle autorità sanitarie locali su come cercare di fermare gli effetti collaterali dovuti all’esposizione da MIC tanto che oggi, dopo più di vent’anni dall’accaduto, non si è potuto studiare un protocollo terapeutico adeguato. Qualsiasi trattamento procura solo un semplice e temporaneo sollievo.
La Union Carbide non ha mai subito processi per la tragedia di Bhopal. Nemmeno le autorità indiane si sono preoccupate di cercare giustizia per la popolazione ferita e colpita da danni alla salute incurabili; solo dopo 8 anni un tribunale indiano ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Warren Anderson, ex direttore della Union Carbide.
Un libro avvincente, scritto in modo scorrevole e narrato attraverso gli occhi della gente comune che aveva ingenuamente sperato che la “bella fabbrica” avrebbe potuto incarnare i sogni di prosperità e benessere dei bhopalesi.
In Mezzanotte e cinque a Bhopal, tradizioni e costumi del popolo indiano si fondono con il racconto sconvolgente sul disastro dell’industria chimica più pericolosa al mondo e il cui incidente non ha ancora esaurito le sue terribili conseguenze sulla salute della popolazione locale e sull’ambiente circostante.
Cristina Ciambella