Autore: Ignazio Tarantino
Pubblicato da Longanesi - 2013
Pagine: 300 - Genere: Racconti
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: La Gaja scienza
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Per una scelta non sua, Giuliano si troverà a vivere combattuto tra il desiderio di assecondare le imposizioni e le manie religiose di una madre sempre più ossessionata dal peccato e il tormento che gli procura una vita di privazioni.
Sto bene. É solo la fine del mondo di Ignazio Tarantino presenta due protagonisti principali che s’incontrano, si scontrano e infine si perdono in un elettrico rapporto di attrazione/repulsione. Il primo è Giulio, un ragazzino che vive con i suoi quattro fratelli in una famiglia tiranneggiata da un padre spesso ubriaco che picchia e maltratta la propria moglie. La seconda protagonista – ma non meno importante – è la Società. Per “Società” si intende una comunità di uomini, donne e bambini accomunati dallo stesso credo religioso e dunque da una fede incrollabile che li porta a confidare nella fine del mondo per poi sperare nell’avvento di un mondo migliore.
Quando due Sorelle Spirituali della Società bussano per la prima volta alla porta di Giulio, lui è ancora un bambino, sua madre ha un livido sospetto sulla guancia e il Cuore di Gesù è ancora sul muro. La madre di Giulio, pur essendo cattolica, accoglie ugualmente nella sua casa le due Sorelle e, dopo qualche tempo, inizia a vedere in quei libri colorati e nei volantini una nuova speranza di salvezza. Così, il passaggio dal Cuore di Gesù alle gonnellone e ai nuovi testi sacri è breve. Da questo momento in poi il mondo finisce davvero, ma solo per Giulio. Crolla l’universo da lui conosciuto e, improvvisamente, non può più correre in strada e giocare coi compagni di classe perché sono “infedeli” e non può neppure festeggiare il Natale o un semplice compleanno. L’infanzia, ossia il periodo più allegro e colorato dell’esistenza umana, diventa per il protagonista un continuo tormentarsi su ciò che sia lecito o meno fare, sulle persone da frequentare, su quelle da evitare. La madre e le sorelle, sempre più prese dalla loro fede (per non dire invasate) si aspettano da lui il massimo rispetto della Società e delle sue leggi e Giulio, pur tra mille dubbi, accetta. Divenuto ormai ragazzo, Giulio dovrà affrontare il più arduo dei compiti: respingere, per rimanere fedele alla Società, l’amore di Sara, l’unica “infedele” che ha accettato la sua diversità per essere al suo fianco, nonostante tutto.
Ciò che è davvero pregevole, in questo romanzo, è l’approfondimento psicologico dei personaggi. Anche quando l’autore sceglie di non spendere troppe parole in merito (è il caso dei fratelli Lorenzo e Maria), il lettore è ugualmente in grado di cogliere le sfumature del loro carattere, i loro dubbi più profondi, il tormento interiore. Tutti i personaggi, anche i secondari, sono perfettamente inquadrati nel loro contesto e ognuno contribuisce ad arricchire (ma anche impoverire, in molti casi) la vita del protagonista.
Profondo è il senso di denuncia che traspare da queste pagine. Infatti, benché l’autore non indichi mai espressamente il tipo di religione di cui si parla, offre ugualmente al lettore un’aspra critica di quelle sette che sottraggono al credente la libertà di esprimersi, esplorare, conoscere, amare. Il messaggio è chiaro: nessuno, neppure una madre sofferente e stanca, ha il diritto di imporre alla propria famiglia un credo religioso né, tantomeno, di sottrarre ai propri figli la gioia incosciente dell’infanzia.
Passando agli aspetti negativi del romanzo, devo ammettere di non aver apprezzato la prima metà del libro che mi è sembrata molto lenta. La metafora esatta è quella del decollo: per un centinaio di pagine, il libro viaggia in piano senza mai staccarsi dalla pista e il lettore inizia a chiedersi quale sia il punto finché poi, improvvisamente, non decolla (un po’ tardi, ma decolla).
Lo stile è fresco, pungente, velato di un’ironia che non guasta e che aggiunge sale al romanzo. Considerando che la storia narrata trae ispirazione da una storia vera e che l’autore è al suo esordio letterario, non posso che consigliare questo libro malgrado i suoi piccoli difetti. Ignazio Tarantino, trentanove anni, pugliese, ha molto in comune con Giulio: l’incubo soffocante del proprio credo religioso, i dubbi, il travaglio interiore del non saper più distinguere il giusto dallo sbagliato e, soprattutto, il dolore del dover abbandonare la propria famiglia per ordine di una setta. Tarantino ci racconta tutto questo e ci invita a tenere gli occhi aperti: tollerare sì, credere anche, ma vigilare sempre e comunque, perché nessun dio potrebbe mai chiederci di non amare, di rinnegare la nostra famiglia e, ciò che è ancor più grave, di rinnegare noi stessi.