
Autore: Rosalie Ham
Pubblicato da Mondadori - Aprile 2016
Pagine: 260 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Omnibus

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Una donna venuta da lontano con un passato avvolto nel mistero, una comunità chiusa nell'invidia e nel sospetto che sta alla finestra in attesa di qualcosa di nuovo su cui spettegolare. Il tutto avvolto in metri e metri di stoffe e pizzi pregiati.

Rosalie Ham in The dressmaker ci accompagna a fare un giro turistico della piccola cittadina australiana di Dungatar, tranquilla e isolata, nascosta tra i campi di grano dove è quasi impossibile incontrare un volto sconosciuto. Per questo motivo, quando una notte d’inverno dal bus che si ferma regolarmente in città scende qualcuno carico di valigie e con un grande baule con su scritto SINGER, il sergente del paese chiede perplesso: «Un passeggero?!»
La forestiera Myrtle Dunnage (Tilly) torna a Dungatar dopo tanti anni di assenza, durante i quali ha girato il mondo e ha imparato l’arte del cucito, lasciando nel mistero il motivo che l’ha costretta ad allontanarsi da casa. Torna per prendersi cura della madre anziana e malata che pian piano si abitua alla presenza (provvidenziale) della figlia che la accudisce come una bambina sopportando pazientemente il carattere polemico della madre accentuato dalla malattia e dalla solitudine.
Questo è quello che sta alla base dell’esistenza delle due donne per buona parte del libro, la solitudine, alla quale sono relegate più moralmente che fisicamente dal resto del paese, una considerata pazza, l’altra con un passato da nascondere e condannare; dalla loro casetta in collina le due donne osservano dall’esterno la vita del paese…
Non c’è niente di giusto o di sbagliato, lo diventa quando pensi che sia così.
Nella prima parte di The dressmaker le vicende della protagonista sono diluite dalla descrizione dei personaggi secondari, dalle nevrosi del farmacista, che in frigo ha un rimedio per qualsiasi male, ai discutibili gusti in fatto di abbigliamento del sergente, dalla dettagliata descrizione fisica delle donne del paese, sovrappeso, rozze, pronte a giudicare chiunque con malizia e malignità, soprattutto la nuova arrivata, che, al contrario, ha un portamento elegante e una pelle d’alabastro.
All’incirca a metà della storia le cose (finalmente) iniziano a cambiare, quando Tilly si presenta a una corsa di cavalli sfilando sulle tribune davanti le sbigottite donne del paese con indosso la sua ultima creazione un abito di seta color ametista che valorizza la sua figura. Le donne strette a gruppetti guardano i loro semplici e castigati abiti e i cappelli con la veletta, e lì qualcosa cambia, quando una di loro, ingoiato il proprio orgoglio in onore della possibilità di essere più bella delle altre, avvicina Tilly per chiedere di cucirle un abito all’ultima moda. Da quel momento Tilly viene sommersa da un via vai di signore bisognose di rinnovare il proprio guardaroba, soddisfatte di poter girare per casa con vestaglie preziose di chiffon di seta ed uscire fasciate in pantaloni stretti di velluto.
Tilly inizia così a creare intere collezioni per gli abitanti del paese, costretti ad avvicinarla, a frequentare la sua casa, a essere amichevoli e disponibili ignorando il passato. Ma sarà effettivamente tutto dimenticato?
Il destino però si diverte a perseguitare Tilly, proprio quando intravede la serenità e l’amore viene inghiottita nuovamente nell’unica vita che conosce, una sorta di penitenza da donna maledetta che deve espiare le colpe altrui.
Approfondimento
Visti i pettegolezzi che circolano sulla protagonista ci si aspetterebbe qualche stravaganza o sregolatezza che possa giustificare tanto parlare, l’accanimento nei suoi confronti e la sua totale rassegnazione sembrano ovviamente una grande ingiustizia, la donna vestita di rosso che vediamo sulla copertina di The dressmaker lascia immaginare una protagonista aggressiva e spregiudicata, invece è una donna riflessiva e rassegnata.
Penso che The dressmaker sia scritto bene, alle spalle c’è un lavoro di ricerca vista la minuziosità usata da Rosalie Ham per raccontare episodi di vita quotidiana. Di contro è anche vero che si sarebbero potute risparmiare al lettore almeno un centinaio di pagine superflue: avrei gradito che fosse riservato alla figura di Tilly lo stesso impegno dedicato agli altri protagonisti. Impressiona il modo sbrigativo con il quale vengono narrati i fatti che la riguardano direttamente quando vive il suo unico momento di felicità, invece il lettore passa velocemente dal senso di sollievo, perché si intravede all’orizzonte un po’ di giustizia, alla rabbia incredula per l’ennesima disgrazia che si riesce solo ad intuire.
Voglio dare una possibilità a questo romanzo nonostante la storia sia tirata troppo per le lunghe e ci si distrae facilmente nel ricordare tutti i protagonisti e i vari intrecci familiari nella storia. È stato facile affezionarsi a Tilly e alla sua stramba madre (meno pazza di quello che sembra). Prendendo a cuore la loro storia sfortunata, non mancano battute a volte ironiche, qualche colpo di scena e un finale inaspettato.
Graziana Mattei