
Autore: Ben Lerner
Pubblicato da Sellerio - Marzo 2020
Pagine: 375 - Genere: Romanzo di formazione
Formato disponibile: Brossura
Collana: Il contesto
ISBN: 9788838940538

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Un romanzo di formazione che parla di adolescenza e di famiglia, di integrazione e di trasgressione. Una descrizione analitica dei fallimenti e dei successi di un giovane studente, abile nell’utilizzare le parole come fossero armi. Una lettura estremamente complessa e rappresentativa, con largo anticipo, dell’epoca americana del presidente Donald Trump.

Quattro ore dopo la sveglia lo strappò al sonno. Ancora mezzo addormentato, si fece una doccia e indossò il completo nero che aveva comperato con la madre a West Ridge. Si mise una delle due cravatte di suo padre. Salì in macchina e fece il breve tratto di strada fino alla Topeka High School, parcheggiando a fianco dei suoi coach, Spears e Mulroney, che stavano consultando una mappa stradale; alla luce del lampione si vedeva il fiato che gli usciva di bocca.
Topeka school, il terzo romanzo di Ben Lerner, poeta e romanziere americano considerato uno dei maggiori autori della sua generazione, racconta le avventure e i turbamenti di un giovane, Adam Gordon, liceale di Topeka, nel Kansas, verso la metà degli anni Novanta dello scorso secolo.
Adam Gordon non è un nome nuovo per i lettori di Lerner: è già apparso nel precedente lavoro dell’autore – Un uomo di passaggio – e, in quell’occasione, aveva appena vinto una borsa di studio e viveva a Madrid dove, tra pesanti ubriacature e ansiolitici, girovagava senza meta per la città, soffermandosi di tanto in tanto ad ammirarne le varie opere d’arte.
In Topeka school, Lerner presenta i pensieri di Adam, che sono in realtà i pensieri di Lerner stesso, e quelli dei suoi genitori, Jonathan e Jane, brillanti psichiatri originari di New York e trasferiti in Kansas per poter lavorare presso un istituto psichiatrico davvero all’avanguardia.
Il nostro piano era finire i due anni di borsa di studio e tornarcene a New York, ma facemmo amicizia con Eric e Sima, due transfughi di Berkeley, e poi di Topeka ci piaceva l’assenza di esclusività, il cielo senza ostacoli; guardavamo i temporali insieme sulla veranda che correva tutto intorno alla nostra casa vittoriana, comprata senza dover chiedere un centesimo a mio padre.
Per Adam, invece, Topeka è “un posto fuori di testa, pieno di metanfetamine e ragazzi bianchi annoiati e con le pistole” che non può che scatenare nel giovane, campione di dibattito all’interno della suola che frequenta, un profondo dissidio tra l’educazione borghese ricevuta dai genitori e l’ambiente che lo circonda, fatto di violenza e rozzezza.
Topeka school è un romanzo di formazione di un intellettuale, giunto alla fase finale del suo periodo adolescenziale, che si pone interrogativi sul senso della scrittura e sulla letteratura in generale; le scene che si susseguono nel romanzo sono spesso presentate in ordine casuale, come se tutto il testo altro non fosse che una lunga seduta analitica, che si dipana tra diverse problematiche, che vanno dall’omofobia al bullismo, passando attraverso i rituali ripetuti di ogni quotidianità.
Approfondimento
Al centro di questo complesso romanzo, di non semplice lettura, si cela- attraverso la figura di Adam- l’adolescenza dello scrittore stesso:
Uno di loro, quando la storia riprenderà il suo cammino, diventerà uno dei principali architetti del governatorato più a destra che il Kansas abbia mai conosciuto, operando tagli radicali ai servizi sociali e all’istruzione…
Il pubblico che Lerner è riuscito a catturare con i suoi precedenti lavori è un pubblico abituato a leggere non-fiction, categoria all’interno della quale si può porre anche questo lavoro, splendidamente tradotto da Martina Testa, che non è altro, in ultima analisi, della fotografia dell’America di Trump ante-litteram. Non a caso la traduttrice, bravissima, arricchisce di quando in quando il testo con diverse note, che fotografano episodi di politica e costume alquanto significativi.
Il messaggio ultimo di Lerner, che descrive tra le righe lo stato di salute dell’America, vede il linguaggio come unico antidoto alla deriva subita dalla sua nazione ed è abilissimo nel dimostrare la sua teoria attraverso la storia dei singolari protagonisti di un piccolo microcosmo di provincia.