
Autore: Manfred Spitzer
Pubblicato da Corbaccio - Agosto 2016
Pagine: 428 - Genere: Saggi
Formato disponibile: Brossura
Collana: I libri del benessere

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Molti ragazzi di oggi hanno smesso di apprezzare il mondo che li circonda, prigionieri come sono di quello virtuale che li sta lentamente rendendo schiavi con le sue molteplici e miscellanee forme di attrazione. Ma è davvero una situazione così grave? La dipendenza digitale è realmente il sintomo di un disagio di massa che deve essere curato o si tratta semplicemente di una tendenza giovanile? In “Solitudine digitale”, Manfred Spitzer ci offre, dati alla mano, una visione ben definita del problema.

La digitalizzazione della nostra vita quotidiana progredisce a ritmi vertiginosi e non sempre questo costituisce un vantaggio. Se per rispondere a qualunque domanda ormai attingiamo al nostro smartphone, indifferenti che le nostre tracce siano registrate, memorizzate e analizzate nelle banche dati per poi essere interpretate, vendute e usate indebitamente, vuol dire che non riusciamo più a fare a meno delle tecnologie digitali, che ne siamo dipendenti.
Da quindici anni a questa parte i problemi legati a un uso tutt’altro che sano di computer, videogiochi, televisione, ecc. si stanno facendo sempre più gravi e frequenti. A Manfred Spitzer, psicologo, neuropsichiatra e insegnante tedesco, è sembrato perciò d’uopo cercare di apportare il suo modesto contributo alla lotta contro le “diavolerie tecnologiche” con il suo libro Solitudine digitale.
Il testo propone dati, statistiche ed esempi di come le nuove tecnologie di massa abbiano influenzato negativamente, e continuino a farlo, le vite di svariati milioni di adolescenti. Mettendoci in guardia dall’abusarne con un incessante monito, Spitzer cerca di far luce sui lati oscuri dei mezzi di comunicazione di massa e degli schermi a cui siamo talmente attaccati da non riuscire ad allontanarci. Attraverso un accurato studio sui fenomeni delle dipendenze, dei Big Data e del cosiddetto cyberstress, dipinge un panorama piuttosto tetro del nostro avvenire, soffermandosi particolarmente sulle condizioni attuali e prevedendo quelle future di generazioni di ragazzi tedeschi, quelle che, durante i suoi studi e il suo lavoro come insegnante, ha avuto modo di conoscere.
Approfondimento
In Solitudine digitale, Manfred Spitzer ci offre uno scorcio preoccupante (forse troppo) degli effetti negativi che il mondo digitale sta avendo, da una quindicina di anni a questa parte, sulla vita delle persone, in particolar modo su bambini e adolescenti. Benché estremamente professionale nell’esposizione concisa e metodica delle sue argomentazioni, infatti, Spitzer si lascia soverchiare da un certo senso di pessimismo esistenzialista, con vene malinconiche che a tratti richiamano la tragicità del conterraneo Goethe e, nelle rare escursioni filosofiche che si concede, il senso di angoscia e impotenza che riesce a trasmettere ben si rifanno alle tradizioni schopenaueriane e kierkegaardiane.
È sacrosanto affermare che vi sia la necessità di un certo autocontrollo nello stare a contatto con computer e affini, ma sparare a zero su qualsiasi strumento tecnologico è decisamente esagerato, soprattutto perché il libro nel quale si compie tale operazione è stato scritto da un computer, usando dati raccolti mediante un computer.
(Per coloro che volessero saperlo, sì, anche questa recensione è stata scritta mediante l’ausilio di un computer. Nonostante ciò, l’autore della suddetta non ha subito effetti collaterali, è ancora vivo e spera di rimanerlo a lungo in barba alle funeste previsioni dell’esimio signor Spitzer).
Una delle caratteristiche fondamentali della dipendenza è che chi ne soffre è consapevole delle conseguenze negative prodotte dal consumo di sostanze che la generano. Per fare un esempio: tutti i fumatori sanno che fumare nuoce alla salute. Anche nella sperimentazione animale sono state fatte ricerche a riguardo. Per esempio, è stato insegnato ai topi ad aver paura dell’accensione di una lampada, somministrando all’animale una piccola ma dolorosa scossa elettrica ogni qualvolta venisse accesa una lampada. I topi apprendono la relazione tra luce e scossa e dopo un certo periodo reagiscono con paura anche solo alla luce della lampada. Se si mette del cibo sotto la lampada accesa, gli animali non lo mangiano perché la paura è più forte della fame. Si è constatato però che se sotto la lampada si pone una sostanza che crea dipendenza, essa ha un potere più forte della paura della lampada: la dipendenza batte la paura!
Andrea Margutti