Un primo libro pubblicato in Spagna in sordina nel 2001, senza particolari speranze di successo, ma che in pochissimo tempo si è rivelato un best seller da 8 milioni di copie nel mondo. Questo è stato L’ombra del vento, il primo libro della trilogia del Cimitero dei Libri Dimenticati, seguito da Il gioco dell’angelo (2008) e conclusosi con Il prigioniero del cielo (2011). Ma a quanto pare Zafón non aveva ancora finito: non era una trilogia, bensì una tetralogia. Zafón aveva in mente l’inizio e la fine della sua storia, ma il viaggio che lo ha portato da un punto all’altro non ci poteva proprio stare in un libro solo. E a quindici anni dall’uscita del primo volume, ci trasporta di nuovo nella sua Barcellona anni Cinquanta con Il labirinto degli spiriti, uscito oggi nelle librerie.
Non volevamo farci trovare impreparati, quindi abbiamo deciso di rileggere tutti i primi tre libri della serie, 1256 pagine in totale. Tanto chi ha voglia di uscire di casa il week end quando comincia a fare freddo?!
Dicevamo, si comincia con L’ombra del vento. A metà degli anni Quaranta Daniel, accompagnato dal padre nel cuore della città vecchia di Barcellona, scopre il Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo magico, scaffali su scaffali dove i libri dimenticati dal tempo trovano il loro posto nel mondo per non scomparire del tutto.
«E sai qual è la cosa più bella?»
Scossi la testa in silenzio.
«La tradizione vuole che chi viene qui per la prima volta deve scegliere un libro e adottarlo, impegnandosi a conservarlo per sempre, a mantenerlo vivo. È una grande responsabilità, una promessa» spiegò mio padre. «Oggi tocca a te.»
Daniel si troverà tra le mani un “libro maledetto” che gli aprirà la porta su un labirinto di intrighi che coinvolgono l’autore di quel misterioso libro. Trovare l’uscita sarà l’unico modo per rivedere la luce in quella Barcellona fumosa.
Il gioco dell’angelo torna indietro di qualche anno rispetto al primo volume, catapultandoci negli anni Venti. Qui David Martín si sta torturando l’animo con un desiderio inconfessabile: diventare uno scrittore. Sembra che la fortuna, dopo tante difficoltà, abbia deciso di guardare dalla sua parte, e gli propongono di pubblicare un racconto. Che sia l’inizio di una nuova favola a lieto fine? Forse, o forse no.
Uno scrittore non dimentica mai la prima volta che accetta qualche moneta o un elogio in cambio di una storia. Non dimentica mai la prima volta che avverte nel sangue il dolce veleno della vanità e crede che, se riuscirà a nascondere a tutti la sua mancanza di talento, il sogno della letteratura potrà dargli un tetto sulla testa, un piatto caldo alla fine della giornata e soprattutto quanto più desidera: il suo nome stampato su un miserabile pezzo di carta che vivrà sicuramente più a lungo di lui. Uno scrittore è condannato a ricordare quell’istante, perché a quel punto è già perduto e la sua anima ha ormai un prezzo.
Da quando accetta felice la proposta, domande che non si era mai posto cominciano a circondarlo, e lui non saprà dare una risposta. In una Barcellona allo stesso tempo simile e molto lontana dal volume precedente, Martín accetterà di scrivere un’opera rivoluzionaria per un misterioso editore, ma quella vanità per la quale ha venduto l’anima chiederà il suo prezzo.
Ancora scombussolati per la narrazione frammentata e quasi da folle del secondo libro, ci immergiamo nel terzo, Il prigioniero del cielo, la chiave della tetralogia. Dagli anni Venti si fa un salto in avanti, al 1957. Troviamo quello che una volta era il piccolo Daniel Sampere ormai cresciuto, al lavoro dietro al bancone nella libreria del padre. Un uomo entra e compra una preziosa edizione de Il conte di Montecristo.
«Il signore desidera fare una dedica o scrivere qualche nota personale prima che incarti il libro?»
Il visitatore lo aprì con difficoltà alla pagina del titolo. Notai allora che la sua mano sinistra era posticcia, un pezzo di porcellana dipinta. Tirò fuori una stilografica e scrisse qualche parola. Mi restituì il libro e si girò. Lo guardai zoppicare verso la porta.
«Sarebbe così gentile da indicarmi il nome e l’indirizzo dove desidera farlo consegnare?» domandai.
«È tutto lì» disse senza voltarsi.
Daniel apre il libro e dentro trova la scritta: “Per Fermin Romero de Torres, che è riemerso tra i morti e ha la chiave del futuro”. Comincia allora a scavare nel passato, sulla morte della madre e trova una traccia, un legame che potrebbe intercorrere tra quel triste evento e David Martín, l’autore de Il gioco dell’angelo. Ogni pagina di questo volume si fa sempre più scura e fitta, delle domande non hanno ancora avuto risposta, ma finalmente, dopo anni di attesa, possiamo trovare pace, perché abbiamo tra le mani l’ultimo libro della serie, Il labirinto degli spiriti.
Tutto quello che possiamo dirvi per ora è che la storia va avanti, non ci sono salti temporali: Daniel sta ancora cercando di capire cosa gli sta succedendo, in quale complicato gomitolo di misteri si è andato a incastrare, e fa la sua comparsa Alicia Gris, una specie di fantasma che emerge dalla nebbia di una Barcellona che sente il peso della guerra, e aiuta Daniel a togliere la polvere dalla storia misteriosa della sua famiglia, quella storia che nessuno gli ha mai raccontato fino in fondo.
Arrendetevi quindi, armatevi di viveri, caffè e trovare un posto comodo, lasciatevi andare, perché tanto da Il labirinto degli spiriti non vi stacchereste nemmeno se lo voleste.