Alle volte vorrei non fare la fila per capire le cose. Sopratutto quando le cose non son cose ma persone. A volte vorrei non sbagliare i conti, sopratutto quando i conti son giá stati fatti. A volte sembriamo cosí piccoli che non ci bastiamo mai. Lui e lei dopo una giornata divisi dai rispettivi impegni, si ritrovano a casa. O quella che vorrebbero poter dire casa. La casa, il rifugio, il luogo dove, una volta chiusasi la porta alle spalle, tutto il resto del mondo con i suoi problemi e le sue brutture dovrebbe restar fuori. Ma non è così. Non sempre. Metti il soffritto, la reclame é l´atmosfera, e poi ci si finisce addosso. Ognuno come puó, come sa. Un travasare tutto il brutto, il doloroso, il fastidioso, il negativo che abbiamo subito fuori. Il lavoro, se c’è, o comunque il lavoro anche se non c’è. I figli, ognuno con la rispettiva lista di azioni negative. I vicini, sempre in negativo, i parenti, gli altri automobilisti tutti incapaci e maldestri.
E gli insegnanti dei figli, ovviamente incompetenti. Tutti quelli con cui si è avuto a che fare durante il tempo che la coppia è divisa hanno commesso azioni negative che non si vede l’ora di raccontarsi l’un l’altro. Magari non si fa sempre. Ma ci sono quei giorni che proprio non teniamo tutto dentro. Che quando ascolti non sai se scandalizzarti, se far finta di non capire, se portarsi insofferenti le tragedie quotidiane a letto. Siamo fatti a schiera, come le villette, in questo torniamo uguali, scontati, crudeli, pesanti, prevedibili. Qualcosa non quadra, però. A casa si dovrebbe tornare leggeri a godersi il meritato riposo e le gioie dei propri cari. Non lo facciamo perché prima di rientrare dedichiamo un ritaglio del nostro tempoper star leggeri con degli estranei. Perché lui si è fermato al bar a farsi due risate con gli amici. Perché lei prima che il marito tornasse si è concessa un’allegra chiacchierata con l’amica del cuore. E poi, quando si ritrovano a tu per tu, hanno solo il negativo da raccontarsi.
Ma non é giusto condividere tutto con chi ami? E non é forse vero che abbiamo bisogno che qualcuno ascolti, che ci sopporti, ci incoraggi? L´argomento é controverso. Certo se invece provassimo, se riuscissimo davvero a lasciarlo tutto fuori il brutto?
Se ci sforzassimo di condividere tra le mura domestiche le piccole soddisfazioni? Le cose buffe che abbiamo visto? Le speranze che, inevitabilmente, da qualche parte,riponiamo in noi? Questo forse sarebbe u un modo un tantino meno pesante per vivere e la casa somiglierebbe un po’ più ad un rifugio ed un po’ meno ad un ring. Ma forse questo non sarebbe vero. Sarebbe la pubblicitá della Barilla. Ma casa non é dove c´é Barilla. Casa é anche soffrire insieme. Fino a un certo punto peró. Allora non nascondersi, darsi, ma sentirsi forti o deboli insieme, e come sempre avere equilibrio. Non tutti posso sopportare, capire, sorreggere tutto quindi tanto vale far morire certi dolori in sé. Non mettere sul piatto le frustrazioni davanti ai bambini forse. E poi cercare di rilassarsi, di distendersi stando insieme.
In fondo aspettare di riuscire, é la cosa migliore, Non tutti i nodi si sciolgono all´istante. Guardalo/a negli occhi e abbracciatevi con gli occhi. Avvicinarsi col cuore sará poter dire “casa”.
(da un´idea di Giovanna Caico)