Orwell aveva previsto tutto. Il pericolo di controllo intellettuale e psicologico delle masse. Non sta forse accadendo tramite i social network? Siamo sicuri di leggere notizie vere e di pensare senza condizionamenti sostanziali? Navigando si rischia di annegare nelle bugie della rete, e dei grandi fake. Smartphone e tablet sostituirebbero così agilmente il Grande Fratello. Non postiamo ogni cosa ovunque? Un giorno potrebbe affidare, cedere ad altri il controllo – o forse già è accaduto – della privacy, della libertà. Un futuro non molto lontano ci vede schedati. Poi rubricati, manipolati senza via d’uscita. Ma questo è solo un rischio, una possibilità nefasta. Il vero artefice è l’uomo.
Il comandamento dei dispotismi di una volta era: “Tu non devi!”. Il comandamento dei totalitari era: “Tu devi!. Il nostro è: “Tu sei!”.
Per questo 1984 è un libro pericoloso. E qualcuno aggiungerebbe, dipende da chi lo tiene in mano, e da che uso se ne fa. Il romanzo appartiene al genere distopico e fu pubblicato nel 1949. E pare una scommessa per le generazioni future. Per mostrare ai giovani cos’è accaduto una volta abbassato lo sguardo. Che non si può fingere di non udire le urla. Non insabbiare iniquità di qualsiasi conflitto, della tortura, delle sevizie, dei segni della mano potente che ogni dittatura fende sui deboli. Perciò questo romanzo va letto; chiunque dovrebbe farlo almeno una volta nella vita. Può sedurre, irrigidire, irretire o spaventare. Insomma, è un libro incandescente. Leggerlo con coscienza per aprire gli occhi sul presente che stiamo vivendo. Dal libro è tratta la pellicola cinematografica di Michael Radford (1984), Ecco il trailer di 1984.
Ma perché scriverlo? Una lettera di George Orwell all’amico Noel Willmett (1944) potrebbe illuminare sui motivi che avrebbero spinto lo scrittore a quest’ardua impresa:
Ma nel tipo di mondo che temo possa davvero presentarsi, un mondo con due o tre grandi super-stati che non possono conquistarsi l’un l’altro, la somma di due più due potrebbe diventare cinque, se solo il “führer” lo desiderasse.
(…) Tanto per cominciare, c’è una generale indifferenza al declino della democrazia. Si rende conto, per esempio, che in Inghilterra nessuno sotto i 26 anni può votare e che, per quanto si può vedere, la maggior parte delle persone di quell’età non dà importanza al voto? In secondo luogo, c’è il fatto che gli intellettuali sono molto più inclini al totalitarismo, almeno in prospettiva, rispetto alla gente comune.
Come si legge in una parte della lettera, Orwell temeva che il totalitarismo potesse avverarsi anche in Gran Bretagna, perché soprattutto le fasce più giovani cercavano un fuhrer. Terribile, quest’ipotesi per lo scrittore inglese che opta per “un male minore”, l’imperialismo inglese, che pure aborrisce per abbattere il regime hitleriano. In 1984 si fa densa quasi si potesse toccarla, la certezza di un male introiettato, sentito. L’Olocausto e la melancolia come sua conseguenza, l’orrore assorbito e racchiuso nell’eterno sacrificio che avrebbe portato nel cuore degli uomini l’oscurità, chiudendolo in un sottovuoto, dove non si custodisce che la memoria.
1984 narra due storie. La prima è quella di una distopica, futuristica Oceania – il blocco politico mondiale più potente – in guerra perenne con Eurasia ed Estasia, due potenze rivali che figurano il resto del pianeta. Al vertice del regime c’è il Grande Fratello la cui faccia grossa e i baffoni scuri sui manifesti scoloriscono ogni cromia quotidiana. La sua voce entra nelle case, nelle strade, negli uffici. Gli appartamenti, bassi e logori, sembrano più dei magazzini schiacciati dalle forme bianche piramidali dei palazzi ministeriali. Spesso manca il riscaldamento e la corrente elettrica, i generi alimentari pregiati sono per lo più proibiti. La base ideologica, sorda e malata, del Grande Fratello è il cosiddetto Socing, una sorta di teorizzazione nazifascista-stalinista recuperata in veste oligarchica. Anche il Socing presuppone il controllo delle masse. Tuttavia esso supera il conflitto col passato – nonché il dilemma del futuro – bruciando documenti e tracce, e questo ricorda dolorosamente, e non poco, le camere a gas.
Ogni documento è riscritto, qualsiasi individuo cessa di esistere ed essere esistito dopo la sua morte. Le date sono frutto di un nuovo relativismo storico. Chi può sapere se due più due fa quattro? Chi che la Terra non è al centro dell’Universo? A tenere in scacco il popolo – o popolino si dovrebbe dire – è non tanto l’ignoranza ma l’impossibilità di riconoscere la sanità mentale dalla malattia. Il tempo viene abolito, sotterrato. Successione cronologica in quanto consequenzialità pruriginosa degli eventi, e testimonianza dei fatti, che moltiplicata per sei milioni di persone fa l’inedia psicologica. Di cosa si può nutrire una mente obliata se non di ordini?
I prigionieri politici vengono ridotti a meri corpi ambulanti, svuotati di dignità e depauperati di emozioni vitali. A vigere, la regola del terrore, la guerra è la normalità, il terrore uno strumento del Partito. Persistono alla fine, l’odio e l’indifferenziato. Il Grande Fratello non solo controlla i pensieri della gente, ma ha stilato anche un nuovo vocabolario della Neolingua. L’undicesima edizione in cui una parola può corrispondere a un verbo, un nome e un aggettivo. Una specie di lingua-negazione che elude le tradizioni linguistiche, i prestiti, i neologismi. L’obiettivo è ridurre al minimo il numero dei lemmi, imbavagliando la cavità connotativa del linguaggio verbale. Scompaiono i poeti come Shakespeare, che ritorna a tormentare la mente del protagonista come un baleno di bellezza e nostalgia.
La differenza rispetto ai vecchi totalitarismi, anche se mostruosamente similare al nazismo – la si constata nel controllo della mente e del corpo. Infatti Orwell, nella seconda parte del libro mostra come esso guidi e deformi la sanità mentale degli uomini per cancellare anche le emozioni e i ricordi personali.
In questo modo il singolo non recepisce cosa è giusto, cosa vero o invece falso, tutto è vero e falso insieme, secondo il concetto teorizzato del bipensiero, per cui due più due fa quattro, ma potrebbe fare anche tre o cinque, e grazie al quale l’Oceania è sempre stata in guerra con entrambi i blocchi avversari. Così è annullato l’essere per il Partito (“Se vuoi un’immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto umano in eterno” oppure “I posteri non sapranno nulla di te. Tu sarai cancellato totalmente dal corso della storia. Noi ti vaporizzeremo disperdendoti nella Stratosfera”). La mistificazione dell’io è la sola univoca realtà di 1984. Egli non vive ma respira soltanto, si disperde liquido informe e deformato dal regime. Il sentimento è asportato dal petto. Nemmeno l’unica forza in grado di contrastare, i cosiddetti prolet, bifolchi che esistono senza consapevolezza, riesce a ribaltare lo status quo.
Non esistono cittadini ma sudditi – grazie alla presenza diffusa di teleschermi che scannerizzano i comportamenti delle persone, i loro pensieri, le intenzioni, le voluttà segrete. Basta parlare nel sonno e scatta lo psicoreato. Questo si radica ad un vero processo alle intenzioni (nessuno viene arrestato e processato, si diventa in automatico colpevoli e prigionieri). È sufficiente esprimere un desiderio per rendersi colpevole di cospirazione, di tradimento. E dall’altra parte, c’è lui, l’anarchico convertitore di folle, lui “Goldstein l’apostata”. Si dice in giro che abbia fondato una Confraternita per togliere il potere al Grande Fratello, ma nessuno ha prova materiale di questo. Come un’ombra agisce nel buio. E poi i due minuti d’Odio giornalieri ed obbligatori, il sapone ruvido e nero, il caffè proibito, le bombe razzo sopra le case ottocentesche fatiscenti, i biglietti bruciati, la falsificazione storica come negazionismo, come assenza di oggettività porta gli oceanici alla pazzia. In un macrocosmo in cui tutto è vietato, amare, ribellarsi, costruire una famiglia in cui ognuno ami l’altro, ma anche solo vagare soli per le strade, fumare o bere del vino, le più piccole azioni sono imputabili, pena la morte o la tortura.
Winston Smith nato e cresciuto a Londra, in Oceania – eroe o antieroe del libro – impiegato nel Ministero della Verità, vive da solo in un appartamento lurido, mangia quando capita una zuppa, o qualsiasi cosa vi rassomigli beve gin e saccarina. Non ha hobbies, né amici o parenti. È un uomo solo nel 1984, l’unico a porsi domande. Un giorno entra in una bottega e compra un quaderno,primo gesto eversivo. Poff, inizia a scrivere, nascosto dall’occhio del teleschermo del GF. La sua esistenza è la fotocopia ingiallita di una vita vera. Tutto cambia quando incontra Julia. Basta un bigliettino: Ti amo. Intanto, per istinto di sopravvivenza, Winston finge l’ortodossia nei gesti quotidiani ma nell’intimo cova odio per Il Grande Fratello e trova l’occasione di ribellarsi in un uomo si rara sensibilità e intelligenza. Si tratta di O’Brien, occhialuto, calmo, pedissequo capo del Partito. Ma O’Brien è esattamente come Winston, l’ha capito da uno sguardo furtivo. Quando i due si incontrano, Julia con lui, ha la conferma di non essere pazzo: la missione è dura ma spalanca loro le porte. Per fermare il GF ci vorranno decenni, forse secoli. Devono essere disposti all’abnegazione completa della coscienza. La coppia si convince, si batterà contro il Grande Fratello. Ma entrambi verranno turbinosamente trascinati negli abissi, laddove tutto è luce e buio. Là, dove non c’è tenebra.
George Orwell, chi era
Eric Arthur Blair, nome di battesimo di George Orwell, nasce il 1903 a Motihari, in Bengala. Il padre è infatti di origini angloindiane e lavora come funzionario nell’Opium Department. La sua è famiglia benestante della borghesia “alto-bassa” così come la definiva lo stesso Orwell come a volere schernire i natali in una smorfia strana. I britannici, gli amministratori delle colonie, godono infatti al di fuori della amata Madrepatria un trattamento non così nobile come la posizione sociale e la discendenza richiederebbero. La famiglia Blair infatti fatica non poco a salvare le apparenze a causa di scarso sostentamento. Ed è questo che li spingerà a rientrare in Inghilterra. Nel 1904 la madre e le sorelle di Orwell si trasferiscono a Henley-on-Thames, Oxfordshire. Lì il giovane Orwell verrà iscritto al prestigioso college St. Ciprian di Eastburne, grazie ad una borsa di studio.
Ciò nonostante il giovane scrittore fatica ad integrarsi nell’alta società, così nel 1922 decide di arruolarsi, come il padre. Entra così a far parte della Polizia imperiale indiana di Mandalay, Birmania. Da questa esperienza traumatica nasce il primo romanzo orwelliano: Giorni in Birmania, edito nel 1934. Troppo grande è la delusione, il diniego verso un ruolo coercitivo e autoritario che il sistema imperialistico gli impone. Così Eric si dimette nel 1928 e parte per Parigi. In quei terribili anni lo scrittore riesce a sopravvivere svolgendo lavori umili e con l’aiuto dell’Esercito della Salvezza. Di quello che è stato uno scavo voraginoso nel ventre di Londra e Parigi rimane il libro Senza un soldo a Parigi e a Londra. Lavora come commesso, insegnante, intanto continua a scrivere. Nel 1936 sposa Eileen O’ Shaugnessy. Intanto la seconda guerra mondiale è alle porte, e Orwell decide di farsi avanti partecipando alla guerra spagnola nelle file del partito di ispirazione trotzkista sul fronte aragonese. Al contrario poi, considerato inabile al servizio militare, non combatterà il secondo conflitto. Gli anni ‘40 lo vedranno collaborare con vari giornali, sarà poi corrispondente per “Observer” raccontando i fatti da Austria, Germania e Francia. Sono questi gli anni in cui matura l’idea di 1984, il romanzo che – insieme a La fattoria degli animali (1945) – lo ha reso un autore intramontabile, di una lucidità predittiva e a tratti spaventosa.
Curiosità
Alla fine Winston, eroe contemporaneo sconfitto, sembrerebbe convertirsi in toto, piegandosi integralmente al despota. Come si fa notare nella Parte Terza del libro, nell’edizione inglese distribuita dal 1950 al 1987, invece che 2+2 = 5, si ha 2 + 2 = con la caduta del numero finale.
Questo dettaglio non è irrilevante, dato che da ciò si rileverebbe un deficit rispetto al GF nell’aver riaffermato lapropria libertà di pensiero (e di calcolo). C’era un numero davvero dopo l’uguale? C’era, eccome. Pare purtroppo che la caduta del carattere sia dovuta ad un errore tipografico.
1984 è così un ossimoro, laddove sembra illuminare l’eroe lo rabbuia per sempre. Laddove si intravede una luce, si apre l’inferno.
Orwell ha scritto un ossimoro, nella maniera più versatile tipica del cronista. Il romanzo è colmo di dicotomie anche visive: luce/buio, verità/menzogna, memoria/oblio, sanità/pazzia, giusto/sbagliato, belletto/acqua e sapone. Allo stesso modo, con scioltezza da iena, l’amico si rivela un traditore, il figlio un collaborazionista del regime e l’amore in odio. Le due realtà, quelle dell’io e della società come governo, si sciolgono fino ad essere una, sola ed indiscutibilmente vera.
1984 è tuttavia di quello che potremmo, ma non dovremmo mai, diventare. Una società cieca ed egoista, oligarchica e abietta, che prova soltanto ripugno per i deboli e dimentica cos’è l’amore.
Ti interessano altri classici della letteratura inglese? Ecco la mappa