Le tue parole non sono quello che dicono, sono quello che nascondono. Quegli spazi segreti. Le virgole, le virgolette, i puntini puntini. Quelli che non mi racconti, che non sai dire nemmeno a te. Silenzi. Pause. Mesi. Come gli occhi che non ricordo di averti visto non sono iridi, pupille, ciglia e colore. Ma piccole espressioni disegnate dentro, lì sotto nel cuore, che devono a tutti i costi uscire. Come uno specchio riflettere. Invece la notte è dei persi, le stelle degli innamorati, il mio whisky stasera è per l’ansia, i tempi morti sono sogni bruciati o mai nati.
Milioni di visi viaggiano soli, senza fermate, senza i ricordi. Perché’ fanno male. Milioni cercano l’impossibile. Ma se lo portano dentro, più di tutto. E gridano e diventano pazzi e di nuovo bambini e di nuovo scontenti. Milioni si fanno bastare quello che hanno. Perché’ serve sopravvivere. Perché’ non serve poi dannarsi tanto, per la polvere della felicita, come arriva scompare al vento. Perché’ è sempre stata stretta e scomoda la vita, come una gonna, il doppio regalo di natale, ma tant’e che la prendi così. E’ il senso che da sempre non c’è. Ma certo, ma vivi….senti: sei qua. E lo so che è cosi e non hai firmato un contratto. Ma questi confini in cui siamo qualcuno per qualcuno, qualcosa per qualcuno, o nessuno per nessuno resta ancora il posto più accogliente dell’universo. E qualcuno desidera ancora qualcosa a cui aggrapparsi forte. Anche tu. Io lo so. Perché’ sto parlando a me stesso, Fabio. E posso continuare a dire no…ancora…per tante volte.
Aggrapparsi forte. Ma non per non cadere. Per andare dovunque. Per essere ancora più presenti. Più forti delle nostalgie. Stringo le spalle. Ma perché’ cosi difficile ascoltarsi, dio? Stringere forte, lontano quanto lontano che sia. Anche se fosse un ancora e andare a fondo e respirare l’acqua, o un satellite da perdere la strada di casa mille volte ancora. Per ritrovare lo stupore di un paio di lacrime sul proprio viso, in discesa e non sapere bene perché’. Per rivedermi un sorriso che dimenticavo quasi così pazzo e pieno di denti. Leggere dai sospiri i perché’ sospesi. E dire una volta ancora ad un bicchiere, mi son sbagliato. A non prendere il primo treno. A dire dove andavo. A credere che fosse fatta. A spendere quel che non avevo. A volere quello che non sapevo. A guardare l’orologio. A dire scusa. Ad andare dovunque a sbattere la testa.
A restare tra le coperte di un letto tutto quel tempo. E andare avanti come se si fosse tornato indietro a far le riparazioni. Sul pulito. Sul velluto. Ed ora, sono nelle valli nascoste dei tuoi silenzi, nei momenti perfetti ancora da trovare. Nei fermo immagine di occhi riflessi mai riflessi. Di strade percorse correndo a braccia alte e i miei fiori per aria. Sono negli album ancora vuoti. Sono tra le calze che non trovi all’angolo del cassetto, ma ci sono, e quando le avrai sfilate tutte mi troverai. E mi prenderai. E non sapevi di averne un paio di cosi belle, di così perfette su di te. Lo sento. E non lo so. E tu sei tante persone e una sola. Tu sei quella che ha chiesto meno di tutti. Sei quella che non ancora non sai…. Sei quella che se ci sei…ti porto con l’adrenalina al cuore per farti fare prima il tuo effetto. Il tuo giro su per me. Lo sai, cara. Quella che andiamo insieme sul tetto del mondo a vivere di noi, delle nostre mani che non devono soffrire solitudine. Senza aspettare un attimo, senza fare il biglietto. Gli altri possono aspettare…
Sei quella che ridi di me, perché’ sono maledettamente troppo brutto per te, troppo buffo ed ingenuo, ed è ciò che vuoi davvero vedere ogni mattina prima del resto. Ed è ridere ciò che vuoi davvero fare per il resto della giornata. E sei quella che vuole scrivere con me i suoi segreti, quella che imparerà a starmi dietro con la chitarra anche fuori tempo, quella che non ti basta scoprire una volta sola. Quella che vuoi diventi. Quella che non dovrà mai più asciugarsi le labbra da un sapore, o aspettare per stampare le foto, che non dovrà più prendere con il permesso. E non so se mi leggi, come in queste righe, o se è troppo difficile e strano per te credere. Per te aggrapparsi. Stringere. E restare stretta.Per te bruciare quel tanto di sogni che ci restano.
Ti ho già detto cosa sono queste quattro ossa e cuore. E sono anche per te. Ora lasciami stare, lasciami piangere. E poi lasciami dormire, perché’ sogno, ed è il difetto che preferisco di più. Quando la notte mi ricorda tutto quello che desidero per un solo istante, istante per istante, o per una vita. Sono nel sole che non uscirà domani, forse, e sono un povero disperato a credere forte, a credere ai sogni a testa china, e a credere si, che anche le giornate folli son servite, a credere che le stelle siano mie anche senza l’amore, che questo non sia solo whisky ma siano le tue parole a scivolarmi dentro bruciando.
Più solo di adesso, più solo di sempre, le tue parole, questi i nuovi dolori, le lunghe romantiche vite divise, i passi che rimbombano in casa, una foto tua che mi parla, le tue parole così corte che è difficile misurarle, più grande di sempre, questa notte, dolcemente ancora tornerò a sognare per non deludere l’amore.