Come sfrecciano nelle vene queste voglie in giornate isteriche, senza pace, incalcolabili, ingestibili, mentre siamo in circolo insieme al resto. In tutto questo transitorio difficile darsi una dimensione eterna come dovrebbe essere. Eppure nasciamo tutti finiti con l´infinito marchio di fabbrica. Abbiamo una fine non scritta, un passaggio non tracciato, un caso da incrociare, motivazioni a cui rispondere, condizioni da soddisfare, competizioni da vincere. Siamo tutti miserevoli e stupendi. Forti in gruppo e deboli da soli. Poveri, ricchi, disadattati, annoiati, indecisi. Con delle impronte che dicono chi siamo, senza che noi lo mostriamo.
Prima di ogni limite pronti a prendere le occasioni, dopo ogni limite a diventare degli eroi. Anche per un attimo. Una sera e poi torniamo qualunque. E poi ci siamo noi, che non siamo dimenticati, non siamo presi, non siamo qui né ora, non siamo possibilitá. Noi che siamo campioni delle cose non dette, scivolate, represse, vomitate di getto. Noi che ci restiamo nelle canzoni e in poche foto. Che a lasciarci era un po´come respirare una seconda volta e prenderci era l´aria. Abbiamo ricevuto la responsabilitá di vivere o in alcuni casi di sopravvivere, passando per il compiacimento e il ripudio, per le promesse il costruire e il consentire.
Ci son cose che van fatte davvero e noi non ci siamo chiesti il permesso. Tendenti alla felicitá relativa, quella che si appanna come sul vetro della vita e poi scompare sistematicamente. Siamo in fila, allegri e disordinati ad attendere il prossimo passo, la prossima delizia e lo scivolone. E facciamo i duri per proteggerci e farci da soli ma dipendiamo l´uno dall´altro. Non sappiamo fare senza quel se…Usciamo dalla fabbrica due a due come le ciliegie e passiamo una vita a girovagare spaiati alla ricerca. Che poi quello che cerchi non arriva mai e ti devi prendere quello che non vuoi e sputarci regolarmente su e maledire quel giorno. Non te lo insegnano ma lo impari: ci convivi.
E siamo a chiederci per quanto ancora dovremmo mentirci per fingere di stare bene, quanti ostacoli dobbiamo mettere in cantina prima di arrivare, e quante curve faremo davvero dritte prima che si dica “sí”. Se urlassimo tutte le volte che ne abbiamo bisogno, se non avessimo paura delle lacrime sulle gote, se credessimo ancora nel rischio di un gesto affettuoso, (non va mai a male sai?). Se credessimo agli indizi, se guardassimo meglio e restassimo di piú, se andassimo al contrario brutto e duro com´é senza paura dell´errore. A volte si puó vincere con uno sguardo, conservare spicchi di sorriso per le cose piú dure. Si puó sottintendere senza promettere. Si puó tener vicino senza soffocare, si puó vivere senza appigliarsi. Forte, e credendo.
Ma lasciami dormire ancora un po´, lasciami evitare di pensare a come sto, e a come puoi se vuoi, e se hai che hai, poi. Tra tutta questa gente dove trovo il meglio di me lasciato nelle facce della gente? Senza giochi di prestigio con il mio pubblico. Ma ci son notti che dormire non si puó. Con i residui di noi mi ci tormento. Non ci eravamo detti che sarebbe capitato anche a noi, certe cose si evitano sempre, almeno nelle parole. Prendi in mano il tuo anti me, io inganno il tempo per scrivere e non pensare a cosa non sará piú. Il dove é il mio cuore, il come una coccola e il perché eri tu.
Fabio Pinna