A nessuno importerà. E forse neanche a me, un giorno. Ma sono la mia stanza ora. Si può essere una canzone, come un posto, come un quadro, come un attimo. Io sono questa stanza. Ed è difficile per me raccontare… ma in fondo scrivere serve anche a questo. A fotografare momenti, a sottolinearli con la penna rossa, a ricordarseli e buttarli sulle spalle come una sciarpa e sentire quel peso leggero e soffice che ti scalda.
In un angolo ci sono le mie chitarre impolverate su cui ho lasciato tanti sorrisi e tante stonature. Mi guardano appena di lato al letto. Le guardo e mi sembrano di qualcun altro. Ma sono mie. Sono tutte le cose che ho lasciato in sospeso. Che prendono polvere solo per colpa mia. Sono tutte quelle cose che se mi applicassi su di loro proverei gioia. Ed io che fermo, non mi decido mai. Qualcosa so che riprenderò.
Ci sono libri che ricordo solo per la copertina e libri che mi hanno fatto sognare. Che conservo con cura per ricordarmi chi ero. C’è una lettera sul tavolo, una lettera di una ragazza che non amerò mai. Passato e futuro. No grazie. Ora c’è quel che voglio io.
C’è una camicia profumata sulla sedia che sa ancora di domenica e di donna con la D maiuscola e di vento fresco. E brillantini sul pavimento. C’è una lucina piccola piccola. E ci sono carte ancora da presentare ad uffici, soldi da spendere per dovere e non per piacere. E ci sono foto che mi ritraggono come dovrei essere, con un sorriso in equilibrio sulla vita con paesaggi per sfondo. Ci sono i segni della mia pazzia e fogli sparsi che provano a riempire il suo vuoto.
C’è il mio pugno chiuso con la rabbia di cose che non posso cambiare e che cambierò. Presto. E a nessuno importerà, tranne a quello che sono qui in fondo, qui dentro. E resterò solo un giorno, forse, soddisfatto di non aver rinunciato a lottare per ciò che mi illumina, per ciò che mi anima.