– Non sono amico dei numeri. Mai stato. Riconosco che gran parte delle cose esistenti e concetti scientifici applicati, e non, si possono ridurre in numeri. O si possono costruire su di essi. Anche un pensiero, se non fosse imprevedibile e dettato da nuove connessioni istantanee, che è un complesso stimolo chimico dovrebbe poter essere teorizzato attraverso serie numeriche complesse. Signori, anche il tempo è numeri. Non tutto si può comprendere attraverso i numeri. Ma alla fine, io, sono diventato il me che guardo ora attraverso loro. Il numero ufficiale è il 3. Quello non ufficiale non esiste, appunto perché non lo è. 3 volte che ho fatto il sarto a me stesso sull’abito pelle.
Cosa nascondi numero 3? Cause? Conseguenze?
Entrambe. Qualcuno è stato la conseguenza di piccole attenzioni con destinazione me. Dei tanti volermi forte. E’ diventato attraverso me la più bella parte di se con suo merito, ai miei occhi. Qualcuno è stato la conseguenza di molto freddo, o di molto male. Qualcuno è stato la causa, la causa di un angolo della propria storia di vita. Messa poi davvero in un angolo.
Più volte cerco gli occhi del numero tre. Perché gli occhi, anche da soli, sarebbero tutto. Erano tutti a modo loro, ironia della sorte poi legati dagli stessi colori, legati dallo stesso tipo di sguardo. Disarmato, innocente, in attesa. Sognatore. Ed erano i miei davanti ai loro assorbiti, mai paghi; lo specchio della felicità. C’è stata una porta sbattuta, un’altra volta un telefono chiuso, ed un’altra volta un viaggio maledettamente schifoso sul sedile di dietro. Il numero tre è in realtà il numero 1 sommato tre volte.
Una pozza di sangue e qualche urlo soffocato. Uno scottex appiccicato su come se bastasse.
– L’amore riempie il frigorifero, se vivi da solo lo sai. Quando lo apri non puoi fare altro che sorridere, puoi di nuovo chiuderlo. Ti basta vedere che è pieno e qualcuno ha pensato a te.
– L’amore, per restare in tema di numeri, miei cari lettori, ha come numero ufficiale indovinate quale? Non è difficile. Ha il numero uno periodico. Il numero primo 1. Il numero più completo da meno infinito fino a più infinito.
– Se fossi diventato ciò che sono attraverso l’uno non sarei me. Sarei meglio di me. Non è rimpianto. E’ che ora devo spiegarmi chi sono attraverso i numeri. La parte più noiosa del compito. Devo spiegarmi perché non ho mai fatto ciò che io stesso ho teorizzato e poi scritto, in comandamenti-memorandum, come: “prima di fare nuove conquiste tieni stretto ciò che hai” oppure “non credere alle tue verità finché non sono le verità degli altri” e via discorrendo. Dovrei rendere conto del perché io abbia coinvolto altri studenti sbadati e non mi sia fatto aiutare nei conti.
– Per un intero anno scolastico, mi sembra la 4a superiore, ricordo che consegnai i compiti di matematica appena suonava la campanella al professore, vuoti. Solo con il testo dell’esercizio. Se c’è qualche compagno che legge lo ricorderà. Il professore andava in bestia. Voleva che ci provassi. Ma io il libro non l’avevo mai aperto. Secondo me, era più dignitoso il foglio vuoto. Penso ancora questo. Nonostante questo oggi ci ho provato, il mio foglio è arrivato alla facciata numero tre, ed è costellato di calcoli che mai torneranno. Nessuno si prenderà la briga di controllarli, di guardare dove finiscono, non c’è un totale. Una cifra, un’espressione, il valore di un’ incognita a premiare gli sforzi.
– Se non hai un totale oggi non hai niente.
– Ci sono numeri che mi spiegano. E che spiegano anche voi. Nel mio caso il numero dei traslochi, il numero degli amici, il numero di foto, il numero di segreti, il numero delle pagine di un libro impolverato. Mi dicono, vogliono farlo e non possono fare altrimenti, come uso il tempo, come uso i sentimenti, le energie, gli occhi, le mie qualità, i miei difetti, il denaro e tantissime altre cose. Gran bel da fare sarà pensarci su.
– Più volte cerco le dita del numero tre, o i loro abbracci, il vapore della loro aria sul vetro dei miei pensieri. Spero di ritrovarli tutti in un numero uno quando lo desidererò.
Cosa cerco? Cosa cerchiamo? La cura, la protezione, la sicurezza di essere raccolti nei momenti fragili e delicati, di essere rasserenati con semplici silenzi e delle strette. Più che molte parole. La terra è un posto difficile in cui vivere ma è l’unico. Sarebbe bello poter tornare ogni giorno in un posto che chiude il mondo fuori, un posto dove puoi a volte smettere di essere per forza efficiente, brillante, risolutore, super comunicativo o stressato, o con le barriere sempre alte.
Essere semplicemente essenziale per qualcuno, essere la “dolcezza che alla fine ti salva” (Shakespeare NDA) per qualcuno, essere la luce in fondo agli occhi dietro il vetro il buio e la pioggia per qualcuno. Essere ascoltato e preso in braccio; perdonato per le disattenzioni e scusato per i limiti.
Luce, luce in fondo agli occhi. Assaggio una lacrima in un sorriso. Impariamo dai numeri ma non facciamoci confondere. Aspettiamo. Aspetto. La vita si vede da chi la porta.