
Autore: Tina Caramanico
- 2013
Pagine: 83 - Genere: Racconti
Formato disponibile: eBook
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Nove racconti, drammatici o tragicomici, che hanno in comune il tema della perdita delle illusioni, della caduta delle costruzioni fantastiche e arbitrarie che utilizziamo per abbellire, semplificare o comprendere la nostra vita.

Il nostro tempo con le sue contraddizioni e le sue piccole grandi crisi, con i suoi affetti in decomposizione e i suoi antieroi: è questo il fil rouge dei racconti di Tina Caramanico.
Ciò che è realmente originale, in questa raccolta, è il punto di vista. Ogni storia – quella di tata Elena e del suo bambino lontano, di zia Amalia e del suo amore mancato, sino all’armonia dell’ultimo racconto – è una prospettiva in cui il punto di fuga è sempre lì dove non te l’aspetti.
Molteplici i temi trattati, ognuno dei quali s’inserisce come un mattoncino Lego nel grigiore di un’umanità che nasconde il proprio dolore e vive di fretta, macinando giorni e anni nell’inseguire il proprio inevitabile destino. Leggendo, ho avuto l’impressione che i leitmotiv della raccolta fossero due: la lontananza e la paura. Entrambi trovano frequentemente espressione nella storia di una maternità mancata o vissuta dolorosamente o non vissuta ancora. Il primo racconto vede contrapporsi sullo stesso piano l’amore arido e scostante che una madre prova per suo figlio e quello totalizzante della tata Elena per lo stesso bambino, così struggentemente simile al figlio che ha dovuto lasciare in patria. Lo stesso tema torna anche nel racconto Sotto la neve e, non a caso, il titolo dà avvio alla storia di due maternità “congelate”: il dolore e l’inevitabile rabbia di una donna nei confronti della giovanissima figlia che ha appena attraversato l’inferno dell’aborto e che tuttavia è ancora una bambina, con le sue canzoni nell’iPod e i pesciolini rossi nella boccia di vetro. E’ madre anche Alessia, protagonista dell’omonimo racconto: in queste pagine emerge in particolar modo il tema della paura, vissuta da una futura mamma che, dopo aver già subito un aborto spontaneo, teme di perdere nuovamente il suo bambino. Paura legittima, questa, che si lega inevitabilmente all’egoistico timore di “non essere all’altezza”, di non poter dare un figlio all’uomo che ama, di non potersi considerare donna a tutti gli effetti. La Caramanico espone qui un tema di grandissima attualità, recentemente riportato alla luce anche da Simona Sparaco nel suo romanzo Nessuno sa di noi.
Uno dei racconti più interessanti e narrativamente ben congegnati è Zia Amalia e le zitelle. Delicato ed elegante, mette in risalto da un lato l’atteggiamento sprezzante di chi è “costretto” ad accogliere in casa una parente che non ha una famiglia tutta sua, e dall’altro l’affetto genuino della voce narrante per questa zia sui generis. Zia Amalia, infatti, non ricorda nemmeno alla lontana il classico stereotipo della “zitella” acida: lei è sempre di buonumore, carica di energie e di quella che amo definire gioia riposta. Per “gioia riposta” intendo un vero e proprio arsenale di felicità in pillole realizzato con fatica negli anni malgrado tutte le difficoltà e nonostante quel “grande amore” che zia Amalia ha conosciuto, una volta, e che ha poi perso nello svolgersi degli anni, nessuno sa come né perché. Zia Amalia è uno dei pochi personaggi realmente positivi della raccolta, forse l’unica vera “eroina”: lei che non ha mai chinato il capo davanti a niente, nemmeno di fronte all’amore quando le ha voltato le spalle.
Nella vita, Tina Caramanico è poetessa, narratrice e insegnante: tre elementi che caratterizzano distintamente la sua raccolta di racconti. E’ poetessa nello stile, così musicale e lieve, che non stanca e non annoia; è narratrice nei cambiamenti di prospettiva e nell’originalità dei punti di vista; infine, è insegnante perché solo una persona che trascorre le sue giornate a contatto con i ragazzi può comprendere le sfumature del loro vivere quotidiano e i piccoli grandi dolori che portano sulle spalle insieme agli zaini colorati.
Le cose come stanno è una raccolta che merita di essere letta. Un unico neo è forse rappresentato dalla presenza decisamente sporadica della speranza ma – bisogna ammetterlo – questo è un neo del nostro tempo e non è una colpa da imputare all’autrice. Anzi, leggere questo libro potrà aiutarci a riflettere sullo stato reale delle cose, per poter cambiare il verbo del titolo da uno spietato presente a un “le cose come non saranno, perché cambieranno in meglio”.
Bianca Rita Cataldi