Anche oggi è venuto a far visita alla moglie. Ho riconosciuto subito la sua figura e il suo vecchio passo, incerto e tremante. Il bastone, compagno di ogni suo passo con il suo tic tic tic cadenzato, nella mano destra e un mazzo di fiori freschi nella sinistra. Sempre e solo gigli bianchi per la sua amata. La figura del signor T è la quinta essenza della stanchezza ma è sempre curato nell’aspetto quando viene a trovare la moglie. Le scarpe di pelle nera con la punta quadrata sono sempre leggermente sporche di fango, il lungo cappotto nero svolazzava al vento come la sciarpa.
La sciarpa rossa fatta a mano stona con la figura stanca del signor T, ma non bisogna essere dei geni per capire che l’aveva fatta la moglie. Appena vede il suo viso, si leva il cappello nero dal capo, rivelando una chioma sale e pepe e sorride cordiale: è l’unico momento in cui vedo una scintilla illuminare per un attimo gli occhi spenti più grigi che azzurri del signor T. Poi cambia i fiori secchi con il mazzo di gigli freschi e pulisce la foto sorridente della moglie e le lettere che compongono il suo nome. Liliana. E, con fatica, si siede per terra e inizia a parlare. Sembra di star a vedere per la millesima volta uno di quei vecchi film che proiettano nei piccoli cinema: sempre gli stessi gesti, sempre gli stessi movimenti, ma, a volta, cambiano i discorsi. Con voce roca la saluta, con il suo miglior sorriso dipinto sulle labbra, chiamandola “Lilli” come ha sempre fatto da quando l’aveva conosciuta cinquant’anni addietro. Le racconta del cielo, delle rose che lui continua ostinatamente a curare per lei e del figlio che è alle prese con il suo primo figlio.
Seduto a terra, sorridendo ad una foto e con le mani impegnate a giocare con dei sassi trovati lì a terra, il signor T sembra appena un ragazzo ma basta guardarlo negli occhi stanchi per capire che il suo animo è invecchiato più velocemente del suo corpo. Ma se il suo amore è così forte lo è anche il dolore che prova per la lontananza forzata dal suo amore. Sente la mancanza della sua voce, del suo profumo, delle sue orecchie rosse quando era arrabbiata, del bacio sulla fronte che gli dava ogni mattina per svegliarlo e l’irritante abitudine di leggere il giornale prima di lui. Lo so perché lo ripete ogni volta. E ogni volta il signor T si rialza faticosamente da terra e torna a casa, vorrei tanto corrergli dietro e rassicurarlo che Lilli è felice, che lo aspetta e tante altre cose ma non posso e non potrò mai. Perché? Perché sono solo l’angelo di marmo bianco che il signor T ha scelto come guardiano della tomba del suo unico amore. Domani tornerà e l’unica cosa che posso fare è guardarlo dal mio piedistallo mentre lui continua ad amare una foto. E i gigli appassiscono…
Emilia
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