
Autore: Aharon Appelfeld
Pubblicato da Guanda - Novembre 2022
Pagine: 240 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, Copertina Rigida, eBook
Collana: Narratori della Fenice
ISBN: 9788823529878
ASIN: 9788823532991

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Katerina è una donna rutena di umili origini che ha avuto una vita difficile e ormai anziana ci racconta la sua vita e il suo incontro con l'ebraismo nel periodo che precede la Seconda guerra mondiale e in cui l'odio sembra raggiungere il culmine. Alla fine del conflitto continua a farsi testimone e combattere i pregiudizi.

Quegli odori sono rimasti dentro di me, come un segreto inconfessabile. Anni a servizio degli ebrei non sono una cosa da nulla. L’odore ebraico è una faccenda complessa. Da bambina avevo sentito dire che gli ebrei sanno di sapone. È falso. Ogni loro giorno e ogni festa ha un odore particolare, ma gli odori della Pasqua sono davvero speciali. Per molti anni ho vissuto dentro questi odori.
Katerina è una donna rutena che lascia la sua famiglia molto presto dopo la morte della madre e il matrimonio del padre con un’altra donna. All’inizio vaga senza meta e senza obiettivi, la strada come casa. Solo una donna ebrea Rose diventerà un suo sostegno facendola lavorare nella sua casa. La casa di ebrei. Ben presto impara ogni cosa da fare perché la casa non sia impura e si affeziona a quella vita umile e piena di riti. L’odio verso gli ebrei si manifesta con atti violenti e nel villaggio molti ebrei vengono uccisi ogni sabato. Purtroppo Katerina è costretta a lasciare il suo lavoro e ricominciare il suo viaggio. Ovunque vada ritroverà degli ebrei che saranno una seconda famiglia e alla fine della sua vita ritornerà a casa senza abbandonare la fede che ha trovato e la cultura che ha conosciuto, lottando contro chi le tira pietre e la offende nonostante la guerra sia finita.
La storia viene raccontata in prima persona dalla stessa Katerina, ormai anziana. La sua voce è sincera e non omette situazioni difficili e scelte inopportune, come quelle di vendere il suo corpo o bere per affogare la tristezza. Un fatto drammatico segnerà profondamente la sua vita, ma non è questo che le fa cambiare la visione del mondo. Ben prima infatti, nel momento in cui conosce Rose ed entra a contatto con una famiglia ebrea, riesce a vedere una prospettiva diversa e piena di amore e affetto in gesti, riti e usanze ripetute con ritmi quotidiani e confortevoli.
L’ebraismo prende vita in gesti e parole anche di altri ebrei che incontra nel suo cammino, meno devoti e osservanti, ma consapevoli di non essere dei gentili come tutti gli altri. Questa differenza sembra la chiave dell’odio sia nei villaggi che nelle città. Katerina si fa testimone delle deportazioni e nel libro c’è solo l’accenno dei treni, dei vestiti e dei trucchi degli ebrei deportati che vengono smistati tra la popolazione, ma se ne sente il peso, la colpa e la sofferenza di chi ama gli ebrei, come spesso ripete lei stessa, senza farne parte. Con gli occhi di una ragazza di campagna si capiscono cose profonde e radicate nel popolo ebraico e anche dell’altra parte, gli odiatori.
Una visione realistica, semplice e diretta che colpisce proprio per questo e usa una lingua semplice, descrizioni brevi, molti dialoghi per far comprendere un periodo storico e la storia di una donna che non cede ai pregiudizi, al rancore personale e lotta fino alla fine della sua vita in quello in cui crede. La memoria alla fine è molto più importante di quello che si crede.
Il mio nome è Katerina è un libro che mi ha sorpresa positivamente, diverso da altri con lo stesso tema ed originale proprio per questo.
Approfondimento
L’autore, Aharon Appelfeld (1932-2018), deportato a soli otto anni in un campo di concentramento, ha scritto molti romanzi sul tema della Shoah e del periodo storico che la segue e la precede, vincendo numerosi premi alle sue pubblicazioni. Ha molti punti in comune con il personaggio di questo libro: anche lui è cresciuto vicino Czernowitz, ha vagato da solo per molti anni (è riuscito a fuggire dal campo di concentramento, Katerina invece fugge da casa), ha imparato l’ebraico dopo la fuga (ed è stato anche professore di letteratura ebraica, Katerina lo insegna a suo figlio) e ha vissuto anni molto drammatici per ritornare a casa (la Palestina, per Katerina la casa di suo padre). Nonostante la storia non sia stata vissuta direttamente dall’autore, non è autofiction o autobiografia, riesce a rappresentare con estrema delicatezza e originalità pensieri profondi di una ragazza, poi donna, che si trova in una situazione difficile e trova il coraggio di porsi dalla parte giusta nonostante tutto.
Gloria Rubino