
Autore: Rita Monaldi e Francesco Sorti
Pubblicato da Baldini&Castoldi - Settembre 2015
Pagine: 670 - Formato disponibile: Copertina Rigida
Collana: Romanzi e racconti

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Un manoscritto del tardo '600, rinvenuto casualmente, rivela una rete di misteri e intrighi che parte dalle stanze di una locanda romana – posta in quarantena per la morte sospetta di un suo avventore – per giungere, attraverso i tanti segreti nascosti lungo i cunicoli della città sotterranea, fino alle alte sfere della politica del tempo. Alla ricerca della sconvolgente verità, il garzone della locanda e l'ospite forse più illustre, Atto Melani, celebre cantante castrato, ma anche valente spia del re di Francia.

“Tutta questa storia mi pare assurda” dissi cercando di calmarlo “non temete di fare troppe supposizioni?”
“Te l’ho già detto. Per capire le cose di Stato devi guardare i fatti in modo diverso dal solito. Non importa cosa pensi, ma come. Nessuno sa tutto, neppure i Re. E quando non sai, devi imparare a supporre, anche le verità che a prima vista sembrano le più assurde: scoprirai poi senza fallo che è tutto drammaticamente vero.”
2040: una corrispondenza fra il vescovo di Como e il Segretario Vaticano per le cause di canonizzazione fa emergere l’esistenza di un manoscritto, vergato dal garzone di una locanda romana sul finire del Seicento, che conterrebbe informazioni tali da riscrivere la storia di quel periodo e gettare ombre sulla figura di papa Innocenzo XI, il comasco Benedetto Odescalchi.
La storia narrata dal garzone si svolge nel settembre 1683, nella locanda detta del Donzello, in via dell’Orso. Un anziano avventore francese, presentatosi come il signor di Mourai, muore in circostanze che lasciano sospettare un caso di peste. L’ostello viene subito posto in quarantena, scatenando la disperazione del locandiere Pellegrino e l’insofferenza degli altri ospiti: il gesuita padre Robleda, il medico senese Cristofano, il mercante marchigiano Pompeo Dulcibeni, il musicista francese Robert Devizè, il vetraio veneziano Angelo Brenozzi, il poeta napoletano Stilone Priaso, l’inglese Eduardus Bedfordi, la cortigiana Cloridia e l’abate Atto Melani da Pistoia. È soprattutto quest’ultimo a suscitare il maggior interesse del garzone, che presto verrà a conoscenza della sua carriera di celebre cantante castrato ma anche dei suoi scaltri impieghi come agente del Re di Francia Luigi XIV e si offrirà di aiutarlo a svolgere le sue indagini.
Un primo dato infatti è evidente: la morte del signor di Mourai ha tutti i crismi dell’omicidio per avvelenamento. Inoltre nella locanda si susseguono in rapida successione fatti che danno adito a ulteriori dubbi e supposizioni: l’inglese Bedfordi e l’oste Pellegrino cadono entrambi vittima di gravi infermità, scatenando nuovi timori negli altri pigionanti malgrado gli sforzi medici di Cristofano; padre Robleda sembra propalare una visione assai rimaneggiata dei precetti gesuitici; Brenozzi e Priaso paiono avere molte cose da nascondere in merito ai loro veri interessi; Dulcibeni si produce in inquietanti soliloqui contro i regnanti europei, appannaggio di un’immaginaria interlocutrice; Cloridia sciorina le sua abilità di chiromante per interpretare sogni e rivelare segreti; Devizè infine suona a più riprese un ipnotico rondò, donato al suo maestro nientemeno che dalla consorte del Re Sole, Maria Teresa. Intanto qualcuno pare anche aver trovato il modo di violare la quarantena e uscire da via dell’Orso. Non sarà difficile, per Melani e il suo aiutante, scoprire l’esistenza di un passaggio che dalla locanda permette di addentrarsi nella Roma sotterranea, scoprendo – grazie anche all’aiuto dei sordidi ma valenti “corpisantari” Ugonio e Ciacconio – una rete di cunicoli e gallerie che mettono in connessione luoghi di ogni genere e svelando un perverso disegno criminale che potrebbe addirittura deviare il corso della storia. Non è ancora tutto però: parallelamente ai loro viaggi notturni nei sotteranei, il garzone e l’abate, mettendo insieme dettagli, testimonianze e intuizioni, compongono un mosaico fatto di intrighi, false verità, giochi di potere che dalla Francia all’Austria, dal Vaticano all’Inghilterra, coinvolge tutti i potenti d’Europa e può stravolgere le sorti di intere nazioni. Per arrivare a risolvere questa catena di enigmi serviranno coraggio, astuzia e la capacità di andare sempre oltre le apparenze.
È arduo condensare nel breve spazio di una recensione la complessità di contenuti e suggestioni di un romanzo come Imprimatur: sorvolando quanto più possibile sulle vicissitudini editoriali e mediatiche che questo testo ha conosciuto dalla sua prima pubblicazione e sull’aura leggendaria che ha investito i suoi autori (il web consentirà prodigalmente a qualsiasi curioso di approfondire sull’argomento), non si può certo lesinare sugli elogi. Si tratta di un libro stratificato, ricco, vibrante, in cui il tratteggio dei personaggi è vivido e profondo, il ritmo opulento ma mai pedante, la ricostruzione storica impeccabile e appassionante.
Uno scintillante sfoggio d’abilità narrativa e linguistica, con repentini cambi di tono e registro e incursioni avventurose, ma sempre calibrate, nel lessico del tempo. Non pare in alcun modo blasfemo scomodare come riferimento Il nome della rosa: all’interno del testo convivono gaudentemente la dinamica del giallo, quella del romanzo di formazione e dell’inchiesta storiografica. Resta però un interrogativo, che in parte affievolisce l’entusiasmo per questa lettura: quanto della pur interessantissima e approfondita impalcatura documentale a fine romanzo – che chiarisce e rafforza i sospetti sul vero ruolo della famiglia Odescalchi (e di conseguenza del Papa) nella definizione degli equilibri di potere dell’Europa di fine ‘600 –, aveva senso porre in coda al romanzo nell’ottica di potenziarne il messaggio? E quanto invece è servito a costruire il “mito” di un’opera scomoda e indigesta all’empireo dell’editoria italiana (o a qualcuno che sta ancora più su)? Probabilmente, senza le ultime 70 pagine, Imprimatur meriterebbe senza indugi il sigillo del capolavoro. Così com’è, resta una lettura meravigliosa, ma estremamente carica.
Approfondimento
È praticamente impossibile individuare in Imprimatur un tema o un personaggio che non meritino un approfondimento: la scelta ricade sulle peripezie dei cacciatori di reliquie, Ugonio e Ciacconio, per la perfetta mescolanza di azione, ironia, suspense e stravaganza che le scene che vedono protagonisti i “corpisantari” nel sottosuolo dell’Urbe. Sequenze che rivelano la maestria stilistica degli autori e il grande lavoro di ricerca storica e culturale da essi svolto.
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