
Autore: Sayaka Murata
Pubblicato da E / O - Agosto 2018
Pagine: 168 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Dal mondo

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“Il konbini è un luogo che si regge sulla normalità, un mondo dove tutto ciò che anomalo e inconsueto deve essere rimosso. Una volta che l’elemento di disturbo è stato eliminato i clienti tornano al loro caffè e ai loro dolcetti come se niente fosse successo.”

La ragazza del convenience store, romanzo in parte autobiografico visto che la protagonista, come ha fatto per lungo tempo Sayaka Murata lavora come commessa in un konbini, è sola e senza prospettive.
Il tutto ruota tra normalità/anormalità: Keiko è una trentaseienne single, proveniente da una famiglia “normale” che le ha dato un affetto nella media, ma nonostante ciò cresciuta “strana”, priva di ogni capacità di creare con gli altri un’intimità affettiva o fisica. Da ben 18 anni commessa part-time in un konbini, piccoli supermercati a diffusione capillare e apertura non stop, la donna, solitaria e con pochissimi legami esterni al mondo del lavoro, sembra trovare in quel “microcosmo lucente” (un mondo perfetto, immutabile) la propria stessa ragion d’essere, finché non avviene un incontro destinato a segnare nella sua vita un’imprevedibile svolta. Dopo le varie vicissitudini Keiko comprende che qualunque sia la vita che si conduce l’importante è riuscire a darle “un senso compiuto”, e il fatto di sentirsi normale anche nella propria unicità.
Approfondimento:
Keiko è un personaggio molto interessante: ha alle spalle un passato “normale”, che non “giustifica” la sua diversità, della quale prende coscienza vedendo l’imbarazzo e la sofferenza, per lei del tutto incomprensibili, che provoca in chi le sta intorno, dai famigliari alle amiche, l’obiettivo primario dei quali sembra quello di aiutarla a “guarire”. Spietatamente schietta ricorda quasi un robot, per la sua freddezza. L’ autrice per non far pesare la cosa riempie il libro di moralismo e pesantezza che rende la lettura assurda.
Keiko reagisce agli “scandalosi” sintomi della propria diversità cercando di “migliorarsi” e omologarsi alla massa, sino al punto di adottare un comportamento camaleontico analogo. Prigioniera del giudizio degli altri, che non capiscono il suo modo di essere e vivere come lei non comprende il loro, a causa della sua mancanza di certezze Keiko sente di non possedere un’identità definita, capace di chiarirle il “senso” del suo stare nel mondo.
Malgrado la sua totale mancanza di empatia, la protagonista de La ragazza del convenience store è inoltre lucidissima nell’analizzare il mondo intorno a sé, nel comprendere ad esempio che il male peggiore, a volte, è quello proveniente da un malinteso senso di amore/protezione, che a sua volta nasce dalla percezione dell’altro, anziché come tale, come propaggine di sé.
Il bieco e a sua volta strambo Shiraha è l’emblema dello scroccone scansafatiche, pavido e insieme crudele, dedito all’autocommiserazione e ad addossare agli altri le colpe dei propri fallimenti, senza mai mettere in discussione se stesso. Grazie proprio a tali sue caratteristiche, l’uomo svolge un ruolo centrale nell’iter narrativo, perché permette alla protagonista di diventare consapevole della necessità di compiere una scelta definitiva tra la “normalizzazione” che la farebbe percepire dalla famiglia e dalla società tutta come finalmente “guarita”, e l’accettazione/valorizzazione di ciò che sente di essere.
La ragazza del convenience store è un romanzo che sfiora il surreale nella rappresentazione del camaleontismo e della impermeabilità a qualunque tipo di emozione della protagonista portando il lettore a non credere possibile una certa mentalità o situazione. Dietro l’apparente immobilismo di una storia/non storia si cela un fermento di provocazioni e spunti di riflessione, dalla critica agli standard lavorativi giapponesi a quella nei confronti di un’omologazione sociale che stritola l’individualità e ghettizza i diversi, emblema della standardizzazione e dell’alienazione universali. Ma il romanzo è soprattutto una parabola sulla carica “sovversiva” della diversità che, nel momento in cui osa riconoscersi e accettarsi come devianza da ciò che è socialmente percepito come normale, trasforma la debolezza in inarrestabile forza.
Pur essendo un romanzo ben scritto e con una forza destabilizzante, non riesce a farsi apprezzare e gustare come potrebbe: la storia è talmente assurda da non convincere e farsi apprezzare.
Consigliato se si vuole dare uno sguardo ad una possibile situazione nella società.
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