
Autore: Claudia Durastanti
Pubblicato da La nave di Teseo - Febbraio 2019
Pagine: 285 - Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Oceani

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Nell’eccezione più classica lo straniero è colui che proviene da un altro Paese, che si sente non accettato nella società che lo accoglie; contemporaneamente è straniero anche per il Paese di provenienza, perché si sente tagliato fuori da un luogo in cui non abita più. Una persona però può sentirsi una straniera anche per una disabilità che la rende diversa dagli altri, o per aver vissuto determinate esperienze che la fanno sentire fuori dal mondo. Tutti questi aspetti non sono stati mai affrontati tutti insieme e così bene come nel romanzo di Claudia Durastanti che, in forma di memorie, racconta della sua vita ed in particolare della sua famiglia.

Claudia è figlia di due sordomuti, e fin da piccola ha dovuto confrontarsi con un mondo diverso dal “normale”, con la difficoltà di comunicare con persone che affrontavano la loro disabilità con una sorta di leggerezza “suo padre aveva scoperto che per tutta la vita era andato alla ricerca di un suo simile. Una persona che non voleva affrontare la disabilità con coraggio o dignità, ma con incoscienza”.
Claudia è figlia di immigrati, da New York, città che di anno in anno è cambiata non facendola più sentire a casa, quindi rimasta solo depositaria dei suoi ricordi di infanzia; si è trasferita con la famiglia nel sud Italia in un paesino lucano dove veniva etichettata come “la figlia della muta”.
Infine Claudia, in età adulta, è andata a vivere nella controversa Londra “chi abita in questa città sente sempre l’influsso di una torre oscura a distanza, di un’inquietudine aeriforme che si propaga da una fonte ignota…a giorni fa sentire posseduti, gravati da un peso schiacciante che àncora a terra, e si riverbera nelle ossa”.
Tra le canzoni, i film e le serie tv degli anni ottantae le domande e le scoperte tipiche degli adolescenti, la protagonista cresce in un mondo in cui quello che la società definisce normale, diventa una disabilità all’interno della sua famiglia, in cui risulta complesso comunicare, perché il linguaggio e la parola paradossalmente si tramutano in limiti
Non so cosa ci sia nei miei genitori: so che io non ce l’ho. Ogni vantaggio l’ho conquistato e perso con il linguaggio….le parole non significano niente se non quando sono letterali e ogni altro residuo è una perdita di tempo e senso: la vita si seduce in silenzio, si ipnotizza, e tutto il resto è un fallimento… a volte ci siamo fatti malissimo, ma lo sforzo è stato capirsi.
Al tempo stesso le rimane difficile vivere all’interno della società, cercando di imporsi per le proprie capacità e non per il senso di pietà o compassione che le sue origini possono suscitare negli altri.
Approfondimento
La particolarità di questo romanzo sta nel come la diversità, e l’estraneità che ne deriva, vengono non tanto spiegate o analizzate, ma piuttosto raccontate: dal momento che è estremamente difficile far capire certe situazioni e certi sentimenti, solo descrivendoli con un linguaggio chiaro e pulito si riesce a creare empatia con il lettore. Così l’autrice racconta della difficoltà di sua madre nel guardare Sanremo, su come apprezzasse di più le canzoni con testi impegnati, perché lei solo quelli riusciva a capire; su come dovrebbero migliorare i sottotitoli dei film per tentare di riprodurre i rumori anche con dei caratteri particolari o con delle forme grafiche; su quanto siano rari i concerti con una Deaf Zone; o su come l’ironia sia qualcosa di non comprensibile per chi non conosce l’uso della parola.
Claudia non è come lo straniero di Camus, non ha come lui “i fantasmi in rivolta a fargli compagnia”; lei è una straniera consapevole, che ha saputo analizzare ogni aspetto della sua vita ed è stata in grado di raccontarlo con estrema sensibilità e delicatezza.
Straniero è una parola bellissima, se nessuno ti costringe ad esserlo; il resto del tempo è solo il sinonimo di una mutilazione, e un colpo di pistola che ci siamo sparati da soli
Sara Amelia Macca