Autore: Francesco Jovine
Pubblicato da Minimum Fax - Luglio 2023
Pagine: 378 - Genere: Narrativa, Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Audiolibro, Brossura, eBook
Collana: Introvabili
ISBN: 9788833894881
ASIN: B08XYNZ72M
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Nelle terre del Sacramento, un feudo ecclesiastico finito in rovina per l'inettitudine dell'ultimo erede della famiglia Cannavale, «si aggrovigliano intrighi, superstizioni, rancori dei protagonisti», come racconta Natalia Ginzburg. Luisa, l'ambiziosa moglie del proprietario, tenta di salvare il feudo con l'aiuto di un giovane studente, Luca Marano. Ma i suoi sforzi sono vani, ed è costretta a lasciare le terre a un latifondista del luogo. Luca incita i contadini a ribellarsi e a occupare le terre, ma le cose non andranno come sperato.
«E il lavoro dei contadini», diceva Luca come a sé stesso. «Hanno grattato la terra per sei mesi!» «Il lavoro lo pagheranno», fece Gesualdo. «Jannaccone ha detto che le giornate verranno pagate. Poi, qualcuno dei contadini potrà essere preso come giornatante fisso. Gli altri lavoreranno quando ci sarà bisogno di loro». «Sempre a giornata, sempre giornatieri, il lavoro quando piace a Cristo e al padrone».
Le Terre del Sacramento sono una monumentale opera ambientata in Molise a Calena durante l’epoca fascista. La storia narra di un avvocato facoltoso, Enrico Cannavale, caduto in povertà, ma ancora fortemente stimato e altrettanto beffeggiato, famoso per le doti di donnaiolo più che per altre qualità, soprannominato dal paese la “Capra del Diavolo” e il suo decadimento ottenuto attraverso un’abile sottrazione e sopraffazione operata da Laura e un aitante barone.
In principio vi era un feudo appartenente alla Chiesa situato tra Mortutri e Macchia Leone, che nessun contadino voleva coltivare perché considerato maledetto, prima di allora molti contadini erano morti e seppelliti nelle zone dei campi, queste terre ribattezzate Terre del Sacramento furono acquistate all’asta dalla potente allora famiglia Cannavale e gestite sufficientemente da Enrico.
A differenza di altri proprietari terrieri, Enrico non era affatto interessato e faceva amministrare da terzi le terre, così i contadini anziché coltivare la terra ne andavano a disboscare gli alberi rovinando pericolosamente la salute del terreno.
Enrico era più propenso a uscire in compagnia femminile e non gli sfuggirono incontri intimi con Clelia la cugina che si trasferì alla morte della madre in casa sua.
I rapporti con Enrico erano rimasti nella mente della ragazza per alcuni anni in un’atmosfera inquietante, tra il peccaminoso e il tenero. Clelia sapeva l’indole variabile di Enrico, quel suo vagare tra impulsi generosi, abbattimenti, e violenze improvvise. Sapeva che in fondo alla sua anima c’era un nucleo di tristezza che non riusciva esattamente a capire, ma che si rivelava talvolta nei loro patetici colloqui notturni.
La situazione così descritta e anche alquanto noiosa divisa fra un uomo mancante e una donna morigerata e silenziosa subisce un’autorevole rivoluzione quando un’altra cugina, Laura, da tempo interessata alle terre e ad Enrico, figlia dell’ex presidente della Corte d’Appello De Martiis, decise di stabilirsi anch’essa nella tenuta.
Laura, a differenza di Clelia, ha un portamento guerriero e autoritario, è fascinosa e colta, un’ammirevole pianista e una scaltra amministratrice. In pochi mesi riesce a ottenere l’attenzione di Enrico che, sconvolto dalla sua bellezza e carattere, decide di sposarla.
L’immagine di Laura entrava in tutti i suoi pensieri e si mescolava a quella di Clelia, della serva Elettra e delle innumerevoli donne incontrate in tante città; tutte complici dei suoi capricci. Immaginazioni, queste, che Enrico svolgeva non senza compiacenza, scambiando quella avidità elementare dei sensi per una manifestazione di vigore indomabile del temperamento.
Da questo momento diventa Laura la proprietaria che le terre avevano bisogno, così a suon di subdole promesse riesce ad ottenere la coltivazione dei campi.
Dopo qualche mese, Laura incominciò a sentire Calena; si rese conto, sia pure oscuramente, della sua antica, mortuaria saggezza. Era una scienza sepolta nelle pietre; a Calena era accaduto tutto senza modificare nulla. Incominciò ad aver paura di quell’atmosfera: il cielo, così breve, i crepuscoli che entravano silenziosamente nelle tenebre delle lunghe notti d’inverno, l’almanaccare furioso degli uomini che si arrampicavano sulle frasi con una destrezza da funamboli, le davano un’inquietudine che s’andava di giorno in giorno aggravando. Temeva che quel suo primo impeto di fattività, quel tentativo di uscire dall’inerzia potesse spegnersi come era accaduto per tutti. Il suo primo proposito di ridare ordine alle faccende economiche del marito si andava imponendo come un compito a cui attendere con tutta l’energia possibile.
Aiutata nell’impresa dal facinoroso Luca Marano, un figlio di contadini divenuto avvocato, riuscirà a promettere al popolo un pezzo di terra in cambio di sei mesi di lavoro.
A terre coltivate infatti la banca le avrebbe concesso il demanio per continuare una prolifica attività. I contadini credendo a Luca lavorarono ininterrottamente per sei mesi in qualsiasi condizione climatica, ma al termine ricevono delle ingiunzioni di sfratto. Nel frattempo, Laura si era allontanata abbandonando il marito moribondo a seguito di un incidente durante un tafferuglio fascista e si era stabilizzata a Sanremo.
Luca a questo punto scoperto l’inganno fa quello che è in suo possesso per recuperare le terre dei contadini, ma senza tener conto della situazione politica del regime che ad azioni sovversive rispondeva con altrettanta forza.
La storia scritta con lo stile verista non lascia alcuna garanzia di successo al popolo.
Approfondimento
Francesco Jovine ci descrive un quadro decisamente realista dell’epoca, in qualche modo sembra di leggere Verga, ma anche Lampedusa, il ritratto di un popolo stanco dalla Prima guerra mondiale, ma ancora volenteroso e ricco di animo, si oppone ad una borghesia decadente che ha solo il nome, impoverita e schernita.
Un’Italia affranta e lenta in cui si staglia pian piano il fascio alimentandosi con la fiducia di alcuni e conquistando con i manganelli quella della maggioranza.
Un autore forse poco conosciuto, ma la cui abile scrittura invita a non abbandonarlo; piacevole e ricca la descrizione dei personaggi, si dà largo spazio ad ognuno e soprattutto è Luca Marano il protagonista più apprezzato nonché il più infelice, un giovane portentoso, con scarsa voglia di studiare, ma con obiettivi di rivalsa, ingenuo, bistrattato, ma dall’animo gentile.
Tutti gli incontri con Laura lo lasciavano umiliato e amaro. Trovava goffi i suoi movimenti, asciutte le sue risposte; gli sarebbe piaciuto conversare con lei con tono cortese, fermo, forse anche leggermente scherzoso. Invece il suo contegno oscillava tra l’asprezza e l’ossequio servile. «Niente da fare», disse una volta a sé stesso. «O picchio o m’inginocchio.
Un tipo rozzo coi pantaloni ai calcagni, che nasconde le origini per farsi apprezzare dalla borghesia e da questa viene imbrogliato malamente senza alcun riscatto.
Lodevole la presentazione delle donne Clelia e Laura, difficile non palesarsele, l’una asettica, impaurita e diffidente, l’altra scaltra, presuntuosa e sfuggente, fra di loro si staglia Enrico, del quale si sa poco, la sua reputazione sgualcita ci regala poche soddisfazioni ed incarna alla perfezione la sonnolenta rappresentazione della discesa nobiliare.
Nausicaa Baldasso