
Autore: Banana Yoshimoto
Pubblicato da Feltrinelli - Luglio 2003
Pagine: 127 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Universale Economica

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Yayoi è una giovane liceale che vive sospesa a metà tra le premure di un’amorevole famiglia piccolo borghese e le ri-petute fughe a casa della zia Yukino, indomata e magnetica creatura che trascende ogni convenzione sociale. Cosa spinge Yayoi ad alternare l’idilio famigliare alla sua completa negazione? Sono gli echi di un passato doloroso e condi-viso a legare Yayoi alla zia più di quanto la giovane creda, il presagio triste che aleggia sulla vita delle due donne.

Che creatura triste, l’essere umano, pensai. Non c’è nessuno che riesca a fuggire del tutto dall’incantesimo dell’infanzia.
Fin da piccola, Yayoi manifesta doti che la rendono speciale, diversa da tutti gli altri bambini: una sensibilità al limite della preveggenza la rende infatti particolarmente consapevole delle cose che la circondano, al punto tale da permetterle di indovinare quale canzone la radio sta per trasmettere, che tempo farà o chi sta per telefonare.
Pur crescendo in una di “quelle famiglie felici e sorridenti della classe media come in un film di Spielberg”, lo spettro di un passato non del tutto sepolto torna occasionalmente a turbarla; fortuna c’è Tetsuo, l’amato fratello nelle cui premure ella spesso trova rifugio e che, con la sua innata dose di serena razionalità e buon senso, riesce a farla sentire al sicuro.
Yayoi sa tuttavia che la gabbia dorata che si è costruita attorno non può durare per sempre e – seguendo le tracce che conducono alla fonte dei propri turbamenti – si avvicina sempre più all’eccentrica e sregolata zia Yukino. Trent’anni, insegnante di musica al liceo, Yukino rifugge le norme sociali condivise, vivendo sola in una casa buia e trasandata sul cui retro ha accumulato miriadi di vecchi oggetti “come se non fossero mai stati”.
In una notte di ribelle ed ebbra baldoria tra ragazze, Yayoi e Yukino fanno riemergere quel non detto che entrambe fingevano “non fosse mai stato”; ma la sobria consapevolezza di quell’essersi a tal punto esposta turba l’orgogliosa zia, che fugge senza lasciare traccia. Per dipanare anche gli ultimi tratti della matassa e svelare fino in fondo i segreti della propria infanzia, a Yayoi non resta che partire alla ricerca della zia scomparsa e di sé stessa.
Presagio triste è uno di quei rari libri che riesce a mantenersi lucido e scorrevole dall’inizio alla fine, con quello stile fresco e minimal che già aveva caratterizzato il più celebre Kitchen –pubblicato originariamente dalla Yoshimoto lo stesso anno di Presagio Triste, 1988 – e che la critica letteraria ha giustamente accostato ai modi e ai toni degli shōjo manga, i fumetti giapponesi a tematica sentimentale per lo più rivolti ad adolescenti.
Ordinato e pulito come un ikebana di fiori ma allo stesso tempo stratificato quanto un complesso origami, Presagio triste non si rivolge in ogni caso a un pubblico in particolare, facendosi anzi portavoce di una storia e di un messaggio universali. Yayoi si muove in un ambiente fatto di interni dettagliatissimi ma di esterni volutamente molto vaghi, tanto che intuiamo si tratti del Giappone solo per la presenza sporadica di qualche nome; la sua è la storia di ogni storia, del passaggio dall’adolescenza all’età adulta, dell’amore che da mero gioco si fa maturo, del principe che salva la principessa perduta – o, in questo caso, della nipote che salva la zia da un incanto di comode illusioni.
Approfondimento
Parlare di qualsiasi opera letteraria come della somma della psicologia e degli atteggiamenti dei suoi vari personaggi è senz’altro riduttivo, eppure Banana Yoshimoto riesce efficacemente a fare del delicato, intimista ritratto di quattro principali caratteri il perno su cui ruota l’intera vicenda. Yayoi, sensibile e riflessiva, con un passato avvolto nel mistero; Tetsuo, epitome stessa della sicumera giovanile, leale e sincero; Yukino, tanto seducente quanto elusiva e indomabile; e infine Masahiko, giovane allievo di Yukino con la quale aveva iniziato una relazione.
Proprio all’innamorato e malinconico Masahiko l’autrice affida quelle che sono forse le pagine più belle del libro, l’affascinata – e affascinante – descrizione di Yukino, trasandata eppure bellissima, spirito sì ferito ma se non altro libero, che appare così com’è, in barba ai ben pensanti. Yukino è la tentazione latente in tutti noi di scappare dalle noiose responsabilità quotidiane, di vivere senza cucinare né pulire, di sederci per terra quando ci va: è quell’istinto di pura vita che con estrema difficoltà dovrebbe sì scendere a compromessi ma senza mai annullarsi del tutto.
Luca Benotti