
Autore: Concita De Gregorio
Pubblicato da Feltrinelli - Novembre 2022
Pagine: 176 - Genere: Biografico, Teatro
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: I narratori
ISBN: 9788807035135
ASIN: B0BF9TQFCD

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Il femminile e la sua potenza di fuoco. La sua bellezza, la sua forza, la sua luce. Donne che prendono la parola per l’ultima volta e dicono di sé, senza diritto di replica. Donne come Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Maria Lai, Lisetta Carmi e molte altre, dal Novecento fino ai nostri giorni, fino alla guerra. Ciascuna di queste donne si fa avanti durante il proprio funerale per pronunciare un’orazione che è anche una invettiva, parole incendiate di passione ma anche di rabbia per la marginalità a cui la storia le ha relegate – Dora è la musa di Picasso, Amelia l’amica di Pasolini e la figlia di Carlo, Carol l’amica di Warhol… sono sempre qualcosa di qualcuno, di un uomo. Concita De Gregorio ha portato a teatro, rappresentando lei stessa, alcuni di questi soliloqui. In questo libro aggiunge molte altre storie rispetto a quelle incarnate nello spettacolo teatrale, nell’intento di rispondere con la voce di queste donne alla domanda oggi più scottante: dov’è finita l’umanità?
"È quando si lascia la presa – si va a giocare via, lontano dalla vista – che arriva la voce di chi ti cerca, o forse torna. Ma cosa importa. È tardi, di solito, a quel punto. La storia è già cambiata, o è finita."

Parliamo di donne, donne alle quali la vita non ha reso giustizia. Donne che hanno vissuto e non sopravvissuto. Donne di cui pare di sentire la voce presente, pur non essendo più fisicamente presenti. Dora Maar pittrice e fotografa; Silvina Ocampo persona di spicco della letteratura spagnola; Lorenza Mazzetti, scrittrice, pittrice e regista; Aloïse Corbaz, istitutrice; Nise Da Silveira psichiatra; Olga Carolina, autodidatta pittrice; Vivian Maier bambinaia fotografa; Margaret Bourke White, fotografa; Amelia Rossetti poeta e musicista; Maria Lai, artista, Lisetta Carmi musicista, fotografa, mistica.
In Un’ultima cosa ogni donna viene brevemente introdotta con autobiografia in cui si evidenzia il tratto saliente per ciascuna di loro, cioè il motivo per cui si tratta di donne degne di nota e poco notate, a tratti per nulla ricordate. E da questo già emerge l’obiettivo che si propone Concita de Gregorio di voler realizzare con questa raccolta. Parliamo di donne che sono state osteggiate nella loro crescita personale e sociale da eventi alcuni previsti e altri imprevedibili. E dunque è momento – per l’autrice – di dar loro la voce per esprimere quelle parole alle volte scritte, altre rilasciate in interviste, rielaborarle e comunicarle a un pubblico più ampio, e che da quelle parole il lettore possa ricevere un messaggio che non è morto con l’abbandono del corpo di queste donne dalla nostra Terra ma rivive con la scrittura che Concita De Gregorio presta loro per renderle conoscibili.
Brevi capitoli, una pagina e mezzo di biografia dedicata a ciascuna di loro e un episodio per ciascuna. Un episodio che non è un racconto di un fatto o di un avvenimento realmente accaduto ma un riscatto che passa attraverso i tratti caratteriali salienti di ciascuna di loro. Tratti brevi ma intensi.
Chi con la fotografia, chi con la pittura, con la scrittura han trovato tutte rifugio nell’arte da un mondo che ha cercato loro di togliere quel talento e quella luce che le rende non copie ma uniche.
Una struttura così condensata in presentazione della donna e in brevi dialoghi, consente al lettore di proseguire nella lettura di un mondo non pronto ad accoglierle o che forse ha finto di non vederle. Consideriamo anche il contesto storico e dunque donne del secolo scorso che sicuramente non godevano pienamente della libertà di espressione di sé stesse e del pensiero proprio di cui si gode nei tempi odierni, difatti alcune ritenute malate venivano internate; altre rinchiuse in casa e curate con oppiacei che annullavano la loro mente e il loro corpo.
Concita De Gregorio dunque presta la sua penna alle mani alle quali la penna è stata tolta, le studia e compone: un’ultima cosa.
Approfondimento
Un’ultima cosa dà voce a donne il cui comune denominatore è indubbiamente l’arte e tutto ciò che comporta vivere d’arte e al contempo nascere con una personalità complessa, spesso non compresa vuoi per il periodo storico di riferimento in cui alcune donne vissero vuoi perché il tempo, come talvolta accade, non ha reso loro giustizia.
Donne che hanno sicuramente contribuito alla formazione della personalità dell’autrice e la scelta di ognuna, a mio avviso, nel corso degli anni, come la goccia che corrode la roccia, si è sedimentata nella sua essenza più intima delineando la sua figura.
Indubbiamente encomiabile l’intento comunicativo che vuole raggiungere l’autrice dando in qualche modo giustizia a delle voci di donne del secolo scorso spesso vissute all’ombra di qualcuno o di qualcosa.
Si tratta però di un’opera teatrale e leggere un libro che racchiude dialoghi predisposti dall’autrice alla recitazione, a mio avviso, non trasmette pienamente al comune lettore, che non sia un addetto o un’aspirante addetto ai lavori, l’interpretazione dell’autore nonostante lo studio accurato dell’ortografia per rendere la lettura quanto più intensa e vera possibile. La si immagina, ma non ci si immedesima.
Se dunque, da un punto di vista oggettivo è una breve raccolta di storie ben strutturata, ben scritta, fluida, connessa, da un punto di vista soggettivo la composizione delle parole non assurge a potenza comunicativa. Non riesco a percepire il principio della veemente giustizia che dovrebbe imperare per cento settantasei pagine probabilmente anche per un mio personale distacco da questo genere letterario che dunque non mi consente di avere quella spiccata emotività che colga la forza del libro.
Ylenia Giordano