
Autore: Franck Thilliez
Pubblicato da Fazi - Novembre 2023
Pagine: 312 - Genere: Thriller
Formato disponibile: Brossura, eBook
Collana: Darkside
ISBN: 9791259674623
ASIN: B0CKJ9PP7R

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Jonathan Touvier, ex alpinista di cinquant'anni, si sveglia confuso e disorientato in fondo a una grotta, accanto al suo cane Pokhara e due sconosciuti, Farid e Michel. Incatenato al polso, Farid alla caviglia, e Michel con una maschera esplosiva sulla testa, il trio si trova coinvolto in un misterioso gioco con tre domande cruciali. Qualcuno li ha intrappolati, creando una rete intricata di inganni. La lotta per la sopravvivenza si intensifica, e mentre la natura si rivela spietata, l'uomo si trasforma in un predatore senza scrupoli. Inizia una disperata lotta contro il tempo, dove menzogne e mezzeverità complicano ulteriormente la situazione, costringendo i protagonisti a utilizzare ogni mezzo e strategia per non soccombere.

Ci hanno derubati persino del tempo. Questa “premura”, questa cura del dettaglio mi lasciano perplesso, e mi fanno capire che difficilmente la situazione si risolverà nel giro di qualche ora. Più passa il tempo, più temo il peggio. Morirete tutti. Devo prendere in mano la situazione. Mi avvicino a Michel, esamino la sua maschera con attenzione, provo a forzare il lucchetto.
Vertigine è un capolavoro della suspence come solo il grande Thilliez poteva realizzare. Un’estremista il cui dono è di offrire un risultato mozzafiato, non si intravede un barlume di finale fino alle ultimissime pagine con una narrazione appassionante e contorta.
Un famoso alpinista innamorato del suo sport come della propria famiglia si ritrova improvvisamente in una caverna di ghiaccio con tre sconosciuti, uno dei quali già deceduto. Deve alimentarsi e sopravvivere, chi ha escogitato tutto non si è dimenticato di lasciargli il cane Pokhara, ma il motivo? Terrificante, abominevole. Ma sarà vero o frutto della sua contorta immaginazione?
Proprio come pensavo. Non appenderai mai il rampone al chiodo, nemmeno per una donna. Perché nessuno, nessun alpinista sulla faccia di questo pianeta può girare i tacchi quand’è ormai così vicino alla vetta. Ha bisogno della sua vetta per portare avanti un progetto più ambizioso, più difficile, più pericoloso. Tornare indietro sarebbe come tagliarsi i polsi e lasciare scorrere via il tempo. Significherebbe tradire la montagna. E tu sei un alpinista, Jo, un alpinista vero. Io e te siamo forgiati dallo stesso acciaio.
Poco importa, leggendo si vivono emozioni intense e fruscianti, da capogiro, e tra una vicenda e l’altra Thilliez introduce delle frasi di grandi alpinisti sul significato della sofferenza e della paura, ma soprattutto sullo spirito prezioso che lascia l’aria fresca di una vetta alpina, il senso dell’incontrollabile, dello sgomento e della disperazione sono insieme tanto amati quanto odiati e ben rappresentati nella storia.
Tra i mal capitati ognuno si risveglia con una scritta sulla schiena: chi sarà il ladro? Chi sarà il bugiardo? Chi sarà l’omicida? Oltre a Jonathan Touvier, abbiamo Farid, un ragazzo arabo ventenne spregiudicato e con una malattia che gli impedisce di leggere, e Michel, un quasi cinquantenne che lavora in un mattatoio. Quest’ultimo indossa una orribile maschera di ferro che gli copre interamente il volto e dalle cui uniche sporgenze emana una voce gutturale e spaventosa.
Non si capisce e non si capirà fino all’epilogo il perché siano tutti presenti in questo buco sotterraneo scolpito interamente dal ghiaccio e sprofondato nel ghiaccio stesso. Ma fra loro c’è anche un cadavere recente che porta con sé come unico indumento, una lettera secondo la quale moriranno tutti, nessuno sopravviverà.
Nella grotta sono presenti delle scarse riserve di gas, liquore e arance, null’altro, loro sono però “come ospitati” da una tenda e un paio di sacchi a pelo, niente altro se non un mangiadischi con dei 45 giri classici e ben conosciuti da Touvier.
Ricomincio, dunque, la fastidiosa operazione. Mentre raschio il ghiaccio, non posso fare a meno di scrutare i grappoli di stalattiti. Il baratro è vivo… E se lo fosse davvero? E se questa materia, intorno a noi, fosse l’interno delle fauci di un mastodontico mostro organico? Le gocce sarebbero la saliva. Le stalattiti, il palato. Il pozzo, la gola. Stringo i denti e osservo lo spazio intorno. I muri d’inchiostro infiniti… Le ombre che giocano con la lampada… Immagino anche foreste di occhi, che ci osservano in silenzio.
La disperazione dei personaggi è costante e si alternano momenti di pace a momenti furiosi, la mancanza di cibo e acqua e il freddo riducono una poltiglia le cellule del cervello e la difficoltà impressionante accelera dimostrandosi velocemente in pochissime ore.
Touvier è preoccupato per la moglie che nel frattempo sta aspettando per l’imminente trapianto al midollo e la figlia in Turchia, Farid è nervoso perché sente la morte sotto i piedi e Michel pensa anch’esso alla moglie e al figlio perduto. Fra di loro rapidamente si instaura una sorta di amicizia e collaborazione, gestiranno così i momenti di quotidianità che garantiranno acqua scartavetrando il ghiacciaio e sonno caldo alternandosi nei sacchi a pelo.
Con il cibo tornano le energie, e migliora anche l’umore. Per la prima volta da quando siamo sottoterra, ho l’impressione che il nostro gruppo sia realmente coeso. Accendiamo il fornello solo quando è davvero necessario, e non più per illuminare o per lavarci. Ci togliamo le scarpe prima di entrare in tenda, eseguiamo un sacco di gesti che fanno oramai parte della nostra quotidianità e ci garantiscono la sopravvivenza. Mettere a posto i bicchieri, evitare la condensa scaldando il ghiaccio fuori, lavare i piatti con il ghiaccio tritato per risparmiare sul gas, svuotarci le vesciche il più lontano possibile dalla tenda… Con gli asciugamani di spugna, io e Michel abbiamo pulito il nostro spazio vitale da cima a fondo, è così bello dormire su un pavimento pulito e quasi asciutto. E poi abbiamo lavato gli asciugamani stessi con l’acqua fredda. Il sangue non è andato via, probabilmente non si asciugheranno mai più, ma poco importa: viviamo quasi in armonia con un luogo ostile che più ostile non si può.
Michel non può superare i cinquanta metri pena una esplosione nella sua testa, mentre Touvier e Farid sono legati con delle catene, insomma lo spazio di “lavoro” e di “esistenza” è limitato, ma riusciranno a scavare un tunnel. Prima di potercisi dedicare ne accadranno di ogni e si concluderanno anche con la morte del cane, avvenuta volontariamente per potersi cibare.
Approfondimento
La psiche umana è un simulacro e al contempo un vaso di pandora. Thilliez è un arciere prodigo nel colpire l’attenzione umana e allo stesso tempo nel farla incaponire su un finale che non si riesce ad accettare o a comprendere. In Vertigine si mischia profondamente la logica con l’irrazionale, si è trascinati in una voragine di incertezze e la paura ci accompagna, così come l’impotenza e la violenza. La narrazione ha un che di macabro e irruento. Solo all’inizio ci si annoia, ma progressivamente si è sommersi dalla volontà di conoscenza: di cosa e di chi stiamo parlando? Perché è accaduto tutto questo? Quali sono i motivi? Chi è coinvolto? Interrogativi che non troveranno mai risposta o forse più risposte.
L’aspetto principale del mio tentativo è stata la rottura con il mondo esterno, e di conseguenza la soppressione del normale scandire del tempo con la successione delle notti e dei giorni, nonché l’assenza di contatti sociali. Vivendo in questo modo, seguendo il ritmo interno e ancestrale dell’uomo, volevo vedere se questo ritmo si spezza oppure no…
Nausicaa Baldasso