Autore: Giovanni Capurso
Pubblicato da Progedit - Gennaio 2021
Pagine: 120 - Genere: Biografico
Formato disponibile: Brossura
Collana: Storia e memoria
ISBN: 9788861945005
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Questo importante libro ci racconta la vita e la carriera di Giuseppe Di Vagno, il primo parlamentare italiano assassinato dagli squadristi fascisti, ci racconta la lotta per la pace e la concordia all'interno di uno stato minacciato dalle camice nere. Il gigante buono fu un oratore straordinario, un uomo coraggioso che lottò per il benessere della propria nazione. I suoi grandi ideali hanno resistito fino ad oggi, le sue gesta restano scritte con inchiostro indelebile sui libri di storia. Giovanni Capurso ci racconta con grande abilità letteraria, attraverso fatti e documenti del periodo questi eventi storici legati al periodo più buio della nostra politica, il fascismo.
Il libro che abbiamo letto e recensito per voi è una biografia di rilevanza storica, appartiene alla collana “Storia e memoria” e ci fa riflette su un periodo storico che ha lasciato per sempre i segni sulla nostra nazione italiana.
Il libro è intitolato “La ghianda e la spiga – Giuseppe Di Vagno e le origini del fascismo” una nuova opera dello scrittore e docente Giovanni Capurso che ha pubblicato il libro attraverso Progedit Editore, per raccontarci la vita di Giuseppe Di Vagno antimilitarista e pacifista, che fu internato due volte a causa delle sue proteste contro la scesa in campo dell’Italia nella prima guerra mondiale dove partecipò come caporale. Il fondatore del socialismo italiano Filippo Turati lo aveva soprannominato “il gigante buono” a causa della sua statura. Nato nel barese in una famiglia di contadini, Di Vagno sosteneva i braccianti, la forza lavoro dell’Italia di quel tempo, in contrasto con i latifondisti locali, stava dalla parte dei più deboli e credeva fortemente nei valori umani e civili inculcati dalla sua umile famiglia.
Tale situazione, tuttavia, nella cittadina aveva iniziato a creare non poche tensioni tra i contadini e i latifondisti che si ripercuotevano nelle prime vere competizioni elettorali. Nel 1885, quattro anni prima della nascita di Di Vagno, il Partito della Piazza guidato dal farmacista Stefano Di Lauro riuscì per la prima volta a spodestare i “galantuomini”, i grandi proprietari, dal potere cittadino che detenevano da sempre. Tra innumerevoli difficoltà, anche il padre di Di Vagno, dopo un lungo e tenace lavoro di spietramento, trasformò buona parte del suo piccolo fondo in un rigoglioso vigneto, eliminando mandorli e ulivi preesistenti. In generale i vigneti erano più redditizi anche rispetto ad altre colture arbustive: visto che a Conversano un ettaro di vigneto garantiva un reddito di circa 240 lire, mentre uno di seminativo olivetano ne dava per circa 132 lire3 . Al crepuscolo, il giovane vedeva ritornare suo padre esausto, ma con il viso soddisfatto. Nelle mani callose di quest’ultimo, impastate di terra mescolata al sudore, e nel corpo del genitore ricurvo per la fatica, imparò quei valori fondamentali della vita che nessun libro gli avrebbe mai insegnato.
Affascinato dalla rivoluzione Russa, che vedeva cadere i privilegi di pochi e le differenze sociali, come avvenne anche attraverso la rivoluzione Francese uno degli eventi che lo aveva colpito da giovane studente, Di Vagno appassionato di letteratura dell’Est, maturò una forte sensibilità contro le ingiustizie e sviluppò una forte vena critica e un pensiero autentico e audace, così ci racconta Giovanni Capurso.
Purtroppo la storia di Giuseppe Di Vagno ha dei risvolti drammatici, in quanto giovane parlamentare di appena trent’anni fu uno dei primi politici assassinati dai fascisti nel 1921 a causa delle sue idee e della sua lotta contro un movimento che stava prendendo il potere e cominciava rapidamente a divorare e reprimere ogni antagonista. Lui era un abile oratore, con delle idee forti e decise, un parlatore veloce in grado di far riflettere gli ascoltatori, Il suo pensiero non voleva limitarsi ad un concetto di socialismo della retorica elettoralistica o da congresso, cercava di far capire a tutti che, per migliorare le condizioni di vita dei contadini, c’era bisogno di dare all’amministrazione cittadina un’impostazione diversa rispetto al vecchio metodo clientelare, basato piuttosto su un organico progetto di interventi sociali. Pochi mesi dopo la sua elezione , venne freddamente raggiunto da alcuni colpi di pistola a Mola di Bari proprio dopo l’ennesimo coraggioso comizio dove invitava tutte le forze politiche alla pace e alla concordia. Morì in ospedale il giorno dopo, il 26 settembre del 1921.
Giovanni Capurso in questo libro ci racconta la giovinezza di quest’uomo straordinario, ci fa apprezzare l’animo intimo e il suo percorso di vita, la sua carriera politica, ci racconta una parte dell’Italia che lottava in prima persona per dei forti valori umani che oggi mancano quasi del tutto, una politica legata ad un pensiero “puro” e oserei dire romantico.
L’autore ci induce a riflettere per farci una domanda precisa, senza quel delitto, la storia della nostra Italia forse avrebbe preso un strada diversa? Nessuno può affermarlo con certezza. Ma questo episodio storico e drammatico deve sollevare una questione sulla quale è importante riaprire un grande dibattito, forse per scuotere il cuore e la mente dei nostri governanti, o ancora delle future generazioni che presto avranno modo di decidere chi deve governare la nostra nazione. A cento anni dalla sua scomparsa, abbiamo ancora molto da imparare da Giuseppe Di Vagno che si è distinto e ha lottato in un’epoca difficile come quella della nascita dell’era fascista.
Approfondimento
Il titolo La ghianda e la spiga riprende l’ultimo articolo di Di Vagno, intitolato La fiaba del grano che è riportato all’interno del libro, racchiude l’essenza degli ideali del giovane politico pugliese improntati sulla ricerca della giustizia sociale. La ghianda è quello che rimane al contadino dopo le faticose ore di lavoro passate sotto il sole, mentre la spiga, ovvero la parte migliore, va a chi gode passivamente del frutto del sacrificio altrui.
Conoscendo la sua storia attraverso la scrittura ipnotica di Capurso che sembra donarci insieme al ricordo una prosa molto toccante, anche noi possiamo riflettere su questo sacrificio che ha compiuto Di Vagno, sull’eredità umana che ha lasciato a noi tutti, come la forza di combattere per delle idee, per la pace, che era divenuta il suo credo, per il benessere del più debole e l’abolizione di ogni barriera sociale.
Attraverso la lettura di questo libro, una cosa che mi ha colpito molto di Giuseppe Di Vagno, e che si dimostrò uomo di forte carisma nonostante le mille difficoltà, oltre alla sua lotta pacifista e il coraggio espresso, ho apprezzato tanto il suo grande impegno nello sviluppo culturale della società dell’epoca, sempre in prima linea per contrastare l’analfabetismo nazionale, promuovendo biblioteche popolari, scuole rurali, e corsi per adulti. Fu davvero un uomo di grande valore.