Autore: Mario Abbati
Pubblicato da Alter Ego - 2016
Pagine: 358 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Specchi
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“Tra la libertà e la felicità, la maggior parte degli uomini sceglie la felicità”
Questa celebre affermazione, racchiusa tra le pagine di 1984 di George Orwell, è il nocciolo attorno cui Mario Abbati architetta un racconto distopico e al contempo scanzonato. Decimo piano, interno quattro è molto più che la vicenda di un trentacinquenne invischiato in perverse logiche condominiali, diventa soprattutto la culla di una tagliente riflessione che l’autore sceglie di condividere con amara ironia.
Aleandro Martinez, meglio conosciuto come Alessandro senza esse, stanco della propria vita e completamente insofferente agli sterili affetti che lo circondano, decide di evadere da tutto e da tutti per riscrivere la propria storia dal principio. Il trentacinquenne volta pagina trasferendosi nell’appartamento di Barbara, un’amica di vecchia data costretta ad allontanarsi per assistere la madre gravemente malata. L’alloggio è inserito in un grande edificio di tredici piani, il palazzo A, di fronte al quale ne sorge uno esattamente identico, il palazzo B, che tuttavia è rimasto inutilizzato. Il quartiere è curato, pulito e tranquillo, per di più comodo alla fermata della metropolitana, indispensabile per Aleandro nei suoi spostamenti casa – lavoro. Proprio il lavoro è l’unico dettaglio della vita passata che il trentacinquenne ha deciso di mantenere invariato: è un impiegato – per la precisione quadro – della Omnilot, la lotteria statale, cosa di cui va estremamente fiero.
Già dal primo giorno nella nuova sistemazione, il trentacinquenne percepisce una certa stranezza aleggiare attorno al complesso edilizio. Antonio, il portinaio, accoglie Aleandro con modi inspiegabilmente bruschi e per di più il giovane si ritrova un astruso bigliettino lasciato da Barbara nell’appartamento: Fai attenzione se esci in giardino di notte.
Aleandro è troppo attento per rimanere indifferente a queste sottili sfumature, come non manca di notare le strane luci che ogni notte si accendono e si spengono nel palazzo B. Il palazzo disabitato. Le fonti luminose sono puntuali e sembrano seguire una logica ben precisa; al calare del buio, sera dopo sera, il trentacinquenne comincia ad annotare maniacalmente lo spostamento delle luci cogliendo ben presto una sconvolgente corrispondenza.
Spiazzato da quella scoperta, Aleandro non ha più dubbi: quel complesso edilizio è invischiato in un mistero perverso. Curioso e testardo, il giovane non riesce a rimanere indifferente, decide invece di vestire i panni dell’investigatore e di ficcanasare anche laddove non dovrebbe, pur di saperne di più. L’improvvisato e goffo ispettore si ritrova due bizzarre aiutati: l’anziana vicina di casa e una misteriosa voce di donna che lo accompagna attraverso brevi conversazioni telefoniche. Imparando a fare affidamento solo su sé stesso, Aleandro riuscirà a mettere mano su una metastasi che a poco a poco sta fagocitando tutti in un corrotto meccanismo.
Sul mondo non ti posso aiutare, di esperienze ne ho fatte poche. Però ho capito che se dipendi da te stesso, il male che ti possono provocare gli altri è relativo
La videorecensione (il libro in pochi minuti)
Approfondimento
Mario Abbati mette in scena il suo racconto attraverso le parole di Aleandro Martinez, un Winston Smith moderno, goffo e irrimediabilmente cencioso. Il romanzo è suddiviso in due sezioni, proprio come due sono gli edifici descritti nella vicenda, ritmate da tredici capitoli ciascuna, il medesimo numero dei piani dei palazzi. In altre parole, la struttura del libro segue fedelmente quella dell’architettura descritta. Tra le pagine di Decimo piano, interno quattro prende forma una sottile e affilata riflessione attorno al binomio libertà- felicità, e l’opinione dell’autore può essere sintetizzata attraverso le parole di una delle protagoniste della vicenda, la signora Friske:
Essere liberi significa soffrire, perché la libertà ci obbliga a rinunciare a quei valori illusori che la maggior parte di noi si pone come obiettivi. Lavoro, sesso, denaro. E siccome la gente è pigra e non ne vuole sapere di faticare, allora preferisce la felicità coi suoi falsi modelli
Il romanzo di Mario Abbati è una distopia raccontata con il sorriso, tra scene impacciate e ironia sottile. Proprio questa leggerezza diventa il potente mezzo attraverso cui viene veicolato il forte messaggio dell’autore, un messaggio che travolge il lettore e lo costringe a riflettere sulla spiazzante verità racchiusa in 358 pagine.