
Autore: Cinzia Doti
Pubblicato da Vertigo - 2012
Pagine: 110 - Genere: Narrativa Contemporanea
Formato disponibile: Brossura
Collana: Approdi

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Pier è un uomo di 30, lavora in uno studio dentistico e non ha una vita sociale perché alle prese con una madre malata, con un fratello ribelle e l'odio per un padre che l'ha abbandonato quando era piccolo.

Pier e Paolo sono fratelli eppure hanno caratteri completamente diversi. Pier, il maggiore, ha trent’anni, lavora come dentista, è serio e sicuro dell’idea che si è fatto del mondo; Paolo, al contrario, è ancora un ragazzo dai capelli spettinati e il libretto universitario quasi vuoto, i vestiti che puzzano di fumo e la brutta abitudine di stordirsi con l’erba. Ad unirli – e a dividerli al tempo stesso – c’è Saverio, il padre. Saverio è un uomo viscido e senza scrupoli che ha abbandonato i figli quando erano ancora piccoli e non ha mai mosso un dito per seguirli, sapere qualcosa di loro, del loro crescere quotidiano. Si è allontanato abbandonando sua moglie, la casa che avevano acquistato insieme, il loro progetto di vita. E’ per questo che adesso Pier è costretto ad abitare in un appartamento poco distante da quello di sua madre: per tenerla d’occhio e sostenerla nei momenti di maggiore fragilità.
A sconvolgere la vita di Pier è, a vent’anni di distanza dal suo abbandono, il ritorno improvviso di Saverio nella sua vita. Seduti al tavolino di un bar, i due s’incontrano per la prima volta dopo così tanto tempo eppure Pier non riesce ad essere felice di questo improvviso ritorno. Sa perfettamente, infatti, che Saverio, opportunista ed egoista com’è, ha sicuramente qualcosa da chiedere in cambio. Ed è allora che suo padre, il grande assente della sua vita, gli comunica di aver contratto una malattia a trasmissione sessuale. Il disgusto di Pier per la promiscuità e l’ingenuità del padre si unisce subito alla consapevolezza che suo padre non è lì per riallacciare il rapporto con lui, ma solo per comunicargli di aver bisogno di un trapianto di rene. La gonorrea, infatti, unita al diabete, ha seriamente compromesso le sue condizioni renali. Da questo momento in poi, inizia per Saverio una vera e propria “caccia” a colui che gli permetterà il trapianto e che, naturalmente, non può che essere tra i suoi familiari. Tra disgusto, rancore ed egoismo, Pier e Paolo si renderanno conto di non essere più figli e, forse, di non esserlo mai stati: sono pezzi di ricambio, adesso, organi da trapiantare per salvare la vita di un uomo che non ha mai mosso un passo verso di loro. Presto, però, la situazione si capovolgerà, trascinando con furia i destini dei protagonisti fino al colpo di scena finale.
Pezzi di ricambio è un romanzo breve ma intenso, scritto quasi come fosse un diario. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, il lettore segue l’evolversi delle storie dei personaggi che si avvolgono tutte intorno ad un unico perno: la ricerca. Ogni personaggio ha qualcosa da cercare per sentirsi completo. Saverio ne è l’esempio più lampante: ha bisogno di un rene per evitare i lunghi soggiorni in ospedale e vivere ancora a lungo. Pier e Paolo, invece, sono alla ricerca di qualcosa di molto più profondo: l’amore che non hanno mai ricevuto, la figura paterna che odiano e amano al tempo stesso, l’immagine sfocata di un uomo che non li ha visti crescere e che non è cresciuto con loro e che, anziano com’è, continua a comportarsi come un ragazzino inesperto in ogni campo della vita. Poi c’è la moglie di Saverio, una donna fragile nel cui animo resta un unico, grande punto fermo: l’amore per suo marito. Non importa quanto questi possa averla ferita, ciò che conta è che l’amerà per sempre e lo difenderà dinanzi ai figli e al mondo. Tuttavia, Cinzia Doti non abbandona questo personaggio al suo destino, piuttosto lo conduce a una maggiore presa di coscienza di sé e, nel finale, alla catarsi che le permetterà la rinascita.
Ciò che più mi ha colpito, in questo romanzo, è il mancato senso della redenzione. Saverio non giungerà mai a un vero e sincero pentimento ma continuerà imperterrito a perseguire ciò che più gli è utile – e l’amore dei suoi figli, ovviamente, non gli serve a nulla. Saverio è una figura spietata che incarna in sé la verità più profonda dell’egoismo umano, una caratteristica dalla quale nessuno di noi è esente e che in questo personaggio trova la sua più adeguata rappresentazione. L’idea dei figli intesi come “pezzi di ricambio” è agghiacciante e terribile e Cinzia Doti è bravissima a non lasciar trapelare moralismo né retorica: l’autrice, semplicemente, espone i fatti, li mette in fila l’uno dietro l’altro e lascia al lettore la facoltà di giudicare. Questo è, a mio parere, il più grande pregio del libro.
Il personaggio di Pier, affermato dentista e uomo fatto e finito, è particolarmente interessante. Sa che suo padre non merita il perdono né l’aiuto che richiede eppure, nel corso del romanzo, traspare in controluce un taciuto bisogno di riconciliazione che, purtroppo, non troverà mai realizzazione. Anche il personaggio di Paolo, oscuro e scapestrato, cela in sé tutto il disagio dell’abbandono, dell’esser maturato senza aver mai potuto godere dell’esempio di un padre e di essere cresciuto quasi per caso, allo sbaraglio, all’ombra degli errori che non può più esimersi dal commettere.
Dal punto di vista stilistico, il romanzo è asciutto, breve, ben calibrato e pensato. L’autrice non si abbandona a “sbrodolamenti” retorici, non perde mai il controllo della penna e questo fa sì che il romanzo risulti doloroso, incisivo e tagliente. Se la scrittura della Doti fosse stata diversa, sicuramente Pezzi di ricambio avrebbe perso gran parte della sua potenza espressiva. I miei complimenti a questa giovane autrice, traduttrice e curatrice di mostre pittoriche qui al suo esordio letterario. Interessante il tema trattato, opportuni i riferimenti al mondo criminale che si cela dietro i trapianti di organi, con personaggi realistici e psicologicamente approfonditi. Un libro che consiglio a tutti coloro che vogliono concedersi non soltanto ore di piacevole lettura ma anche di riflessione su un argomento scottante del quale si parla troppo poco.
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