Autore: Gabriele Banchero
Pubblicato da Montag - Febbraio 2019
Pagine: 113 - Genere: Narrativa Contemporanea, Racconti
Formato disponibile: Brossura
Collana: Le Fenici
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Ma, fuggire nei sogni! un momento, c'è sogno e sogno. Qualcuno non ha forse detto "Noi siamo nati per trasformare i sogni in realtà"? Del resto, quale rivoluzione non è nata, prima, dal sogno di pochi?
Il sogno come mezzo di trasporto per giungere, in modi diversi, al (non)luogo della morte: si viaggia così in “Prigionieri di misteriosi e impossibili sogni” libro che racchiude 19 racconti di Gabriele Banchero. Un viaggio onirico in compagnia di personaggi irreali e surreali, proprio come i loro discorsi e le ambientazioni, dopo tutto. Nel sogno tutto è possibile, avvicinarsi ai desideri, soddisfare torbidità, assecondare il flusso e il caso senza ripercussioni reali e, soprattutto, nel nostro immaginario il sogno è il punto di osservazione più vicino alla morte attraverso il quale elaborare il passato, fare come un gesto per voltarsi a guardare la propria esistenza.
Non appare strano dunque il binomio sogno-trapasso, né appare insolito che un autore si avvicini al tema della morte dato che essa è parte della vita che racconta e, dato che è stata, anche nel passato, oggetto di approfondimento da parte di esponenti della letteratura che, come avrò modo di approfondire in seguito, si sono misurati con la grandezza del tema. Così anche filosofi, scienziati, antropologi, religiosi di tutto il mondo, con visioni diverse. Ciò che appare invece originale è l’approccio che l’autore, che non affronta il tema per la prima volta, decide di utilizzare nella costruzione di questi brevi “lasciti”, si passi il termine, di sogni. Plasmati, strumentalizzati e impiegati per mescolare visioni e stili non sempre contigui. Si propone al lettore, in micro periodi all’interno degli stessi capitoli, racchiusi dai paragrafi, un ventaglio di possibilità, di interpretazioni, di soluzioni che hanno a che fare con il vivere.
Banchero in “Prigionieri di misteriosi e impossibili sogni” descrive la morte al plurale, mai brutalmente. Con quella vena di surrealismo, che menzionavo poco più sopra, accompagna i personaggi in un percorso da cui non torneranno mai più indietro utilizzando immagini diverse: una caduta verso il nulla, l’attesa di un evento, di un treno, o una fatalità sopraggiunta, ad esempio. Gli oggetti prendono vita, persone inesistenti iniziano dialoghi, vengono sollevati singolari quesiti e impulsi da seguire o domare, destini improbabili s’incrociano (come in “La fornace”). Tutto conduce infine dove il sogno finisce.
Prima che questo accada i sogni vanno in scena, si muovono sul palcoscenico dell’inconsueto, dialogano in modo sottile con il lettore. Recitano la loro parte. Si danno il cambio. Sembra di riconoscere in quelle “sceneggiature” uno stile romantico che propone la visione della morte come punto d’approdo (penso a Foscolo):
Era un cammino senza fine? Ecco: era finalmente la pace.
(Effetto Kirlian, pag. 67)
Ma anche alcune decadenti. Per quel che riguarda le ambientazioni naturali cariche di mistero e le frequenti visioni si possono trovare analogie con la poesia pascoliana.
Là barbagli di luce, sì, spire verdazzurre, folgoravano lampi che ne avrebbero tratto edere e narcisi, margherite ed ibisco, un magico variopinto giardino. Più in là s’intravedevano valli, cui succedevano erte, che si aprivano a nuovi valli, e così all’infinito.
(Effetto Kirlian, pag. 67)
Alcuni passaggi, a volte cautamente erotici, ci ricordano il connubio amore e morte magistralmente svelato da D’Annunzio.
– “Sei l’amore, non ci lasceremo mai”. E ora…
L’amica la baciò. Dovette trasmetterle un ben preciso pensiero, perché Sitha la guardò negli occhi:
– Tutto non è che inganno. Meglio amare uno che non esistere, come lui…
Il risultato è un apprezzabile amalgamo di sensazioni stimolanti, di suggestive fantasticherie su carta.
La narrazione procede con un ritmo piuttosto lento, dovuto a mio giudizio, a una ricchezza di particolari non funzionale alla trama ma funzionale al compimento del clima surreale voluto e al processo di introspezione dei personaggi. In fondo è il loro viaggio, la loro sceneggiatura, interiore e nel sogno. Questa ripetizione a voce alta, sul bianco della carta, è solo per noi. Che non siamo ancora stati interrotti.
Proposto come è, quello della morte, un tema infinito, insidioso e discordante confezionato in sogni. Tanti piccoli misteriosi e impossibili sogni, per altrettante risposte. E a fare quei sogni siamo noi.