«Avevo perso molto, ma non avevo perso tutto».
Una giovane donna sta preparando la festa di compleanno per il suo bambino. Aspetta il marito, Lasse, che è andato a correre una mezza maratona. Mentre è assorta nella decorazione di un omino di pandispagna, all’improvviso una telefonata l’avverte che Lasse ha avuto un arresto cardiaco. La donna lascia tutto e corre in ospedale, dove il marito morirà il giorno dopo, senza aver ripreso conoscenza. Come si sopravvive quando l’uomo con cui si condivide l’esistenza, il grande amore e una famiglia che sta crescendo muore improvvisamente, a soli ventisette anni?
Senza voler offrire risposte, Puk Qvortrup riesce a colmare le lacune della lingua del dolore e a fare della propria esperienza letteratura. In una stella è il racconto di come si attraversa l’inconcepibile. Di come si può continuare a vivere con un bambino di due anni che non capisce perché il suo papà non torna più da lui. Di un altro bambino che viene al mondo tre mesi dopo la morte di chi l’ha generato. Di due domande che sembrano rispondersi a vicenda: «Come potevo essere tanto infelice, se Kaj era nato? E come potevo essere tanto felice, se Lasse era morto?» È il racconto schietto e sincero della quotidianità che riprende piano piano, inavvertitamente e quasi controvoglia, delle scintille di gioia e speranza che tornano a manifestarsi, provocando vergogna e senso di colpa. Ma anche della riconoscenza per la vita che va avanti, nonostante tutto.