
Autore: Moriz Scheyer
Pubblicato da Guanda - Settembre 2016
Pagine: 352 - Genere: Autobiografico
Collana: Narratori Della Fenice
Dal 29 settembre in libreria
Dopo una travagliata epopea oggi arriva finalmente in libreria Un sopravvissuto, il romanzo che si temeva perduto di Moriz Scheyer, edito da Guanda. Infatti, dopo essere stato scritto nel 1943 in un convento di suore francescane in Dordogna, e rivisto dall’autore alla fine della guerra, questo memoir vede la luce solo oggi in seguito ad una incredibile e avventurosa storia editoriale. Quando Scheyer morì prima di riuscire a farlo pubblicare, il suo figliastro, che non ne apprezzava lo spirito a suo giudizio eccessivamente vittimista e antitedesco, tentò di cancellare la memoria paterna distruggendo il dattiloscritto. O almeno, era convinto di averlo distrutto. A cinquant’anni di distanza, infatti, il nipote di Scheyer P.N. Singer ne ha rinvenuta una copia carbone nella soffitta della casa paterna, probabilmente quella stessa copia che suo nonno aveva inviato alla moglie di Stefan Zweig, in America, per ottenerne la pubblicazione. Ora finalmente il libro esce, corredato da un apparato di fotografie e testi a cura del nipote stesso di Scheyer. Ma questo libro non è solo documento e testimonianza, o il più incredibile dei «casi editoriali»: Un sopravvissuto è un racconto di straordinaria intensità e acutezza, opera della penna di un intellettuale ebreo austriaco costretto ad abbandonare il suo paese nel 1938, dopo l’Anschluss. Una prospettiva unica – come potrebbe essere solo quella di Un sopravvissuto – gli eventi che hanno travolto la sua vita.
Giornalista e scrittore, Moriz Scheyer ha ricostruito in presa diretta un’esperienza unica, che ha del miracoloso, riversando nelle pagine di questo libro la sua parabola individuale, i suoi incontri, le sue paure e le sue speranze, quando ancora non aveva alcuna certezza di quale sarebbe stato il suo destino. Prendono vita, così, la Vienna degli anni Trenta, Parigi prima e dopo l’occupazione nazista, e si dipana una storia forte e drammatica: il personale esodo di un uomo braccato, la sua prigionia in un campo di concentramento in Francia, i contatti con la Resistenza, l’infruttuoso tentativo di fuga in Svizzera, il rocambolesco salvataggio e il periodo trascorso in clandestinità in un convento di suore francescane. Ma anche l’amarezza di una liberazione che «ha un sapore di cenere… una cenere una cenere che il vento porta con sé».
«Un manoscritto incredibilmente riscoperto, scritto in clandestinità da un amico di Stephen Zweig, che evoca la realtà dell’Olocausto e della Francia occupata in modo molto più vivido di ogni altra cosa io abbia letto.» – Jonathan Coe
Moriz Scheyer (1886-1949) è stato una personalità di spicco nella cultura viennese dell’anteguerra. In quel contesto così vitale dal punto di vista letterario e culturale, si distinse come critico, saggista e scrittore di viaggi. Dopo la Prima guerra mondiale, visse a Parigi e viaggiò in Medio Oriente e Sudamerica, esperienze alle quali dedicò vari libri. Responsabile delle pagine culturali del Neues Wiener Tagblatt dal 1924 fino alla sua espulsione dall’Austria – avvenuta nel 1938, in conseguenza dell’Anschluss – conobbe personaggi del calibro di Gustav Mahler, Arthur Schnitzler, Bruno Walter, e fu grande amico di Stefan Zweig.