Si chiama @lddio ma non è il suo vero nome, non è un titolo. È un nickname, un nome utente su Twitter ambizioso che nasconde un ragazzo molto alla mano, poco più grande di me. In realtà non lo nasconde, anzi, amplifica la portata dei suoi pensieri. 300 mila follower, ma a contare davvero non sono i cinque zeri dopo il tre, piuttosto il motivo di questa notorietà sul web. Il vero risultato positivo è parlare alle persone e incontrarle, anche se virtualmente, condividere riflessioni, costruire. E se si riesce a farlo senza vendersi a niente e a nessuno, in questo tritacarne di marketing che sono diventati i media, la soddisfazione è doppia.
@lddio è autore anche di Dio non gioca a dadi: tiene il banco con Kowalski e di Parlami d’amore Gesù di cui vi ho parlato qualche mese fa, nella collana digitale Feltrinelli Zoom.
I suoi aforismi e le sue battute non sono un modo per evadere dalla realtà, rappresentano uno strumento per non ignorarla, comprenderla e anche criticarla. Nuovi occhi per cose vecchie, come l’amore per esempio, ma anche nuovi occhi sui temi d’attualità. L’ho incontrato tre metri sopra il cielo, gli ho fatto qualche domanda, Moccia era già andato via.
Si ride e si scherza, ma pare che le domande siano piaciute e grazie a questo io abbia già una prenotazione aperta in Paradiso.
Qual è il tuo rapporto con la spiritualità e con la religione?
Agnostico praticante.
Come e nata l’idea di “diventare” sovrannaturale e cosa ha influito sulla scelta del personaggio?
La voglia di fare un fake era nell’aria, non sapevo bene cosa fare e dove, nel senso su che social. Poi mi sono ritrovato a bazzicare Twitter, e ho visto uno che aveva fatto il fake del Papa, un’altro il fake di Gesù. Ho cercato pure Dio, convinto che qualcuno lo avesse già fatto, invece non c’era. E lì ho iniziato.
Campione d’incassi (si fa per dire) su Twitter. Qualcuno dice twitstar: pro e contro.
Sono più i pro. Essere popolari su un social non è esattamente essere “famosi”, ma va bene così: mi ha portato molte possibilità, lavoro, amici, divertimento. Nonostante ormai questo account mandi avanti una partita iva, io lo vivo ancora come un gioco e un esperimento sociale: se uno dice di essere Dio e lavora bene di marketing, in quanti gli danno retta?
Il difetto è che devo stare molto attento a quello che scrivo, il pubblico di Twitter è esigente e molto attento: ognuno non vede l’ora di infierire sugli scivoloni degli utenti più in vista. Sembrano spietati, ma io lo prendo come un buon segno: vuol dire che ti leggono davvero, sempre e con la massima attenzione.
Blogger, scrittore, social media manager. Dimmi in che ordine sono nella tua vita e cosa senti di essere di più.
Blogger più per altri che per me: scrivo dappertutto, ma il mio blog è bruttissimo e non ho il tempo di curarlo. Molto social media manager: lo faccio sia per gioco che per lavoro, a tutte le ore, per tanta roba diversa. Scrittore poco, ma vorrei esserlo di più: ho un paio di progetti in canna che se andiamo avanti così non vedranno mai la luce.
Cosa rappresenta per te scrivere.
L’unica forma di espressione che mi dà veramente soddisfazione: non so ballare, non so cantare, non so disegnare, zero linguaggio del corpo, non mi esprimo con vestiti, lo stile o i tatuaggi. Ma mi piace scrivere.
Ti dà più soddisfazione un tweet o il post di un blog?
Sono due soddisfazioni diverse, non possono essere in competizione.
Il tweet azzeccato è bello, mi ricorda che è possibile un livello di sintesi che in altri momenti tendo a dimenticare. Sai, tipo la manifestazione della potenza che possono avere poche parole ben selezionate.
Il post azzeccato mi sa di seduta psicoterapeutica: uno sfogo totale, in cui tiro fuori una roba che ho dentro, ma senza esagerare, con un regolare flusso di parole, sviscerandolo bene quanto basta, senza dilungarmi troppo, ma senza trascurare nulla. Una di quelle cose che ti fanno dormire sereno.
Parlaci del tuo ultimo libro, in cui hai abbandonato temporaneamente il posto da Creatore per scendere solo di un gradino. É stato un declassamento gratificante? E ci racconti una cosa che non hai mai confidato a nessuno su questo tuo lavoro?
Quel libro non era previsto, è stato un piacevole contrattempo. Diciamo che ero piuttosto motivato a trattare il tema dell’amore perché avevo le proverbiali farfalle nello stomaco. Poi le ho digerite.
Un motivo per comprare un tuo libro e uno per non farlo
Compratelo, perché è figo.
Non compratelo, perché il prossimo, se riesco a finirlo, sarà migliore.
Rappresentare la persona più popolare dell’universo ha avvantaggiato la tua notorietà sul web. Ma è inutile negare che “Content is the king”, ovvero la qualità dei contenuti, è ciò che a lungo termine premia. Chi ti segue conosce i tuoi interventi equilibrati e arguti che spaziano da temi d’attualità a riflessioni personali, indipendenti, liberi. A mio avviso queste sono le chiavi del successo del tuo umorismo. Che non deve solo divertire. Aggiungeresti qualche altro elemento?
L’unica cosa che so sui miei contenuti è che adoro essere spietato con me stesso. Ho sempre avuto poca autostima, ma ho cercato di trarne vantaggio: dentro di me c’è una specie di istruttore dei marines che ogni giorno mi tratta malissimo, e con insulti e ansia in egual misura spinge la recluta che è in me a scrivere cose quantomeno decenti. Ovviamente la recluta ha sviluppato una sindrome di Stoccolma verso il suo istruttore, e lo ringrazia per gli incoraggiamenti a fare di meglio, così lui lo insulta di nuovo, e andiamo avanti così. Le mie giornate sono bellissime.
Non so se questa cosa la sai, ma hai ritwittato più tu me, in questi anni che ci conosciamo, che io te. Questa è la prova che @lddio sente il legame con i suoi follower e con i suoi lettori (e che io me la tiro troppo). Non ti chiedo se è così, ti dico che è una cosa bella e ti chiedo: come mai?
Il social è e deve essere meritocratico: se vedo della roba che merita visibilità, cerco di dargliela con i mezzi che ho.
E poi, in fondo, i followers mi fanno un grande favore a restare lì, dopo anni, a seguirmi costantemente: mi tornano utili. Sono loro che mi hanno fatto diventare Dio. Dovrò pur sdebitarmi.
Vuoi consigliarci una lettura umoristica e una invece, a tuo parere, illuminante?
Due vangeli. Il Vangelo Secondo Biff, di Christopher Moore, molto divertente. Il Vangelo Secondo Gesù Cristo, di José Saramago, molto potente.
Le idee, i progetti nuovi sono sempre stimolanti, poi lo diventano un po’ meno. Iddio sta pensando a qualche nuova sfida?
Che Dio sarei se non stessi preparando un Vangelo? Sono molto lento, non ho idea di quando vedrà la luce, ed è veramente una sfida perché non sono abituato a scrivere libroni corposi, e perché è difficile essere costanti: passo da momenti di grande entusiasmo, a momenti di “idiota, non sai scrivere, vai a lavorare”. Ma lo farò, lo devo fare. Giuro su Dio.