Benito Gagliardi è il giovane autore del romanzo “Onora te stesso” (0111 edizioni). Il libro, che abbiamo recensito qui, racconta la storia di una famiglia nella Napoli governata dalla camorra. Abbiamo intervistato l’autore per scoprirne di più.
Ciao Benito e benvenuto su Leggere a Colori! Prima di entrare nel vivo dell’intervista, vorrei chiederti qualcosa su di te. Che tipo di autore sei? Quando hai capito di voler intraprendere la carriera di scrittore?
Ciao a voi e soprattutto grazie per la visibilità che mi state dando. Mi definirei un autore “nichilista”, nel senso che cerco di attuare un rovesciamento sulla considerazione dei valori e del significato della vita che ha la maggioranza delle persone (morale ed etica). Diciamo che ho sempre avuto la passione dello scrivere. Forse ho iniziato ad approfondire quella mia voglia e quella mia passione una volta diventato uomo…
“Onora te stesso” non è il tuo romanzo d’esordio. Come si intitola il tuo primo libro? Quali motivazioni useresti per consigliarlo ai lettori?
Il mio primo romanzo s’intitola “Sono un uomo fortunato”. Non è un romanzo autobiografico, ma c’è molto di mio e lo consiglierei perché racconta tra le altre cose: delle paure, delle speranze e delusioni che ha la maggior parte dei ragazzi quando mette piede nell’età adulta. Il protagonista vive contemporaneamente la doppia esperienza della gioia e del dramma. Viene a sapere della nascita di un figlio in concomitanza con la scoperta di un male incurabile.
Passiamo al tuo nuovo romanzo, “Onora te stesso”. Come è nata, dentro di te, l’idea di questa storia?
Ho sempre adorato le trame intrecciate. Viviamo in un mondo dove tutto è in connessione e ogni comportamento, ogni scelta ha delle conseguenze su altri soggetti con cui entriamo in connessione. Inoltre, volevo raccontare il mio punto di vista sulle contraddizioni della terra partenopea. Sono nato e cresciuto in uno dei quartieri più degradati di Napoli e quindi ho vissuto la camorra da vicino. Le persone non se ne rendono conto, ma la Camorra è parte integrante di ogni nostro comportamento, persino delle c.d. persone perbene.
La città di Napoli è una delle protagoniste indiscusse del tuo romanzo. Raccontala con tre aggettivi.
Contraddittoria, materna, Teatrale.
Come nascono i personaggi? Ti ispiri a persone realmente esistite o “crei” dal nulla?
I personaggi sono al servizio della trama e dei temi che voglio affrontare. Quindi, in base ai punti di vista che voglio porre all’attenzione mi scelgo i personaggi più adatti che, rispondendo anche alla seconda domanda sono un misto tra persone realmente esistite e ciò che serve a me per quello che voglio raccontare.
I personaggi di Gennaro e Gianni, rispettivamente zio e nipote, incarnano due ideali completamente diversi di uomo e credono in due concezioni differenti della vita. Ti va di parlarne?
Gennaro è il prototipo del napoletano medio. Diciamo che è l’ideale contro il quale ho combattuto durante tutta la mia infanzia. Rappresenta tutto ciò che odiavo. Quando si è giovani si ha una determinazione, un orgoglio e una testardaggine che fa quasi tenerezza. Con l’età adulta poi diventi più misericordioso e capisci che il mondo non è divisibile in due categorie: persone cattive e persone buone. E’ nel mezzo che vi si trova tutto il mondo. Anche i cattivi possono riscattarsi. Ecco attraverso i personaggi ho raccontato anche questa evoluzione di pensiero. Gianni per certi versi e in alcuni aspetti (non tutti) è ciò che sono stato io qualche anno fa.
Ho notato, nel corso della lettura, la quasi totale assenza di personaggi femminili. Si tratta di una scelta o di una semplice coincidenza?
Diciamo che è una coincidenza. Però può darsi anche che inconsciamente non mi senta ancora pronto per incarnare una personalità femminile. Infatti adoro scrivere in prima persona perché si crea un maggior coinvolgimento e legame tra il lettore e i protagonisti e soprattutto limito al minimo il mio punto di vista per far emergere quello dei protagonisti.
La vicenda cambia più volte voce narrante, nel suo svolgersi. A cosa è dovuta questa scelta?
La scelta è dettata da due fattori. A) voler creare una trama intrecciata b) affrontare i temi del romanzo secondo vari punti di vista e personalità.
La laurea del nipote Gianni rappresenta una forma di riscatto dalla povertà e dall’ignoranza del quartiere pettegolo nel quale vive. Credi che lo studio possa davvero salvare una città dalla criminalità organizzata?
Lo studio da solo non basta, ma è certamente una delle ricette. Che poi c’è da dire che emergere in questa città è almeno quattro volte più difficile di farlo in un qualsiasi altro posto. E’ qui s’insinua il dubbio amletico: lasciare o non lasciare la tua città? Paradossalmente lo studio nella maggior parte dei casi induce i giovani a scappare. Io ho deciso di restare e certe volte me ne pento.
Nel finale del romanzo, viene espressa una grande verità: la camorra si sconfigge tenendola a distanza. Vuoi argomentarci questa tesi?
Arthur Bloch sosteneva che i problemi complessi hanno soluzioni semplici. Io sposo a pieno questa massima. Gli eroi solo nei film e in alcuni romanzi non fanno una brutta fine. Alla gente che è lasciata sola e non protetta non si può chiedere di compiere gesti eroici. Si può invece chiedere di tenersi lontana e distante dalla Camorra, in modo da non alimentarla.
Essendo un autore emergente, stai avendo modo di conoscere il panorama della piccola editoria. Hai già una tua opinione in merito?
Il mondo dell’editoria è lo specchio della società contemporanea. Una giungla…e per la piccola editoria lo è ancora di più. Basta pensare ai tanti piccoli editori che comprano e sfruttano il sogno (in alcuni casi devo dire a difesa degli editori che è un sogno non supportato da alcun talento ma solo dall’ego) di tante persone che è quello di vedere il loro nome stampato su un libro. Poi ci sono quelle che io definisco piccole imprese di servizi editoriali ma che si ostinano a farsi chiamare case editrici. L’editore è per definizione colui che si accolla i rischi dell’investimento editoriale, supportandone la promozione e la vendita oltre che curarne l’editing. Tuttavia, molti piccoli editori si limitano a stamparti il libro, nel caso in cui il manoscritto rientri nei loro standard qualitativi e poi ti lasciano solo. Fortunatamente ci sono anche piccoli editori come quello che mi ha pubblicato il mio secondo romanzo che ti supporta ed è attivo sia nella fase di editing che di promozione.
Pensi che i social networks possano aiutare un autore esordiente a farsi conoscere e a diffondere il proprio pensiero e le proprie opere?
E’ certamente uno strumento utile, ma da solo non basta a farsi conoscere. Credo che alla base di tutto ci voglia il talento e tanta volontà. Se hai talento e passione per ciò che fai, la realtà prima o poi ti nota.
Quanto sono importanti i lavori di correzione di bozze e di editing affinché un romanzo sia pronto per la pubblicazione?
Sono indispensabili. Ad ognuno il suo mestiere. Non sempre l’autore è una persona meticolosa e precisa. Quindi, occorre correggere refusi, errori e suggerire modifiche strutturali. Molte volte l’autore si affeziona a un’idea ed è restio a effettuare modifiche strutturali e solo un professionista del settore può convincerlo a fare delle modifiche o a tagliare delle parti superflue.
Progetti futuri?
Scrivere un altro romanzo. In realtà ci sto già lavorando.