Ci sono scrittori che hanno condotto una vita sregolata e decisamente “sui generis”. Essi sono la prova tangibile che il genio si nasconde dietro alla “stranezza”, evade da qualunque schema e si rifugia in un comportamento peculiare. Analizziamo dunque alcuni aspetti, poco noti al pubblico, di cinque grandi letterati del passato.
VITTORIO ALFIERI (1749-1803) è stato drammaturgo e poeta italiano, con una passione per le donne dai “facili costumi” e affatto immune dalle malattie veneree. Nel 1775, dopo la rappresentazione della tragedia “Cleopatra”, ha pensato di non meritare gli applausi ricevuti e, al fine di migliorare, si è messo a studiare con quell’accanimento che ha reso proverbiale la sua forza di volontà. La leggenda narra che egli si facesse addirittura legare ad una sedia da un suo cameriere, e che ripetesse la celebre frase “volli, sempre volli, fortissimamente volli”, contenuta nella “Lettera responsiva a Ranieri dé Casalbigi”, scritta a Siena il 6 settembre 1783, in cui il poeta esprime il fermo impegno assunto con se stesso, di compiere ogni sforzo per diventare autore tragico. Una modestia portata ad esasperazione, che diventa ossessione e, infine, sfocia in patologia.
GIACOMO LEOPARDI (1798- 1837), il poeta di Recanati, è un “ricettario” di strani comportamenti, come ci è stato tramandato dall’amico Ranieri, suo ospite a Napoli durante gli ultimi anni di vita dell’autore dell’”Infinito”. Qualcuno doveva sempre cucinare appositamente per lui, sebbene Leopardi facesse colazione il pomeriggio e pranzasse anche a mezzanotte. Era in sostanza un ipocondriaco, che obbediva alle prescrizioni del medico esasperandole. Se gli si diceva che avesse bisogno di moto, egli correva fino a sfinirsi; mentre invece se gli veniva prescritto riposo, si metteva a letto per giorni. Non aveva mezze misure. Amava i gelati e i taralli dolci, una sorta di biscotti la cui ricetta originale è di origine pugliese. Però dovevano essere solo quelli di Vito Pinto, e solo freschi di giornata. Se erano del giorno prima, secondo lui non erano più buoni. L’esclusivismo di Leopardi rasentava la paranoia, a tal punto che il pasticcere si arricchì letteralmente con questo singolare cliente. Era molto trascurato nel vestire: i suoi vestiti puzzavano e i suoi indumenti intimi, per essere accettati dalle lavanderie, necessitavano di un lavaggio preventivo in casa. Reclamava la morte, ma in realtà pare fosse convinto di essere longevo, a tal punto che pensava di avere solo una forma di asma nervosa. Insieme al cuoco Pasquale, studiò sistemi e combinazioni del gioco del Lotto, al fine di risolvere i suoi problemi economici in maniera definitiva. Alla luce di questi fatti, per fortuna che il destino ha deciso diversamente. Che vita sarebbe stata quella di Silvia?
LEV TOLSTOJ (1828- 1910), scrittore russo che è stato anche filosofo ed educatore, pare litigasse di continuo con la moglie pittrice, e che fosse solito a mettere fine a questi alterchi familiari con l’allontanamento da casa. Ironia della sorte, l’unica fuga che gli riuscì, nel 1910, lo portò alla morte. Ormai vecchio, si ammalò durante il viaggio e morì alla stazione ferroviaria di Astapov. “Fa ciò che devi” sono le ultime parole da lui scritte. Tolstoj preferiva la povertà alle “fastidiose ricchezze”, e in gioventù era stato innamorato di una ragazza che aveva abbandonato per andare a fare le sue esperienze in giro per l’Europa. Tornato in Russia, si presentò all’amata, ma le preferì di gran lunga la figlia, che sposò qualche anno più tardi. Un Woody Allen degli Urali?
GABRIELE D’ANNUNZIO (1863- 1939), il poeta “dei sensi”, aveva un’idiosincrasia per la ritualità legata al cibo. A causa della sua brutta dentatura, egli preferiva mangiare da solo e l’invito fatto ad una donna non prevedeva mai la cena, semmai solo il dopocena. Invecchiando, odiava spogliarsi davanti alle sue donne, e si dice che si fosse fatto cucire un pigiama con un buco, così non aveva più bisogno di togliersi i vestiti durante i suoi incontri amorosi. Una leggenda metropolitana su D’Annunzio riporta che egli gradisse osservare le sue tante amanti nell’atto della defecazione. Amava cavalcare nudo per il parco del Vittoriale per farsi vedere dalle donne di Gardone e come “pensatoio” si dice utilizzasse una bara. Aveva un rapporto di amore- odio per Mussolini: ogni volta che il Duce andava a trovarlo al Vittoriale, lo faceva attendere per ore su una sedia molto scomoda, prima di riceverlo. Praticava sesso con un’oca (vi prego, non chiedetemi come), aveva delle pantofole la cui forma ricordava un pene e l’imbottitura dei suoi cuscini era composta dai capelli delle sue amanti. La domanda sorge spontanea: che cosa ci avrà trovato in lui, l’Ermione di turno?
MARCEL PROUST ( 1871- 1922) scrittore, saggista e critico letterario francese, viene ricordato come “l’angelo della notte”. Dopo una vita mondana con frequentazioni di salotti alla moda, numerosi viaggi e addirittura un duello al suo attivo, si dette, in seguito all’aggravarsi delle sue condizioni di salute, a vita ritirata che lo portò ad una vera e propria forma di isolamento. Nel 1903 si trasferì al numero 102 del Boulevard Haussmann a Parigi, nel quale fece rivestire le pareti della camera da letto di sughero, per garantirsi un isolamento acustico. Qui si dedicò alla stesura del suo più noto romanzo “Alla ricerca del tempo perduto”, nel quale rievocò la sua vita precedente. Egli dormiva di giorno, con le imposte chiuse per evitare la luce, e scriveva di notte, disteso sul letto. Si abbonò al Teatrofono che gli permetteva di ascoltare da casa, attraverso il telefono, rappresentazioni tenute nei teatri parigini. Pare che l’Albertine del suo romanzo, fosse in realtà un autista che egli amava profondamente e riempiva di regali, con quel suo modo malato e tutto personale. Il ragazzo però morì in un incidente stradale, lasciando Proust disperato. Forse un precursore che ha sperimentato una sorta di agorafobia, quando ancora non se ne parlava apertamente?
Personaggi ingabbiati dalla loro stessa mente, che ha saputo però ripagarli con la grandezza del loro genio.
Da un´idea di Altrafedeltà