Devono passare ancora tanti anni, mille milioni o giù di lì, prima che un bambino possa ascoltare questa favola iniziare con “C’era una volta”. Questa è una storia del futuro futurissimo, di quando si potrà andare al mare o in montagna in un batter d’occhio e non servirà più tenere la luce accesa sul comodino la notte, la si potrà avere direttamente nei sogni. In questo tempo tutti studiano quanto gli va, tanto è già stato scoperto tutto, compreso il segreto di invecchiare solo quando lo si pensa per cinque volte di seguito.
La signora che vedete lì in fondo, per esempio, è laureata in scienze della noia, ovvero tutte quelle cose curiose che ai nostri tempi crediamo leggi e invece sono solo pareri, tipo la fisica, la chimica, il raffreddore e i debiti. E’ lì, davanti alle rose del suo cortile. La sera prima, tornando a casa, si era fermata a dir loro che era arrivato maggio e stamattina invece, guarda un po’, nemmeno un bocciolo.
“Oibò che cosa strana” commenta la donna, che è anche professoressa di ipnosi delle piante da fiore e da frutto. Spiega alle piante che si devono sbrigare a fiorire, che sta arrivando l’estate (in realtà le stagioni non ci sono più da sette volte sette vite di gatto, ma i fiori mica lo sanno) ed entro sera si aspetta una bella fioritura per rallegrare la tavola della cena. Dopodiché va a fare la spesa sulla luna.
Alla sera ritorna e, sorpresa, le rose sono persino più vizze che al mattino.
“Così non va bene, se non fiorite stanotte domani vi taglio!” dice loro la donna infuriata.
“Tagliaci pure, ma non faremo un fiore!” rispondono decise le rose.
“Ma voi parlate” esclama stupita la donna.
“Certo che parliamo. E’ dalla notte dei tempi che voi ci parlate, abbiamo imparato. Cosa credi, che siamo stupide?”
“No, no, ci mancherebbe. Ma perché non parlate mai?”
“Ma noi parliamo, tra di noi, con gli insetti e gli altri animali. Siete voi uomini che siete noiosi”
“Oh bella, noi uomini noiosi, noi che siamo sempre in giro, mica come voi che avete le radici. Vi sbagliate, care rose. Ma comunque sia, vi ho ordinato di fiorire, perché non lo fate?”
“Siamo in sciopero” dice un ramo
“Vogliamo l’inverno” dice un altro
“Dunque tu sei una di quelle persone che credono di ipnotizzarci” dice il tronco, che fa un po’ da portavoce. “Ma noi cresciamo e fioriamo quando ci parlate per gentilezza, anche se non avete niente di interessante da dire. Non prendiamo ordini da nessuno. Ora però si è passato il limite. Vogliamo l’inverno, vogliamo riposarci. Sciopero!”
“Sciopero! Sciopero” cantano i rami, pigolano le foglie.
“Questo è un problema, un gran problema” pensa la donna mentre viene sommersa dalle urla delle rose “qui sarà meglio avvertire i saggi”.
Non fa in tempo a chiamarli che quelli arrivano, facendosi largo tra la folla che intanto si è formata intorno al rumoroso giardino. Alti, vecchi e nobili, ognuno di loro ha alle sue spalle un valletto con un carro, che gli trasporta la barba.
Ascoltano, guardano e se ne vanno senza una parola. In realtà è da settemila piccioni che i saggi hanno imparato tutto e passano il loro tempo a fare a gara a chi ha la barba più lunga. Sanno così tanto tutto che non gli serve nemmeno più pensare. E questa cosa, nei libri, non c’è.
“Come faremo” dice uno “se i meli smettono di fare le mele?”
“E la lattuga?” dice un altro “come la mettiamo con la lattuga?”
Insomma, passano giorni a disperarsi e giorni a darsi la colpa l’un l’altro e ad offendersi. Infine, pieni di coraggio, decidono di tornare dalle rose e arrendersi alle loro richieste, prima che lo sciopero cominci a coinvolgere tutte le piante
Escono dalla loro biblioteca, fatta di ghiaccio e asteroidi, un po’ nera e un po’ brillante. Caricano le barbe sui carretti e tornano al cortile in rivolta. Sorpresa delle sorprese, trovano il roseto in fiore, un profumo gagliardo nell’aria e un nugolo di bambini che giocano.
Se ne stanno lì con con tanto d’occhi e la bocca spalancata, senza sapere che dire o che fare. Che strano, l’aria è fresca e frizzante e quella cosa strana che gli sbatte contro sembra proprio vento.
“Ma se l’abbiamo vietato tre eoni fa” Esclama uno.
“Tutto questo è intollerabile” commentano gli altri “assolutamente poco tecnologico”.
In quel momento una zanzara gli ronza davanti e li mette gentilmente al corrente dei fatti.
“Quando siete andati via da qui, ai tempi di mia nonna, nessuno sapeva che pesci prendere, tranne i bambini. Hanno detto di spegnere tutte le magie noiose, e che sarebbe andato tutto bene. Infatti è andata così. Abbiamo avuto un inverno di pupazzi di neve e cioccolata calda. E questa è la primavera.”
“Io la conosco la primavera” interviene un saggio “l’ho studiata su un libro”.
“Lo sappiamo, l’abbiamo studiato tutti quel libro” risponde un altro “ma tutte quelle.. ehm.. magie servivano proprio ad aver sempre il tempo migliore, senza sorprese”
“Le sorprese sono una bella cosa” risponde la zanzara “il tempo infatti si è rimesso ad andare dritto come dovrebbe e non a girare in tondo come un pallone bucato. Comunque sia, io sono soltanto una zanzara, non ne capisco troppo. Anzi, se permettete..” e va allegramente a pungere il più noioso dei saggi.
Così, con un vecchio saggio che si gratta e con gli altri che ricominciano a pensare (e che pensieri, gente! Qualcuno decide di andare a pesca, altri in bicicletta. Qualcun altro ancora si ferma direttamente lì tra le rose profumate a prendere il sole), così, insomma, finisce questa storia. Come andrà a finire non ci è dato sapere, ché troppo in la nel tempo non si vede, ma io credo che con il mondo un po’ meno in ordine laggiù saranno felici, anche di stare in casa a guardare la pioggia di tanto in tanto. A star fermi troppo a lungo cominci a riempirti di polvere, e finisci che diventi una statua. Per questo i bambini crescono in fretta e bisogna dar loro retta nelle questioni di tempo, che di futuro ne sanno sempre più di noi.
Giorgio Arcari