Ho portato una lacrima al “compro oro”, una faccia stupita mi ha risposto che sono davvero spiacenti, che possono valutare oro, argento, pietre, cose costruite prima della seconda guerra mondiale ma non cose fragili così.
Ho portato la stessa lacrima a un’agenzia immobiliare, hanno voluto sapere la cubatura e se fosse balconata. Signori, è una lacrima, ho ricordato loro chiudendo gli occhi, stirandola sul lato del viso. In effetti ci occupiamo solo di immobili dice il ragazzo con la cravatta blu su camicia bianca arrivando con lo sguardo dall’altra parte della stanza dove la collega batte sulla tastiera e stringe le gambe troppo scoperte. Una lacrima non può essere un immobile. Ma se lo fosse, quante persone ci abiterebbero dentro.
<<Siamo spiacenti, e lasci stare il catasto, la riqualificazione, la sanatoria. Mi stia a sentire: non ricaverà nulla da un immobile che non è immobile>>.
Le cose che abbiamo le chiamiamo beni, ci manca il coraggio di chiamarle con il loro vero nome, a volte. Il loro vero nome, quelle volte, è mali. Bene o male te li tieni, litighi con latitudine e longitudine ma alla fine si spostano con te.
Sono stato da un concessionario per una valutazione dell’usato.
<<Con noi può recuperare un bel capitale, sa, anche se il veicolo non è in buono stato>>.
<<Ah, bene>>.
<<… e può scegliere tra i nuovi modelli che ora le mostrerò a prezzi estremamente vantaggiosi>>.
<<Temo che ci sia stato un equivoco, mi allarmo, io sono qui per due veicoli sì, ma non come quelli esposti: una lacrima e mezzo respiro trattato non benissimo. Veicoli del cuore. Mi occorrerebbe solo conoscere la vostra supervalutazione ma poi li tengo entrambi. Voglio sapere quanto valgono al cambio di oggi. Voglio solo capire. Non voglio niente di nuovo>>.
Il venditore alza il sopracciglio, il petto e il telefono.
<<Abbiamo un problema>>.
Qualcuno di molto più pesante di me mi accompagna all’uscita. Mentre vado via incontro persone con i Caraibi negli occhi e ancora trecento giorni di cose da fare nelle mani. Ho portato una lacrima una, la stessa, ha fatto il giro della città. Il giro di un polso, l’ho asciugata. Sarò sembrato un pazzo, sarò sembrato finalmente io. Non so quale fosse il suo valore, nessuno ha potuto accertarlo, ho solo conosciuto il suo costo. Nessuno mi ha capito, nemmeno io. Nessuno mi ha protetto, nemmeno io.
Poi ho speso quell’altro mezzo respiro rimasto che era trattato meglio. Sono sempre io, non sono più io. Dentro una lacrima in meno, fuori una protesta di più. I Caraibi negli occhi e altri trecento giorni di cose da fare nelle mani. Sono spiacente, sono tutti spiacenti, il mondo è del tutto spiacente. Almeno.