Arriva un momento, la notte, in cui tutto è più lento. Perfino i gatti sembrano non aver voglia di sprecare energie, e ti guardano col solo sforzo si aprire gli occhi. Eppure per me è uno dei momenti più lunghi in cui tutti i sensi raggiungono l’apice: complice il silenzio, i suoni della città rimbombano per ogni angolo. Complice l’oscurità, le singole luci accese sulle scrivanie dalle finestre vicine, illuminano realtà profondamente diverse e rivelano un mondo di silenzio e di gesti lenti per non svegliare la persona che è lì vicino.
Complice la solitudine, ogni angolo di me sembra essere uno spazio infinito, che si stenta a credere quanto ci possa esser stato dentro. Un po’ come la città, di notte. Negli angoli appena illuminati da quel bagliore giallo sembra essere un rifugio a mezz’ombra, un posto tra il sicuro ed il pericoloso, un posto in cui stare da solo a guardare o aspettare.
E ora? Un macchina, veloce, ogni tanto rompe il silenzio. Sembra voler percorrere quegli spazi che di notte sembrano larghissimi, del mio esistere. Qualcosa mi costringe a guardare nell’auto ad immaginare altre esistenze, altre vite impegnate in altri pensieri; noncuranti di ciò che accade attorno a loro: la notte. Un manto strano, che copre e non copre qualsiasi cosa aumentandone il fascino. Tutt’altro che questo incessante, ancora, opprimente, di nuovo, assordante, di più, insistente, martellante unico pensiero.
Ma io, cosa ci faccio ancora qui?
Vincenzo Pisani